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Il Foglio salute

Non c’è salute senza lavoro

Mario Benedetto

La linea Giorgetti e il benessere che passa dall’occupazione e non (solo) dai sussidi

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Lo stato di salute del lavoro: messa al sicuro la salute personale, è questo lo stato che indica la condizione di benessere individuale e collettiva. La crisi in corso, ormai dovrebbe esserci chiaro e noto, investe non solo le persone come cittadini, ma anche contestualmente come lavoratori. Dallo smart working al dibattito tutto attuale sulla prossima scadenza di quota 100, sono molte le partite aperte per tutelare i livelli occupazionali. Anzi, in ottica prospettica, per garantirne un possibile sviluppo.

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Lo stato di salute del lavoro: messa al sicuro la salute personale, è questo lo stato che indica la condizione di benessere individuale e collettiva. La crisi in corso, ormai dovrebbe esserci chiaro e noto, investe non solo le persone come cittadini, ma anche contestualmente come lavoratori. Dallo smart working al dibattito tutto attuale sulla prossima scadenza di quota 100, sono molte le partite aperte per tutelare i livelli occupazionali. Anzi, in ottica prospettica, per garantirne un possibile sviluppo.


In questo contesto si collocano le dichiarazioni di un rappresentante di primo piano dell’esecutivo Draghi come il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti. Non ci riferiamo solo a quelle sul green pass, di cui il ministro dice di prevedere l’estensione per la Pubblica amministrazione e le aziende, ma quelle sulla tutela del lavoro e della stessa attività d’impresa. Passare dal reddito di cittadinanza a un “lavoro di cittadinanza”: questa la linea dettata dal forte esponente leghista rispetto all’azione del governo, cui il suo ministero può contribuire in modo significativo. Una posizione che esprime ancora volta una visione realista, rispetto a un dibattito politico molto acceso, anche su questo tema. Continua, infatti, il braccio di ferro tra i Cinque stelle, che hanno la “responsabilità” della nascita della misura, osteggiati dalla destra “governista” della Lega e da quella di opposizione di Giorgia Meloni. In questo scenario si collocano le dichiarazioni del presidente Draghi cui, da fine economista non sono certo sfuggite le criticità di uno strumento sul fronte dello stimolo all’azione privata e imprenditoriale, ma che pubblicamente ha in qualche misura dichiarato di voler tenere debito conto della dimensione sociale che esso tutela. 

La “soluzione Giorgetti” sembra proprio incentrata su un aspetto evidentemente critico, come la passività di una politica che rischia di non incentivare il lavoro in primis dal punto di vista del lavoratore, ma anche di quelle imprese che potrebbero vedere certe risorse destinate all’abbattimento di costi, che gravano sulla loro attività a partire dall’ormai annosa questione del cuneo fiscale: uno dei limiti più frequenti e strutturali rispetto all’assunzione di nuove risorse umane. Non c’è salute senza lavoro, insomma. Questo il messaggio con cui intendiamo richiamare l’attenzione, costantemente, su un tema che impatta troppo sulla qualità della nostra vita, spesso letteralmente anche sul versante fisico, per essere dimenticato. E la strada delle politiche attive e del sostegno impresa, che sia capace di produrre e aprire le sue porte a nuovo lavoro, sembra quella maestra che porta a essere non più e non solo “percettori”, ma lavoratori. Costituzionalmente diremmo: cittadini a pieno titolo, produttori di benessere e valore. Per sé e per tutti.

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