Foto di Fabio Cimaglia, via Ansa 

l'intervista

Sul Covid "il governo Meloni ha preso atto di un cambio di fase". Parla il virologo Clementi

Annalisa Chirico

I medici in politica? "Uno scienziato dev'essere credibile", la maglia di partito genera dubbi sull'imparzialità delle sue opinioni. Da Andrea Crisanti al ministro della Salute Orazio Schillaci. Primi pareri sulla nuova gestione della pandemia

“Ci vorrebbe un po’ di misura”, dice al Foglio Massimo Clementi, professore emerito di Microbiologia e Virologia dell’Università Vita – Salute San Raffaele di Milano, a proposito degli scienziati che, come certi magistrati un tempo all’apice della celebrità mediatica, dismettono la toga, anzi il camice, per calarsi nell’agone politico. “Non tutti i medici sono virologi, anzi la maggior parte di quelli che negli ultimi due anni hanno sproloquiato di pandemia non sono specializzati in virologia. E poi un medico non è per forza un buon politico”, scandisce Clementi. Insomma, la fenomenologia degli scienziati prima mediatizzati e poi candidati non lo entusiasma: “Uno scienziato deve essere credibile, e se la credibilità difetta il cittadino smette di fidarsi. Un medico dovrebbe sostenere posizioni fondate esclusivamente sulla scienza, ma se il giorno dopo indossa la maglia di un partito ingenera il dubbio che le sue opinioni non fossero scevre dal pregiudizio”. Da Andrea Crisanti a Pier Luigi Lopalco, passando per Fabrizio Pregliasco, l’elenco dei colleghi neocandidati è lungo.

 

“Con la pandemia abbiamo assistito a un fenomeno inedito. Dimenticando che la virologia è una disciplina specifica, si è dato adito a sedicenti esperti che parlavano di virus pur non avendo una conoscenza approfondita della materia. Con il professore Giorgio Palù, presidente dell’Aifa, abbiamo scritto un libro, dal titolo “Virosfera”, per arginare la banalizzazione della disciplina, a cui abbiamo dedicato una vita intera, da parte di presunti esperti. In primo luogo, per parlare di virus serve una competenza specifica. E poi si richiede una coerenza con l’idea scientifica e non con altro. Se all’esterno si dà l’impressione che una certa opinione non sia legata a un’idea scientifica, si genera nel cittadino un senso di sfiducia nei confronti della scienza”. Secondo Pregliasco, il governo Meloni strizza l’occhio ai no vax con provvedimenti “improntati a un liberi tutti eccessivo”. “Non sono d’accordo. Il governo ha preso atto di un cambio di fase che il professor Palù ha recentemente spiegato al Corriere della sera: oggigiorno il tasso di letalità del Covid è pari allo 0,045 per cento, inferiore all’influenza che ha un’incidenza cinque volte superiore. Certo che il virus circola e continuerà a circolare ma è uno dei tanti virus con cui conviviamo”.

 

Lei, quindi, non è preoccupato dall’allentamento delle prescrizioni. “Ulteriori misure coercitive sarebbero prive di un fondamento scientifico. Non si può chiedere alle persone di girare con un certificato di vaccinazione in tasca per entrare nei ristoranti. Il green pass, peraltro, è stato fallimentare sul piano dei risultati”. Il divieto di “porte girevoli” che si vorrebbe per i magistrati dovrebbe valere anche per gli scienziati? “Viviamo in un regime democratico: ognuno è libero di scegliere la propria strada. È chiaro che se ti candidi e vieni eletto non potrai svolgere altre professioni. Nel caso del professor Crisanti, per esempio, essendo egli membro di due commissioni universitarie da me presiedute, si è posto il tema di una incompatibilità. Io ho sottoposto la questione al ministero che ha confermato la sussistenza di tale incompatibilità: non si può fare, allo stesso tempo, il politico e il commissario in un concorso pubblico”.

 

Ma Crisanti, una volta eletto nelle file del Pd, non si è dimesso? “Non so se pretendesse di rimanere ma le dimissioni non c’erano. Se decidi di dipingere, sei libero di farlo, ma diventerai un pittore ex professore”. Come giudica i primi passi del ministro della Salute Orazio Schillaci? “Ha posto un tema rilevante, quello degli stipendi dei medici di pronto soccorso. Io direi che il problema riguarda tutti: i medici italiani sono pagati meno degli omologhi europei. Molti ragazzi che si sono laureati con me a Milano lavorano in Svizzera dove gli stipendi sono il doppio”. Un consiglio per Schillaci? “Per due anni si è speso tanto per i vaccini, poco per i farmaci. Bisogna lasciar diradare la nebbia con cui il Covid ha sommerso il mondo della sanità e definire nuove priorità a partire dalle liste d’attesa interminabili”.