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Soundcheck

In Italia la campagna vaccinale è in ritardo. Falso

Lorenzo Borga

Il nostro ritmo migliore di quello della Germania. L’incognita del personale sanitario quando aumenteranno le dosi SoundCheck.

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L’Italia sembrava aver già fallito in partenza la più grande campagna vaccinale degli ultimi decenni. Tra Natale e Capodanno buona parte delle élite di questo paese – giornalisti, economisti, esperti di diversi campi al di fuori di quello medico – hanno lamentato i presunti ritardi nella distribuzione dei vaccini prodotti da Pfizer-BioNTech. A partire dalla lentezza dei primi approvvigionamenti e dalla pomposità con cui lo stato italiano aveva deciso di accogliere il primo camioncino carico di dosi proveniente dal Brennero. Chiacchiere al vento, basta guardare ai dati.

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L’Italia sembrava aver già fallito in partenza la più grande campagna vaccinale degli ultimi decenni. Tra Natale e Capodanno buona parte delle élite di questo paese – giornalisti, economisti, esperti di diversi campi al di fuori di quello medico – hanno lamentato i presunti ritardi nella distribuzione dei vaccini prodotti da Pfizer-BioNTech. A partire dalla lentezza dei primi approvvigionamenti e dalla pomposità con cui lo stato italiano aveva deciso di accogliere il primo camioncino carico di dosi proveniente dal Brennero. Chiacchiere al vento, basta guardare ai dati.

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Per capire lo stato di salute della campagna vaccinale italiana bisogna esaminare i risultati di altri paesi simili a noi. Il caso del Regno Unito è particolarmente interessante. Perché al momento della scrittura di questo articolo è il terzo paese al mondo per vaccinazioni effettuate ogni 100 abitanti. E anche perché è stato il primo in Europa (pre-Brexit) a iniziare. L’8 dicembre Margaret Keenan, 90enne di origine irlandese, riceveva infatti la prima dose. Nella prima settimana di campagna vaccinale nel Regno Unito erano state iniettate quasi 138mila dosi, 137.897 per l’esattezza, come ha twittato il 15 dicembre il responsabile per le vaccinazioni nel Regno Unito. Si tratta di poco meno di 20mila dosi in media al giorno, a una popolazione di poco superiore a quella italiana. Ebbene, confrontiamo questi numeri con quelli della prima settimana di vaccinazioni in Italia. Quella in cui ancora molti esperti di diversi campi scientifici al di fuori di quello medico lamentavano ritardi. Nel nostro paese tra il 27 dicembre e il 3 gennaio hanno ricevuto la prima dose 122.192 persone. Sostanzialmente la stessa percentuale – lo 0,2 per cento della popolazione – della prima settimana in Regno Unito. Già allora, dunque, paragonandosi agli inglesi non si poteva dire che l’Italia fosse in ritardo con le vaccinazioni, anzi. E il fatto che dopo quella prima settimana di distribuzione l’Italia abbia triplicato la velocità, raggiungendo una media di oltre 60mila dosi al giorno - mentre gli inglesi si sono fermati a circa 48mila di media - fa ben sperare anche per un sorpasso nelle prossime settimane.

  

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Prendiamo allora il caso della Germania, altro paese preso a modello da molti commentatori italiani per dimostrare i presunti ritardi. I tedeschi hanno iniziato lo stesso giorno, il 27 dicembre come nel resto d’Europa, ma hanno avuto il vantaggio di ricevere una quantità molto superiore rispetto agli altri. Per motivi non del tutto chiariti (probabilmente per un anticipo sulla programmazione), dagli stabilimenti Pfizer quel giorno in Germania sono arrivate più di 150mila dosi di vaccino. Mentre in quasi tutti gli altri paesi europei, Italia compresa, ne sono state recapitate 9.750, per il simbolico vaccine day. E non a caso i tedeschi sono partiti con il turbo: quasi 24mila il primo giorno, per arrivare a 56.519 il 30 dicembre, un dato che è rimasto il record per la Germania fino a ora. Ma rispetto ai tedeschi eravamo davvero in ritardo? Qualche dubbio viene perché, sebbene le campagne vaccinali siano partite lo stesso giorno, Berlino ha avuto a disposizione subito molti più vaccini, che l’Italia ha ricevuto invece soltanto il 30 dicembre, tre giorni dopo. E infatti, una volta che la macchina italiana è entrata a regime, il “ritardo” nostrano ha iniziato ad assomigliare a un semplice sfasamento temporale di tre giorni, cioè quelli che abbiamo dovuto attendere per avere tutte le dosi. Un “lag” che è finito per assottigliarsi, tanto che a partire dal 3 gennaio è iniziata la rimonta italiana, grazie a ritmo delle somministrazioni quasi doppio. Ormai, tenendo conto della popolazione (ricordiamoci che la Germania ha 23 milioni di abitanti più di noi) il sorpasso è già avvenuto, e in pochi giorni possiamo attenderci anche quello relativo ai numeri assoluti di vaccinati.

   

Oggi quasi tutti, anche i critici della prima ora, riconoscono il buon ritmo italiano. Ma i dati appena mostrati ci permettono di andare oltre e chiarire un altro punto: il “ritardo” italiano, per ora, non è mai esistito, nemmeno nei primi giorni. Anzi, conoscendo l’inefficienza che contraddistingue parte della pubblica amministrazione italiana e con cui si è mossa, talvolta, anche la struttura commissariale di Domenico Arcuri, il ritmo delle vaccinazioni stupisce in positivo. Nei primi giorni nelle classifiche internazionali l’Italia arrancava rispetto a inglesi e tedeschi per una semplice ragione: ha iniziato più tardi a vaccinare. Per motivi che, per una volta, non sono dipesi dal nostro governo: l’Ema ha autorizzato l’uso di Pfizer-BioNTech qualche settimana dopo l’autorità inglese, mentre rispetto ai tedeschi abbiamo ricevuto una prima spedizione meno generosa. Il “ritardo”, se così possiamo chiamarlo, non è mai dipeso – almeno fino ad adesso – da inefficienza dell’organizzazione. È semmai dovuto alla scarsità delle quantità di vaccini disponibili, un problema di offerta e non di distribuzione. Anche per questo non ha alcun senso calcolare oggi (o ancor peggio, qualche giorno fa), quanti anni ci vorranno per vaccinare la popolazione italiana maggiorenne con il ritmo di distribuzione attuale. La velocità odierna è molto più bassa di quella attesa nei prossimi mesi, quando avremo a disposizione una quantità ben maggiore di dosi.

  

Ed è semmai questo il problema che dovrebbe impensierirci. Solo fra qualche settimana l’organizzazione che Arcuri sta mettendo in piedi (non è infatti ancora stata ultimata) potrà essere messa alla prova. A partire dalle assunzioni di medici e infermieri, necessari quando saranno chiamati alla vaccinazione i milioni di cittadini italiani delle fasce a rischio. Il governo cercava 3mila medici e 12mila infermieri e assistenti sanitari. Ma le candidature che sono arrivate sono di quasi 15mila medici e solo poco più di 4mila infermieri. Una bella gatta da pelare per il commissario Arcuri. Fortunatamente, per ora, non accompagnata da ritardi nella prima fase della vaccinazione.

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