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Cattivi scienziati

L'esempio felice della Puglia nella diagnosi precoce della Sma

Enrico Bucci

Con una legge del 2021, la regione ha reso obbligatorio il test genetico per la Atrofia muscolare spinale in tutti i neonati, riuscendo così a intervenire per tempo nei casi segnalati. Un modello da seguire 

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Quando il comunicatore pubblicitario Davide Vannoni fu reso celebre dalla trasmissione televisiva “Le iene” per il famigerato protocollo di sua invenzione denominato “terapia stamina”, la malattia su cui fece leva insieme ai suoi seguaci per imbrogliare lungamente l’opinione pubblica fu una devastante e letale condizione genetica, che si manifesta nei bambini portandoli prima a gravissime limitazioni funzionali e quindi alla morte: la Atrofia muscolare spinale (Sma). I criminali promotori della pseudoscienza di stamina e i cialtroni che diedero loro visibilità o pensarono di cavalcare politicamente l’onda sono già stati consegnati al giudizio della storia, grazie soprattutto agli sforzi della comunità scientifica nazionale; tuttavia, la malattia è ovviamente rimasta, e la comunità scientifica non ha mai smesso di occuparsene per cercare una cura.

 

La Sma è una malattia neuromuscolare causata da una mutazione nel gene Smn1, che porta a una diminuzione della proteina Smn, una proteina necessaria per la sopravvivenza dei motoneuroni. Il 2019 ha visto l’approvazione di Zolgensma, una terapia genica che, contrariamente alla buffonata somministrata da Vannoni e compagni di merende, ha superato tutte le prove cliniche dimostrando una sua efficacia. In breve, si tratta di un farmaco biologico costituito da un virus vettore (Aav9) contenente una copia funzionante del gene Smn1, insieme a quel che serve per far produrre la proteina necessaria ai malati in quantità sufficiente. Dopo la somministrazione, il vettore virale Aav9 deposita il transgene Smn1 nei motoneuroni interessati, ove la proteina Smn non mutata comincia finalmente a essere prodotta in quantità sufficiente a evitare la morte degli stessi e a bloccare il progresso della malattia.

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Come si può ben capire, il buon esito del trattamento è condizionato dal somministrare la copia di Dna correttiva del difetto genetico quanto prima e possibilmente prima che i motoneuroni comincino a morire, ovvero prima che i sintomi comincino a manifestarsi e sia troppo tardi per bloccare la progressione patologica. Inoltre, la terapia è indicata solo per pazienti con diagnosi dovuta alla mutazione di entrambe le copie di Smn1 e la contemporanea presenza di fino a due copie di un gene parzialmente vicariante, Smn2. Queste sono infatti le condizioni in cui somministrare il Dna che corregge Smn1 ha il massimo effetto, ripristinando una quantità auspicabilmente sufficiente di proteina Smn. In breve: quanto prima si indentifica, in assenza di sintomi, il tipo di mutazione adatta a intervenire, tanto meglio ci si aspetta che possa funzionare la terapia genica mediante Zolgensma. Più tardi si effettua la diagnosi e meno la si caratterizza geneticamente, peggio è.

 

Cosa può fare la sanità pubblica per evitare la sofferenza di bambini affetti e dei loro familiari, quindi? Dovrebbe essere a questo punto chiaro: favorire un’accurata diagnosi genetica il più possibile precoce che, considerando la rarità della malattia, non può essere garantita se non con un sistema di screening a tappeto sui neonati. Nel paese delle mille sanità regionali, una regione del sud, la Puglia, ha per prima introdotto proprio questo sistema. Con la legge 4 del 19 aprile 2021, pensata e portata all’approvazione su iniziativa del consigliere avv. Fabiano Amati, che con incrollabile determinazione ha perseguito questo risultato, la Puglia ha reso obbligatorio il test genetico per la Sma in tutti i neonati, con costo a carico del sistema sanitario regionale. Entro al massimo 3 giorni dalla nascita, a tutti i neonati pugliesi sono prelevate poche gocce di sangue dal tallone, utilizzati per un test di rt-Pcr – sì, la stessa tecnologia usata per la diagnosi molecolare di Sars-CoV-2 – che, entro 3-4 ore dal prelievo, porterà a una risposta precisa e molto accurata, ovvero senza rischi di errore apprezzabili. La Puglia, al momento, è in grado di processare un paio di centinaia di campioni simultaneamente, e dunque c’è spazio per tutti; entro 4-5 giorni dalla nascita, incluse verifiche di laboratorio ulteriori, ciascun neonato riceve la sua diagnosi e, nel caso questa sia positiva, è immediatamente indirizzato al reparto di genetica medica del Policlinico di Bari, allertando il gruppo di Neurologia del Giovanni XXIII per la somministrazione della terapia genica. A cosa è servito tutto questo?

 

Ad aprile 2022, la prima neonata pugliese cui, grazie allo screening obbligatorio, è stata diagnosticata la Sma, ha ricevuto la terapia genica entro 23 giorni dalla nascita. A oggi, questa bambina non ha ancora sviluppato i sintomi della gravissima malattia; senza trattamento, di solito essi sono ben visibili prima dei 6 mesi di età. Nel frattempo, altri 3 bambini sono stati diagnosticati; il quarto caso, come ha segnalato il consigliere Amati, è stato diagnosticato solo pochi giorni fa, e riceverà le cure più appropriate sulla base del suo specifico quadro genetico. E così, un intervento di sanità pubblica preventiva, con costi modesti, permette di intervenire per tempo, per aiutare in modo decisivo bambini e familiari sfortunati; certo, si potrebbe argomentare che, trattandosi di una malattia rara, in ogni caso sono (fortunatamente) pochi i beneficiari, ma questo modo cinico di ragionare non è compatibile con i principi cardine di solidarietà della nostra società. Inoltre, oggi in Puglia si diagnostica la Sma; ma le condizioni e le predisposizioni individuabili precocemente grazie all’analisi del Dna, sia prenatale che neonatale, sono molteplici, il che significa che un’informazione completa di genetica clinica potrebbe avere un impatto notevolissimo su malattie anche molto diverse. La Puglia ha indicato la strada; a quando una armonizzazione del diritto alla diagnosi genetica precoce, per tutti i cittadini italiani e per tutte le condizioni per le quali il consenso scientifico in merito all’analisi del Dna è consolidato?

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