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Il foglio salute

I commercianti faranno i controllori dei green pass?

 Rosaria Iardino

 Pensare che i privati cittadini svolgano il ruolo di autorità sanitarie è complesso. Qualche idea di buon senso per uscirne senza impazzire 

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Il paese è ormai quasi tutto per il green pass vaccinale, ma non sono da escludere tensioni tra i pro e i contro che, seppur in minoranza, impattano sulla questione sociale – e sanitaria – del nostro paese. Sento sempre più spesso dire, nelle chiacchiere da bar e con una certa spavalderia, che molte persone scenderanno in piazza quando ci saranno altre manifestazioni contro i vaccini, e questo non è un bel segnale perché è il più delle volte sintomo di confusione, e non di reale conoscenza delle dinamiche. Sento anche i commercianti esprimere un profondo disagio nel vestire i panni dei controllori; si troveranno nella condizione di entrare nella vita privata delle persone conoscendone l’orientamento rispetto al vaccino, e sinceramente capisco l’imbarazzo.  Quello che il governo sta chiedendo loro è di verificare se i loro clienti abbiano scelto o meno di effettuare una prestazione sanitaria, ma da regolamento europeo sulla privacy questo è un dato sensibile e i gestori – lo dicono le norme – dovrebbero chiedere agli avventori di firmare un consenso informato per gestire questo dato sanitario. E’ evidente che in questo modo la gestione diventerebbe complessa, se non impossibile. E questo è il primo problema, ma c’è un secondo punto sul quale occorre riflettere ed è questo: perché i commercianti dovrebbero farsi carico dei controlli? Spetta alle autorità sanitarie il controllo sul territorio, e forse anche alle forze dell’ordine anche se in questo caso ho dei dubbi perché le forze dell’ordine possono certamente chiederci i documenti d’identità e sanzionarci se infrangiamo la legge, ma non credo proprio possano chiedere a una persona se è vaccinata o meno, perché si entrerebbe nell’ambito delle norme sopra descritte. E quindi?


Potremmo uscire da questa impasse rendendo obbligatorio il vaccino solo in alcuni comparti ben definiti quali la scuola e gli ospedali con il personale sanitario, e verificarne l’effettiva avvenuta vaccinazione. Per tutti gli altri luoghi bisognerebbe mantenere l’obbligo di indossare la mascherina e lavorare sul buon senso; è poco sì, me ne rendo conto ma non vedo alternative se non vogliamo innescare la caccia all’untore, che anch’io ho vissuto per motivi diversi e nulla ha che vedere con una politica di educazione alla salute. Ritorniamo per un attimo con la memoria a quando i cittadini volevano difendersi da soli organizzando delle ronde nei quartieri: molte persone, me compresa, erano completamente contrarie e denunciavano come fosse dovere dello stato garantire la sicurezza, sottolineando come ci fossero le forze dell’ordine per questo, e anzi sostenevano che le stesse andassero potenziate con maggior fondi dallo stato centrale. Ecco io credo che lo stesso errore stia avvenendo ora: non possiamo chiedere a privati cittadini di sostituirsi a chi dovrebbe avere il compito di presidiare, si genererebbe una sovrapposizione di compiti e di responsabilità che sfocerebbe nel caos. Credo sia profondamente errata la narrazione che ci vuole tutti una squadra se in questa squadra i compiti sono confusi; la squadra va bene, certo, ma funziona se ognuno agisce nel proprio ambito. I commercianti devono poter continuare a tenere aperte le loro attività per garantire il lavoro proprio e dei dipendenti, e per far circolare l’economia; devono pretendere – cosa che fanno da tempo molto bene – che chi accede ai loro locali indossi la mascherina, e non dovrebbero preoccuparsi del resto. A ognuno il proprio mestiere.

 

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Rosa Iardino è presidente della Fondazione The Bridg

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