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Nel grande spettacolo della scienza una buona ragione per l’ottimismo

Claudio Cerasa

Vaccini, anticorpi, nuovi test: dimenticate la lotta nel fango tra i virologi e guardate ai successi della ricerca in questi mesi. Perché ci dicono che l’unica alternativa alla paura è provare a fare qualcosa per trasformare le crisi in opportunità di crescita

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Ragionare intorno al tema dell’ottimismo in un anno di pandemia è come provare a ragionare sul futuro di una squadra di calcio nell’anno della sua retrocessione – per quanto una squadra possa aver offerto momenti di calcio niente male una retrocessione resta sempre una retrocessione – ma per quanto possa essere difficile da credere, l’anno che si sta per concludere ha offerto al mondo notizie non solo di segno negativo e quelle notizie hanno a che fare con una parola che mai come oggi è al centro dei nostri pensieri: la scienza.

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Ragionare intorno al tema dell’ottimismo in un anno di pandemia è come provare a ragionare sul futuro di una squadra di calcio nell’anno della sua retrocessione – per quanto una squadra possa aver offerto momenti di calcio niente male una retrocessione resta sempre una retrocessione – ma per quanto possa essere difficile da credere, l’anno che si sta per concludere ha offerto al mondo notizie non solo di segno negativo e quelle notizie hanno a che fare con una parola che mai come oggi è al centro dei nostri pensieri: la scienza.

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In un bellissimo articolo pubblicato qualche giorno fa sul Guardian, la professoressa Devi Sridhar, una scienziata americana specializzata in Global Public Health con cattedra presso l’Università di Edimburgo, ha passato in rassegna l’incredibile 2020 della scienza mettendo in luce non le divisioni tra i virologi ma gli incredibili progressi compiuti in questi mesi dagli scienziati di tutto il mondo. Gli scienziati, dice Sridhar, non sono mai passati così rapidamente dal sequenziamento di un virus all’iniezione di un potenziale vaccino nel braccio di un volontario e al momento ci sono dodici vaccini giunti alla fase tre, alcuni dei quali già quasi pronti per essere somministrati ai pazienti (venerdì scorso Pfizer e BioNTech hanno annunciato di essere pronte a rivolgersi alla Food and Drug Administration (Fda) per chiedere di usare negli Stati Uniti il vaccino contro il Covid-19 per le persone ad alto rischio già prima di Natale).

  

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Ma il vaccino, ricorda Sridhar, è ben lungi dall’essere l’unica area di progresso scientifico registrata in questi mesi e se si vuole provare a essere ottimisti rispetto al futuro, più che concentrarsi sui litigi tra i virologi da salotto occorre mettere in fila quali sono otto mesi dopo l’inizio della pandemia le piccoli e grandi notizie che ci possono permettere di osservare il futuro con uno sguardo allarmato ma finalmente fiducioso.

 

La prima notizia positiva riguarda naturalmente i vaccini, e il fatto che tra gennaio e febbraio sarà possibile iniziare a vaccinare le persone fragili è una notizia che cambia ovviamente gli equilibri della pandemia e che regala un ottimismo insperato fino a qualche mese fa.

La seconda notizia positiva riguarda un annuncio fatto qualche giorno fa dal ministero della Salute – misteriosamente passato sotto traccia – che ha a che fare con un altro piccolo miracolo compiuto dalla scienza: la possibilità di mettere in vendita i cosiddetti anticorpi monoclonali. Una tipologia di anticorpi monoclonali (una tecnica che parte dal riconoscimento di anticorpi neutralizzanti nel plasma di soggetti guariti: si testano e analizzano quelli con maggior efficacia e una volta identificati i candidati se ne studia la struttura per clonarli e riprodurli in ricche formulazioni) è quella autorizzata il 9 novembre negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration che ha consentito l’uso in via sperimentale di un farmaco utile nei casi di sintomi lievi o moderati (il Bamlanivimab, prodotto dalla compagnia Eli Lilly).

Un’altra tipologia di anticorpi monoclonali è quella a cui sta lavorando in Italia, a Siena, il Monoclonal Antibody Discovery Lab guidato da Rino Rappuoli (che dal 21 febbraio scorso studia il plasma dei soggetti guariti per provare a riprodurre in laboratorio i più potenti tra gli anticorpi) e giusto qualche giorno fa Fabrizio Landi, presidente di una non-profit (Fondazione Toscana Life Sciences) che il governo ha deciso di finanziare per accelerare la ricerca contro il Covid-19, ha annunciato che il team di Rappuoli terminerà nel marzo del 2021 le sperimentazioni e da maggio il Sistema sanitario nazionale potrebbe avere a disposizione le prime dosi (la differenza tra gli anticorpi monoclonali e il vaccino è semplice: il vaccino stimola la creazione di anticorpi nel nostro organismo, gli anticorpi monoclonali, che hanno una durata inferiore rispetto a quelli generati attraverso il vaccino, sono anticorpi direttamente immessi nel nostro organismo).

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Vaccini, anticorpi, cure più efficaci per aiutare i pazienti con sintomi più gravi ma soprattutto test, test, test e test. E forse negli ultimi mesi la vera chiave che potrebbe permettere all’Italia e non solo di governare al meglio la pandemia quando i contagi quotidiani saranno scesi al di sotto della soglia critica (i tecnici del ministero della Salute stimano che in un paese come l’Italia sotto i 5 mila contagi al giorno il tracciamento funziona, mentre sopra i 5 mila contagi al giorno il tracciamento non funziona più) ha a che fare soprattutto con la capacità di tracciare in modo preventivo la popolazione del paese. In molti non se ne sono accorti ma nel bollettino quotidiano diffuso dalla Protezione civile vi è una colonna gialla che prima di indicare il numero dei nuovi positivi riporta ogni giorno quanti sono i positivi rintracciati perché sintomatici e quanti sono i positivi rintracciati grazie a un’attività di screening preventivo. E anche qui non ci sono dubbi: le regioni che hanno mostrato una migliore capacità nella gestione della pandemia (Veneto e Lazio) sono quelle che finora sono riuscite ad avere un numero molto alto di contagi scoperti via screening.

 

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Per questo incoraggia il fatto che in Italia vi siano province intere decise a testare tutta la propria popolazione (venerdì mattina, alle ore 8.00, è partito lo screening di massa nella provincia autonoma di Bolzano per testare circa il 70 per cento dei 350.000 abitanti attraverso il tampone rapido). Per questo incoraggia il fatto che vi siano paesi (come la Slovacchia) che nel giro di pochi giorni sono riusciti a tamponare tutta la popolazione (circa 3,5 milioni di abitanti). Per questo incoraggia il fatto che vi siano regioni (come il Veneto e come il Lazio) che stanno puntando forte sulla sperimentazione di tamponi rapidi in farmacia (in Veneto il governatore Zaia ha lanciato un nuovo tampone rapido antigenico in grado di dare l’esito in dieci minuti (anche se questo tampone non è stato autorizzato né da Aifa né da Iss). Per questo incoraggia il fatto che, come scritto dal nostro Enrico Bucci sul Foglio, la Fda abbia approvato un primo test per la ricerca del virus nelle cavità nasali, che si può effettuare attraverso l’autoprelievo con un piccolo tamponcino di muco ed epitelio dalla narice, e che fornisce un risultato in 30 minuti al costo di 50 dollari.

  

Ci si può dunque girare attorno quanto si vuole e si può speculare quanto si vuole sulla lotta nel fango tra virologi. Ma nello spettacolo desolante offerto dal mondo pandemico il grande spettacolo positivo è stato quello offerto dalla scienza. Uno spettacolo che a suo modo ha avuto anche la forza di ricordarci cosa vuol dire oggi essere ottimisti. Essere ottimisti non significa negare i problemi del presente. Significa provare a vivere con uno spirito diverso. Con lo spirito di chi invita a non perdere la calma. Di chi invita a non avere impazienza. Di chi cerca di non arrendersi alla paura. Di chi cerca di saper cogliere le opportunità anche nei momenti di difficoltà. Di chi pensa che per risolvere i problemi sia più importante cercare soluzioni che cercare capri espiatori. Lo spettacolo della scienza in fondo questo ci dice: l’unica alternativa possibile al panico è provare a fare ogni giorno qualcosa per trasformare le crisi in opportunità di crescita futura. E mai come oggi si può dire che solo gli ottimisti hanno una qualche possibilità di provare, a poco a poco, a cambiare il mondo.

 

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