(foto Ansa)

cattivi scienziati

Serve una soglia del rischio che siamo disposti a correre per il Covid

Enrico Bucci

Le norme speciali vanno bene. A patto di specificare qual è il punto oltre il quale le misure possono essere ritirate, pur con la gradualità dovuta

Vi è una questione che, a suo tempo, già trattai su queste pagine, e che oggi mi pare sia della massima urgenza. Quando si emettono delle norme speciali – specialmente quelle che limitino i diritti costituzionalmente garantiti delle persone, utilizzando a giustificazione l’emergenza pandemica – è previsto che i criteri di proporzionalità e ragionevolezza debbano essere entrambi rispettati. Di questo si è dibattuto e si dibatte con intensità; e si tenta di fondare sia la ragionevolezza sia la proporzionalità di imposizioni come quelle legate al green pass, o alle mascherine o altro, da una parte sulle indicazioni scientifiche che via via si sono acquisite, le quali sole possono essere utilizzate per prevedere l’effetto sulla pandemia, e dall’altra sulla considerazione del peso che le misure intraprese hanno nel campo sociale, civile e culturale, su cittadini, imprese e istituzioni. Non interessa qui approfondire quanti e quali elementi siano stati presi in considerazione per le misure straordinarie che sono state imposte; piuttosto, credo sia importante attirare l’attenzione del lettore su un punto di pari importanza, che a me sembra maggiormente trascurato.

Qual è il criterio sulla base del quale si stabilisce che esiste un’emergenza tale da giustificare norme speciali? Detto altrimenti: qual è il punto oltre il quale le misure possono essere ritirate, pur con la gradualità dovuta, perché le misure stesse non sono più necessarie, o ragionevoli, o proporzionali agli scopi che si intendono conseguire e ai mali che si intende combattere? Non si tratta di un punto di poco conto: al momento pare infatti che la fine di determinate misure sia piuttosto stabilita per arbitrio, affidandosi cioè alla ragionevolezza dei governanti e agli equilibri della lotta politica, senza tuttavia che dal punto di vista epidemiologico si sia indicata con chiarezza una soglia, la quale, per esempio, preveda che il green pass non sia più in vigore, perché il rischio costituito dal virus sia basso a sufficienza, da non giustificare oltre la compressione dei diritti dei cittadini e dei lavoratori.

Naturalmente, la scienza può tentare di stimare il rischio, in condizioni epidemiologiche diverse, in modo da fornire il materiale grezzo per la scelta; quale sia però il rischio che si vuole correre, e dunque quale sia la soglia che si vuole porre prima di cominciare a eliminare le imposizioni via via accumulate, è responsabilità della politica e del governo in carica. Qualunque sia questa soglia, tuttavia, deve essere esposta con chiarezza; non è possibile infatti procedere oltre con imposizioni e trattative, senza che sia palesato un indice utile per stabilire il ritorno alla normalità, o almeno un inizio graduale per cominciare questo processo.

Va bene accettare che certi strumenti siano utili a diminuire la presa della pandemia; va bene cercare di convincere tutti a partecipare allo sforzo vaccinale, oggi e in futuro; è ora, però, di considerare che siccome il rischio Sars-CoV-2 non sarà mai azzerato – a meno di eventi fortuiti e imprevedibili – deve esistere una soglia di rischio che siamo disposti a correre, e raggiunta questa devono essere gradualmente eliminate tutte le restrizioni all’individuo, nonché ripristinate anche le normali procedure di diritto e di funzionamento di un paese democratico, fosse anche con degli utili adattamenti quali una maggiore e più efficiente sorveglianza epidemiologica rispetto al passato e il mantenimento degli strumenti che si sono rivelati più idonei in termini di organizzazione e logistica della campagna vaccinale.

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