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Cattivi scienziati

Tempo perso

Enrico Bucci

Sul caso AstraZeneca si è deciso di non rischiare. E ne pagheremo le conseguenze

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Sette casi su 1.700.000. Questi sono i numeri di una rara trombosi misurata dopo il vaccino AstraZeneca in Germania, passati due mesi dall’inizio della campagna vaccinale. Questi numeri vanno confrontati con i dati diffusi in Italia, che parlano per ora di 200.000 dosi di vaccino da recuperare in due settimane, se la campagna riprenderà a partire da oggi. Ora, immaginiamo un caso ideale, in cui un vaccino offra protezione a tre settimane dalla prima dose – poniamo pure che eviti il 100 per cento dei ricoveri clinici. Fra tre settimane, e trascurando i quattro giorni di ritardo già accumulati, tutte quelle 200.000 persone sarebbero risultate protette. In questo modo, invece, una parte di loro non lo sarà ancora: in particolare, perché siano tutte protette, considerate le due settimane aggiuntive necessarie per vaccinarle, ci vorranno cinque settimane.

 

Durante lo scorrere dei 14 giorni aggiuntivi per la protezione, però, alcuni potrebbero infettarsi. Supponiamo in particolare che durante quei giorni il vaccino offra comunque una piccola protezione, poniamo del 20 per cento; significa che, rispetto alla popolazione non vaccinata, nei 200.000 in quella settimana si osserveranno quattro casi per ogni cinque fra i non vaccinati. Attualmente, in Italia osserviamo circa 50 casi ogni 100.000 suscettibili al giorno; questo significa che, fra i vaccinati, se le cose non peggiorano osserveremo circa 200 casi di infezioni evitabili nelle due settimane di ritardo accumulate. Considerando oltretutto che, siccome stiamo vaccinando i segmenti di popolazione più suscettibili, in realtà avremo fra questi un numero di infetti, di ospedalizzati e di morti più alti della media, è possibile comprendere immediatamente quale sarà il prezzo che dovremo pagare per avere interrotto la profilassi, anche di un vaccino che non sia totalmente efficace. Non solo: in questo conto non si prendono in considerazione coloro che non si vaccineranno più con l’AstraZeneca perché hanno perso la fiducia; costoro, se si vaccineranno, accumuleranno ritardi di mesi ben superiori, con le conseguenze che un calcolo come quello appena fatto per la coorte dei 200.000 lascia immaginare.

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E tutto questo perché? Perché una sindrome rarissima è sembrata, non sappiamo ancora se a torto o a ragione, troppo rappresentata tra i vaccinati. Cioè abbiamo deciso di non volere correre il rischio che si manifestassero gli effetti di una sindrome comunque rarissima (che tale rimane, anche se dovesse davvero risultare legata al vaccino), esponendoci però alle conseguenze di una malattia infettiva estremamente più diffusa, che ha una letalità elevata e un carico ospedaliero notevolissimo. Mentre, se avessimo continuato con i vaccini durante l’indagine clinica, in quei cinque giorni quella sindrome rarissima non avrebbe inciso (per definizione, essendo appunto rarissima). Ci siamo assicurati morti e malati in numero ben superiore, in tutta Europa: ecco cosa significa seguire le euristiche impiantate nel nostro cervello, invece che la ragione.

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