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cattivi scienziati

Omicron 1 e 2. Dalla Gran Bretagna nuovi dati sulle sottovarianti. E Moderna sperimenta

Enrico Bucci

Dati interessanti che aggiungono qualche elemento in più a ciò che sappiamo finora grazie alle informazioni provenienti dalla Danimarca. Al momento, al netto dei numeri ancora relativamente piccoli, non pare ci siano differenze di efficacia dei vaccini

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Ieri la UKHSA (UK Health Security Agency) ha pubblicato per la prima volta alcuni dati sulle infezioni inglesi causate dalla sottovariante Ba.2 di Omicron. I dati sono interessanti, perché aggiungono qualche elemento in più a ciò che sappiamo finora grazie alle informazioni provenienti dalla Danimarca, nazione in cui Omicron Ba.2 è isolato nella maggioranza dei nuovi casi di infezione.

    
Dunque, ricapitoliamo innanzitutto ciò che sapevamo su Ba.2 fino a questo momento. Già nei primi campioni di Omicron ottenuti in Africa, furono trovati tre diversi tipi di variante Omicron, denominati Ba.1, Ba.2 e Ba.3 Questi differiscono fra loro per un buon numero di mutazioni; le differenze nella proteina Spike, in particolare, sono rilevanti per differenziare Ba.1 da Ba.2, perché mentre la prima ha un piccolo tratto mancante (una delezione) nella proteina Spike, la seconda non presenta questa caratteristica. Dal punto di vista della rilevazione, questo fa un’importante differenza: i test molecolari mediante Pcr sono in grado, infatti, di evidenziare la mancanza del pezzettino della proteina Spike di Ba.1, permettendo con buona affidabilità di capire se un soggetto è infetto da Omicron Ba.1 senza necessariamente ricorrere al sequenziamento, più lungo e costoso. In paesi come la Danimarca o la Gran Bretagna, dove è presente ormai solo Omicron, basta quindi guardare alla Pcr per sapere se un soggetto è infetto da Ba.1 o Ba.2, grazie alla piccola delezione che differenzia la Spike della prima sottovariante dalla seconda; e questo fatto è importante per monitorare in tempo reale la crescita dell’una o dell’altra.

    
Ora, si osserva che, pure in presenza di una larghissima diffusione di Omicron Ba.1, l’arrivo di Ba.2 ha portato in Danimarca rapidamente questa seconda variante a prevalere per diffusione sulla prima (oggi è oltre il 65 per cento dei casi di quella nazione); e anche in altri paesi, ove Omicron Ba.1 è ormai diventata la variante dominante, si osserva che tutte le altre varianti sono portate quasi a scomparire, eccetto la sottovariante Ba.2, che guadagna rapidamente terreno.

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Da quanto recentemente dichiarato dalle autorità sanitarie danesi, Omicron Ba.2 è stimata essere 1,5 volte più trasmissibile di Ba.1; per il momento, invece, non si registrano differenze in termini di patogenicità. Inoltre, in Danimarca sono stati osservati i primi sporadici casi di reinfezione da parte di Omicron Ba.2 in soggetti infettati poche settimane prima da Ba.1; tuttavia, al momento questi dati non permettono di trarre conclusioni, perché potrebbe trattarsi di casi particolari, verificatisi in soggetti che non hanno sviluppato immunità sufficiente per una moltitudine di diverse ragioni.

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Veniamo quindi agli ultimissimi dati, provenienti come detto dalla Gran Bretagna. Al 16 gennaio, oltre il 96 per cento dei casi in Gran Bretagna era costituito da Omicron Ba.1; Ba.2 ammontava la 3.4 per cento. Tuttavia, utilizzando come stima il segnale differente dato dalla Pcr, si nota come fra il 17 gennaio e il 24 gennaio Ba.2 potrebbe essere passata dal 2.2 per cento al 4.4, crescendo velocemente come osservato in Danimarca e come si nota anche in Germania. Nelle case, Ba.2 sembra propagarsi maggiormente di Omicron Ba.1, aumentando il rischio di infezione fra i soggetti che convivono con una persona infetta da questa variante dal 10 al 13.4 per cento; tuttavia, questi sono dati preliminari, che non tengono ancora conto di variabili come lo stato vaccinale, e riflettono quindi solo un’accelerazione nella propagazione, la quale deve ancora essere depurata dei fattori confondenti per fornire una valutazione accurata dell’aumentata trasmissibilità.

  
Infine, un dato molto importante: al momento, al netto dei numeri ancora relativamente piccoli, i dati inglesi non mostrano una differenza di efficacia dei vaccini fra Ba.1 e Ba.2. Questo dato è in accordo con studi non pubblicati dell’Univ

 

 ersità di Oxford, citati nel rapporto UKHSA, che indicano come la capacità di neutralizzazione dei sieri di individui vaccinati è la stessa nei confronti delle due sottovarianti Omicron. Questo ultimo elemento, unito all’assenza nel rischio di ospedalizzazioni e conseguenze severe preliminarmente riportato dalla Danimarca, dovrebbe tranquillizzarci. Il virus sta evolvendo, aumentando ancora la sua trasmissibilità e smentendo nuovamente coloro che parlavano e parlano di picco di fitness del patogeno; tuttavia, le nostre difese cliniche reggono ancora, e considerato che Ba.2 si sta diffondendo e ancora non si vedono altre varianti, il fatto che anche Moderna, dopo Pfizer, abbia annunciato la sperimentazione della sua nuova versione di vaccino contro Omicron sembra al momento migliorare ancora le nostre prospettive.
 

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