(LaPresse)

Numeri anti demagogia 

I vaccini per i paesi poveri ci sono già, grazie a Big Pharma

Luciano Capone e Giovanni Rodriquez

Ci sono dosi disponibili per tutti, anche con i brevetti. L’obiettivo del 40 per cento delle coperture vaccinali nei paesi poveri entro il 2021 è una possibilità concreta

Il G20 Salute appena conclusosi a Roma è culminato nella sottoscrizione di un documento di 33 punti in cui si rinnova l’impegno, già emerso nel recente Global Health Summit, di “aumentare e diversificare la capacità produttiva di vaccini globale, locale e regionale, sviluppando competenze per i paesi a reddito medio-basso”. L’obiettivo è quello di fornire così anche ai paesi più poveri quell’accesso ai vaccini che al momento è stato loro in gran parte negato. Basti considerare che nei paesi a basso reddito è stato completamente vaccinato meno del 2 per cento della popolazione adulta, rispetto al 50 per cento nei paesi ad alto reddito. Una disparità dovuta in larga parte a quella carenza di vaccini che ha caratterizzato i primi mesi di produzione e che, di conseguenza, ha penalizzato i paesi con meno risorse economiche e industriali.

 

Era noto che ci sarebbe voluto del tempo per portare a regime la produzione di una mole tale di dosi da riuscire a soddisfare la domanda mondiale. Ma quel momento, a differenza di ciò che comunemente si immagina, è quasi arrivato: da qui ai prossimi mesi il problema della scarsità potrà ritenersi completamente superato. E, in parte, è già alle spalle. Secondo uno studio di previsione sulla produzione globale di vaccini fatto da Airfinity, società specializzata nell’analisi di dati nel settore farmaceutico e nelle life sciences, già entro la fine di settembre i paesi del G7 sarebbero in grado di redistribuire verso i paesi più poveri 500 milioni di dosi (360 milioni se si escludono le donazioni già stanziate) e fino a 1,2 miliardi di dosi entro fine anno.


La donazione di queste dosi consentirebbe, secondo l’Economist, di salvare tra 1 e 2,8 milioni di vite nei paesi poveri. E senza rallentare le campagne vaccinali nei paesi più ricchi, dato che le proiezioni di Airfinity considerano come dosi in eccesso quelle ulteriori rispetto a ciò che serve per vaccinare l’80 per cento della popolazione. Inoltre, questi dati non tengono conto delle dosi in eccesso dei  vaccini cinesi,  certamente meno efficaci di quelli occidentali, ma che  comunque potrebbero contribuire ulteriormente ad abbattere la mortalità nei paesi poveri.
 L’analisi di Airfinity, che studia da inizio pandemia il mercato dei vaccini, è stata condotta esaminando l’output delle case farmaceutiche (Pfizer/BioNTech, Moderna, AstraZeneca, Johnson & Johnson) su base settimanale e il numero di dosi acquistate dai paesi del G7. Se ne deduce che già oggi per i paesi ricchi l’offerta vaccinale è più ampia del necessario. E lo sarà anche considerando l’estensione della vaccinazione agli over 12 e con un’offerta di una terza dose a tutta la popolazione a sei mesi dalla seconda. Non ci sarà quindi più bisogno di lasciare da parte scorte a causa delle incertezze sulle forniture, come avveniva nei primi mesi di quest’anno.

 

Si può fare molto per i paesi in via di sviluppo già ora, e non c’è alcun motivo per aspettare, anche considerando la ridotta durata di conservazione dei vaccini (scadono dopo 6 mesi). Ma la situazione è destinata a migliorare ulteriormente nei prossimi mesi a causa di un costante aumento della produzione globale. Ad aprile nel mondo si producevano 800 milioni di dosi al mese. In quattro mesi il dato è quasi raddoppiato: ad agosto sono state prodotte 1,5 miliardi di dosi di vaccino anti Covid. Per farsi un’idea, questo numero è più alto dell’intera produzione dei primi quattro mesi del 2021. E la capacità produttiva è destinata ad aumentare nei prossimi mesi: secondo le previsioni di Airfinity nel mese di dicembre il mondo produrrà 1,7 miliardi di dosi fino ad arrivare a 2,1 miliardi di dosi a gennaio.  “Quest’anno il mondo produrrà circa 12 miliardi di dosi e ha la capacità di produrre di nuovo la stessa quantità entro giugno 2022”, ha scritto l’Economist.

 

Un po’ come è accaduto a livello europeo nei primi mesi dell’anno, così a livello globale la scarsità di dosi potrebbe improvvisamente sparire data la capacità dell’industria di scalare la produzione: già per la fine di quest’anno, Airfinity prevede una produzione complessiva di vaccini sufficiente a vaccinare l’intera popolazione mondiale (11,3 miliardi di dosi). Si è parlato tanto della sospensione dei brevetti per ottenere rapidamente un aumento della produzione ma, evidentemente, era un falso problema.   

 

Alla luce di questi dati l’obiettivo di raggiungere il 40 per cento delle coperture vaccinali in tutti i paesi poveri entro il 2021 diventa una possibilità più che concreta, quantomeno non impedita dall’assenza di vaccini. Per raggiungere questo traguardo saranno necessari tra 2 e 2,5 miliardi di dosi. Se dal lato della produzione sembra si sia quindi arrivati a un punto di svolta, restano altre criticità. A cominciare dalla posizione  di alcuni paesi  sull’export vaccinale. Uno dei maggiori problemi riscontrati al momento da Covax (il programma internazionale per l’accesso ai vaccini) è il blocco delle esportazione da parte dell’India. E questo nonostante Covax abbia investito più di 1 miliardo di dollari nella produzione indiana di vaccini e abbia contribuito al trasferimento della tecnologia necessaria. 

 

Ma non c’è solo l’India. Come sappiamo anche gli Stati Uniti hanno da sempre mantenuto un atteggiamento protezionistico riguardo alla loro produzione vaccinale bloccando anche le dosi di quei vaccini, come AstraZeneca, non utilizzati sul loro territorio. Ma una svolta potrebbe essere imminente anche in questo caso. Lo scorso 2 settembre gli Stati Uniti hanno dichiarato che investiranno 3 miliardi di dollari nella catena di fornitura dei vaccini in modo da potersi posizionare come uno dei principali fornitori globali. Un mondo vaccinato  significa anche porre, per quanto possibile, un freno alla circolazione del virus e alla possibilità che emergano nuove varianti. Con tutte le ricadute del caso sia  sull’economia globale sia sulla vita di milioni di persone. Vaccinare il mondo  non è solo una quesitone di  solidarietà, ma anche di (nostro) interesse nazionale.
 

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