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editoriali

Sì, Thelma e Louise

redazione

Perché il titolo del Corriere sul Nobel a Doudna e Charpentier non è sessista

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Sui social network è scoppiata una polemica per un articolo del Corriere della Sera sul premio Nobel per la Chimica assegnato a Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier, le due ricercatrici che hanno inventato Crispr, una tecnica che ha rivoluzionato le biotecnologie consentendo di correggere e riscrivere ogni singola lettera del Dna. Ciò che ha fatto scattare l’indignazione di tanti è il titolo: “Chimica, il Nobel a due donne. Le Thelma e Louise del Dna”. La critica è duplice, da un lato perché viene banalizzato un riconoscimento importante che arriva dopo anni di duro lavoro, ma soprattutto dall’altro perché il titolo sarebbe sessista: come al solito, si dice, quando nel campo della ricerca si parla di donne si usano stereotipi che non hanno a che fare con la scienza. Insomma, come al solito il problema sarebbe dei giornalisti che quando parlano di scienza scadono nel dozzinale perché non ci capiscono granché.

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Ecco, la verità è l’opposto. A non capirci granché, in questo caso, sono i critici. Perché l’autrice dell’articolo, Anna Meldolesi, è una delle massime esperte di genome editing (consigliatissimo il suo libro “E l’uomo creò l’uomo”, Bollati Boringhieri) e scrive di Crispr da anni, sicuramente da prima che i tanti indignati neo esperti del web scoprissero che Crispr non è una marca di cereali. Ma anche perché la definizione di “Thelma e Louise” è una citazione di un articolo del Monde, che è poi diventato il titolo del capitolo dedicato al duo Doudna & Charpentier nel libro “Editing humanity” scritto da Kevin Davies, il biochimico fondatore della rivista scientifica Nature Genetics e ora executive director del Crispr Journal. Insomma, la citazione di “Thelma e Louise” non è fuori luogo né “sessista”: indica bene lo spirito di una coppia di donne intraprendenti e ribelli, anche perché le tecniche Crispr, soprattutto in Europa, sono molto ostacolate politicamente e legalmente (come ha ricordato proprio sul Foglio Roberto Defez). L’unica differenza con il film è, per fortuna, il lieto fine.

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