Terza condanna a Bayer sul glifosato. Ma una sentenza non è una prova scientifica

Per la società farmaceutica tedesca è la terza sconfitta consecutiva in un tribunale americano. Eppure nel diritto penale la responsabilità di un fatto dev'essere provata al di là di ogni ragionevole dubbio. Non è il caso dell'erbicida

Bayer è stata condannata da una giuria della California a pagare più di due miliardi di dollari a una coppia che afferma di aver ricevuto una diagnosi di cancro dopo aver utilizzato per 35 anni l'erbicida a base di glifosato Roundup, prodotto dalla Monsanto, azienda che Bayer ha acquisito l'anno scorso per 63 miliardi di dollari. Il tribunale superiore di Oakland ha dichiarato che l'azienda non ha adeguatamente avvisato sul rischio correlato all'uso del prodotto. Ai querelanti, Alva e Alberta Pilliod, che hanno contratto il linfoma non Hodgkin, andrebbe un risarcimento rispettivamente di 1,37 e 1,18 miliardi di dollari. I legali della coppia avevano chiesto un miliardo e mezzo ma la giuria si è spinta oltre: ha punito l'azienda per oltre due miliardi sostenendo che il Roundup è stato un “fattore significativo” nella malattia dei Pilliod. Per la società farmaceutica tedesca si tratta della terza sconfitta consecutiva in un tribunale degli Stati Uniti, dove secondo Cnbc sono 13.400 i ricorsi legali contro il Roundup che potrebbero arrivare in aula nei prossimi mesi. Due casi precedenti e analoghi, sempre in California, sono terminati con verdetti di responsabilità costati in totale 159 milioni di dollari. Il gruppo ha presentato appello in tutte le vicende, ma in Borsa, sul listino di Francoforte, il titolo è affondato del 2 per cento. 

  

Bayer deve anche fare i conti con una rivolta degli azionisti, che durante l'assemblea annuale di aprile hanno criticato i vertici per l'acquisizione di Monsanto. Il 55 per cento dei soci ha rifiutato di approvare le iniziative del management negli ultimi dodici mesi. Ringalluzziti, il mondo dell'ambientalismo e gli attivisti “anti glifosato” hanno ripreso a dare battaglia all'erbicida: “Dopo la terza sentenza servono provvedimenti immediati per eliminare il glifosato da tutti i disciplinari finanziati con i Piani di sviluppo rurale. Occorre riaprire subito la discussione a livello europeo per rivedere le decisioni assunte due anni fa e bloccare l'uso di questa sostanza pericolosa prima che trascorrano i cinque anni di proroga all'uso del diserbante”, ha attaccato subito la portavoce italiana della Coalizione Stop Glifosato, Maria Grazia Mammuccini. Ma una sentenza in tribunale non è una prova scientifica. Come spiega bene l'avvocato Luca Simonetti nel libro “La scienza in tribunale”, nel diritto penale la responsabilità di un fatto dev'essere provata al di là di ogni ragionevole dubbio, a fronte di argomenti inoppugnabili e non a fronte di convincimenti liberi e arbitrari. Nel caso della pericolosità del glifosato, invece, questa causalità regolare e sicura non è provata. La Cancer Statistics 2019, la relazione annuale dell'American Cancer Society, stima che nel 2019 negli Stati Uniti si verificheranno 1,7 milioni di nuovi casi di cancro e più di 606 mila decessi. Il linfoma non Hodgkin è il sesto tipo di cancro più comune in America; circa 70 mila nuovi casi vengono diagnosticati a tutte le età. Le probabilità che a provocare i casi in questione sia stato in Roundup è dunque tutta da dimostrare. Intanto Bayer ha annunciato in una nota di voler fare ricorso contro una decisione che “si scontra direttamente” con l'affermazione dell'Agenzia per la protezione ambientale (Epa) degli Stati Uniti, secondo cui "non ci sono rischi per la salute pubblica dagli attuali usi registrati del glifosato”. Nel settembre 2017, l'Epa ha infatti concluso una valutazione decennale sui rischi del glifosato e ha dichiarato la sostanza come “probabilmente non cancerogena per l'uomo”. Posizione ribadita, per la quarta volta, in un documento del 2019. Un recente studio americano del National Institutes of Health sostiene di “non aver osservato alcuna associazione tra l’uso del glifosato e il rischio complessivo di cancro”. Al contempo Efsa, Oms e Fao hanno sostenuto che è improbabile che sia cancerogeno “come conseguenza dell’esposizione attraverso l’alimentazione”.

  

Cerchiamo di ricapitolare: il glifosato è una sostanza presente nel Roundup, erbicida della multinazionale Monsanto. Ma non solo: dal 2001, quando è scaduto il brevetto, circa 350 prodotti di aziende diverse sono stati registrati e autorizzati all’impiego in Italia. È l’agrofarmaco più usato al mondo e aumenta innegabilmente l’efficienza dell’agricoltura. Nel novembre 2017, una lettera del Committee on Science Space and Technology del Senato americano e uno studio indipendente pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute (Jnci) hanno dimostrato come non ci sia alcun collegamento tra l’erbicida e alcuni tipi di cancro. Quella pubblicata sul Jnci è solo una di diverse smentite alla sbandierata pericolosità della sostanza, che in tracce, sotto la soglia di pericolosità, è stata rilevata in diversi alimenti in commercio. Finora un solo organismo internazionalel’Iarc, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro – l’aveva classificato come “probabile cancerogeno” e nel 2015 l’aveva assegnato al gruppo 2A, lo stesso della carne rossa. Nel 2016 l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), ha evidenziato la non cancerogenicità del prodotto. Una posizione sposata anche da Fao, Oms – da cui dipende l’Iarc – e Echa, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche. Un’inchiesta di Reuters ha POI rivelato come nello studio dell’Iarc fossero stati omessi dati epidemiologici che scagionavano il glifosato.

   

   

In un dossier pubblicato dal Foglio sugli aspetti tossicologici del glifosato realizzato da Angelo Moretto, tossicologo e direttore dell'Icps e membro dei gruppi di lavoro Fao/Oms, uno dei massimi esperti su questi temi, si spiega che i giudizi contrastanti sulla presunta cancerogenicità dell’erbicida glifosato hanno causato notevole clamore mediatico e si prova a rispondere alla domanda che in molti si sono posti e che forse potrebbe avere condizionato anche la decisione di giudici americani: perché l'Iarc ha inserito il glifosato tra i probabili cancerogeni? “Solo una valutazione quantitativa del rischio – scrive Moretto – ci può permettere di prendere decisioni informate e adeguate per la gestione delle sostanze chimiche. La semplice identificazione del pericolo può essere utile in una fase di screening, ma per sostanze molto studiate, come il glifosato, si tratta di un’operazione inutile, se non dannosa quando crea ansie infondate e provoca decisioni irragionevoli. Se anche fosse vero che il glifosato causa il cancro ad altissime dosi nell’animale da esperimento (e le evidenze vanno in senso opposto), sarebbe pur sempre possibile gestire l’esposizione come si fa per molte altre sostanze naturali classificate da IARC come possibili/probabili cancerogene e presenti negli alimenti, quali l’uva, la mela, il mirtillo, il limone, l’arancia, i broccoli, la lattuga, la carota, il cavolfiore, la carne rossa, le salsicce, il caffè etc”. Se si vincono cause miliardarie sul Roundup, allora conviene iniziare a pensare di fare causa anche contro chi produce vino, birra, digestivi, carne (tossici al pari del glifosato) e salumi (più certamente cancerogeni del glifosato).

 

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