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Viaggi e miraggi

Le frontiere blindate fermeranno Omicron? La falsa sicurezza del governo

Luciano Capone e Giovanni Rodriquez

La stretta dell'esecutivo per chi si sposta tra stati dell’Unione europea (tamponi anche per i vaccinati) è una misura che dà una finta certezza, al prezzo di minare la fiducia nei vaccini e tra paesi europei

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Il governo italiano ha deciso di introdurre una nuova stretta ai viaggi da e per gli altri paesi europei. L’ordinanza del 14 dicembre firmata dal ministro della Salute Roberto Speranza non si limita a prolungare le restrizioni già in atto, ma aggiunge la quarantena di cinque giorni per i non vaccinati tamponati e la necessità di un tampone – molecolare eseguito nelle 48 precedenti o rapido entro le 24 ore precedenti – anche per chi ha il cosiddetto super green pass. La misura di sicurezza viene quindi estesa anche ai guariti e ai vaccinati con due o tre dosi, calpestando quanto previsto dalle norme alla base del green pass europeo.

Perché la stretta del governo sui viaggi è una falsa sicurezza

Da qui l’immediata reazione della vicepresidente della Commissione europea Vera Jourová: “Quando gli Stati membri introducono condizioni aggiuntive o rendono le norme più severe, come nel caso dell’Italia e forse del Portogallo, questa scelta deve essere giustificata sulla base della situazione reale. Credo se ne parlerà al Consiglio Ue di giovedì, queste decisioni individuali minano fiducia delle persone”. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, che evidentemente dovrà dare qualche spiegazione in Europa, nelle comunicazioni al Parlamento ha rivendicato la decisione di Speranza alla luce della mutata situazione epidemiologica prodotta dalla nuova variante: “C’è la diffusione della variante Omicron che ci vede in una situazione favorevole. In altri paesi Ue invece è molto diffusa, ad esempio in Danimarca o in Regno Unito dove è diffusissima. Perciò si è decisa la stessa pratica per chi arriva oggi in Italia dal Regno Unito: per entrare basta un tampone, non credo ci sia molto da riflettere”, ha sottolineato il premier.

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La decisione del governo pone seri problemi di merito, ma soprattutto di metodo. Viene innanzitutto da chiedersi quali siano le evidenze scientifiche alla base. Perché l’impressione è che la scelta ricalchi quanto già fatto – in questo caso non solo dall’Italia ma dall’intera Europa – con il Sudafrica a seguito delle notizie sulla presenza di una nuova variante, quando come prima iniziativa sono stati bloccati i voli. Come denunciato ripetutamente dalla stessa Oms, i paesi europei in quel caso hanno deciso di “punire” il Sudafrica per aver comunicato il sequenziamento di una variante che, con ogni probabilità, stava già circolando nel mondo da alcune settimane. Un atteggiamento che non solo non ha evitato il diffondersi di Omicron sul territorio europeo, dato che è stato come chiudere la stalla dopo che i buoi erano già scappati, ma che può creare ulteriori danni in futuro. I paesi, in particolare quelli più poveri, non hanno alcun interesse a sequenziare e comunicare la comparse di eventuali nuove varianti se un tale comportamento proattivo e trasparente viene punito con una sorta di “embargo” internazionale.

Gli effetti negativi sulla fiducia nei vaccini

Purtroppo, dopo due anni di pandemia, quando emerge un nuovo pericolo scatta il solito riflesso condizionato: bloccare o restringere i viaggi da e per l’estero. Come se vi fosse una qualche evidenza scientifica che gli spostamenti internazionali comportino di per sé un maggiore rischio di contagio rispetto ad altre interazioni o spostamenti entro i confini nazionali.  La restrizione dei viaggi è tanto più inutile dal momento che, come sostengono la Commissione europea e l’Ecdc, la variante Omicron ormai già circola in Europa e diventerà domiante entro metà gennaio: in Italia già rappresenta circa l’1% dell’ultima flash survey dell’Istituto superiore di sanità su campioni che risalgono ormai a diversi giorni fa.

 

Non si capisce, insomma, perché i viaggi all’estero dovrebbero essere più contagiosi/rischiosi né perché si pretende una misura come il tampone che non è richiesta per tutte le altre attività e spostamenti interni. La sensazione è che sia una risposta politica che dà una maggiore falsa sicurezza ai cittadini scaricandone il costo sugli stranieri o su una quota marginale di persone. Al di là dell’ignota efficacia di tali misure, vi sono però evidenti costi sul piano della fiducia.

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Il primo riguarda i rapporti con gli altri stati europei: l’azione unilaterale dell’Italia, improvvisa e senza un coordinamento, mina lo sforzo europeo di darsi delle regole e degli standard comuni per gestire in sicurezza gli spostamenti nell’Unione. Ed è tanto più grave che a farlo sia un paese importante come l’Italia guidato da un premier europeista come Draghi. L’altro colpo alla fiducia riguarda il piano interno: chiedere il tampone anche ai vaccinati che provengono dall’estero non solo è incoerente rispetto al green pass e al super green pass, che appunto non necessitano del test per i vaccinati, ma soprattutto abbatte la credibilità della vaccinazione, ritenuta insufficiente e insicura per spostarsi. Così la stretta sui viaggi del governo italiano oltre a non avere alcun effetto pratico sulla sicurezza rischia solo di aumentare i dubbi sui vaccini e l’incertezza delle regole.

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