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Perché il green pass non vìola il regolamento Ue

Luciano Capone

Dalla bidella di Torino ai politici di Lega e Fdi, fino ai professori dell'appello contro il pass in università. La tesi che il decreto italiano sia illegittimo perché in contrasto con l'art. 36 del regolamento Ue sulla "non discriminazione dei non vaccinati" è una mistificazione

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In una scuola di Torino una collaboratrice scolastica ha pensato bene di presentarsi a lavoro senza Green pass ma con un foglio compliato a mano, sostenendo che fosse il suo “lasciapassare”. Si trattava di un modulo scaricato dal blog Comicost di un certo “Comitato per le libertà costituzionali”, denominato “Free pass”, che viene definito come “sostitutivo della Certificazione verde (Green pass)”. Questo benedetto documento altro non è che un’autocertificazione in cui il sottoscrittore afferma di essere se stesso e di “godere dei medesimi diritti civili di chi è munito di certificazione verde prevista dalla normativa vigente”. Questa esenzione autoattribuita viene giustificata dal fatto che “il Regolamento n. 953/2021 – n.36 – del Parlamento Europeo vieta la discriminazione fra coloro che hanno ricevuto una o più dosi di ‘vaccino’” e pertanto chi ha scelto di non volersi vaccinare si ritiene esente. Naturalmente l’esenzione autocertificata non si è dimostrata efficace: la bidella è stata rimandata a casa. Ma essendo sicura delle sue ragioni, ha denunciato in procura la scuola per averle vietato l’ingresso.

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In una scuola di Torino una collaboratrice scolastica ha pensato bene di presentarsi a lavoro senza Green pass ma con un foglio compliato a mano, sostenendo che fosse il suo “lasciapassare”. Si trattava di un modulo scaricato dal blog Comicost di un certo “Comitato per le libertà costituzionali”, denominato “Free pass”, che viene definito come “sostitutivo della Certificazione verde (Green pass)”. Questo benedetto documento altro non è che un’autocertificazione in cui il sottoscrittore afferma di essere se stesso e di “godere dei medesimi diritti civili di chi è munito di certificazione verde prevista dalla normativa vigente”. Questa esenzione autoattribuita viene giustificata dal fatto che “il Regolamento n. 953/2021 – n.36 – del Parlamento Europeo vieta la discriminazione fra coloro che hanno ricevuto una o più dosi di ‘vaccino’” e pertanto chi ha scelto di non volersi vaccinare si ritiene esente. Naturalmente l’esenzione autocertificata non si è dimostrata efficace: la bidella è stata rimandata a casa. Ma essendo sicura delle sue ragioni, ha denunciato in procura la scuola per averle vietato l’ingresso.

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Al di là della vicenda singolare della signora di Torino, ciò che è interessante nel “free pass” del fantomatico “Comicost” è il richiamo al Regolamento europeo n. 953/2021. Perché è lo stesso atto citato nella famosa lettera sottoscritta da centinaia di professori universitari che contesta la legittimità del Green pass: “Tutti noi reputiamo ingiusta e illegittima la discriminazione introdotta ai danni di una minoranza, in quanto in contrasto con i dettami della Costituzione – c'è scritto nell’appello dei docenti – e con quanto stabilito dal Regolamento Ue 953/2021, che chiarisce che ‘è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono state vaccinate’ per diversi motivi o ‘che hanno scelto di non essere vaccinate’”. Il medesimo argomento è usato dai tanti esponenti di Lega, FdI e altri: il Green pass italiano vìola il Regolamento europeo.

 

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E’ il caso di chiarire che non è così. Innanzitutto perché il regolamento, nella parte citata, quando dice che bisogna “evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate”, intende affermare che non si può impedire la libera circolazione a chi, pur non essendo vaccinato, è guarito dal Covid o ha un tampone negativo. Non vuol dire che non si può discriminare nessuno, e cioè che bisogna trattare allo stesso modo chi ha il green pass e chi non ce l’ha, anche perché sarebbe una previsione assurda per un regolamento approvato proprio per definire l’uso del green pass.

 

Ma c’è anche un piano giuridico da chiarire. Ciò di cui si parla è un “considerando” (il n. 36) del regolamento 953/2021, cioè una delle motivazioni alla base di un atto che ha come obiettivo quello di “agevolare la libera circolazione” tra i 27 paesi dell’Unione europea. Ed è questo l’ambito di applicazione della normativa: il rilascio di certificati di vaccinazione con uno standard comune “affinché possano essere usati efficacemente in un contesto transfrontaliero in cui i cittadini dell'Unione esercitano il proprio diritto di libera circolazione, devono essere pienamente interoperabili, compatibili, sicuri e verificabili”. Ma non vuol dire che fuori da questo ambito, ovvero gli spostamenti tra paesi dell’Ue, i singoli stati non possano adottare altre misure che, ad esempio, riguardano la circolazione o l’accesso a specifiche attività nel proprio territorio. D’altronde è lo stesso Regolamento a ricordarlo, al “considerando” n. 6, quindi molto prima del 36: “In conformità del diritto dell’Unione, gli Stati membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica. Tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione attuate per limitare la diffusione del Sars-Cov-2 dovrebbero basarsi su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la tutela della salute pubblica”.

 

Il green pass italiano, quindi, non vìola alcun regolamento Ue. Che la cosa non sia chiara ad alcuni politici o alla bidella di Torino è anche comprensibile, meno che a fare confusione siano centinaia di professori universitari, molti dei quali giuristi.

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