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Il 2021 in Francia inizia togliendo i soldi pubblici all'omeopatia

Enrico Cicchetti

Secondo l'Autorità per la Salute francese i prodotti omeopatici "non hanno dimostrato la loro efficacia". E con l'anno nuovo si chiudono i rubinetti dei rimborsi a spese dello stato. Qual è la situazione in Italia e negli altri paesi d'Europa

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Con l'inizio delle vaccinazioni contro Covid-19, la notizia è passata un po' in sordina, anche perché la decisione era già stata presa nell'estate scorsa. Dal primo gennaio 2021, la Francia ha interrotto il rimborso ai cittadini per le spese sostenute per l'acquisto di rimedi omeopatici. Nel 2019, l'Alta Autorità per la Salute francese (Has) aveva stimato, in un rapporto basato su 37 diversi studi scientifici, che i preparati omeopatici non avevano dimostrato la loro "efficacia". Una sentenza senza appello che ha portato l'istituto a esprimere un “parere sfavorevole al mantenimento del sostegno da parte dell'assicurazione sanitaria dei medicinali omeopatici". Agnès Buzyn, allora ministro della Salute, decise di agire, entro il 2021, per il delisting di 1.163 ceppi omeopatici che beneficiavano di un tasso di rimborso del 30 per cento. Per supportare pazienti e professionisti del settore, il ministro aveva stabilito che il 2020 sarebbe stato un anno di transizione, con un rimborso fino al 15 per cento. Con l'anno nuovo i rubinetti sono stati chiusi del tutto. 

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Con l'inizio delle vaccinazioni contro Covid-19, la notizia è passata un po' in sordina, anche perché la decisione era già stata presa nell'estate scorsa. Dal primo gennaio 2021, la Francia ha interrotto il rimborso ai cittadini per le spese sostenute per l'acquisto di rimedi omeopatici. Nel 2019, l'Alta Autorità per la Salute francese (Has) aveva stimato, in un rapporto basato su 37 diversi studi scientifici, che i preparati omeopatici non avevano dimostrato la loro "efficacia". Una sentenza senza appello che ha portato l'istituto a esprimere un “parere sfavorevole al mantenimento del sostegno da parte dell'assicurazione sanitaria dei medicinali omeopatici". Agnès Buzyn, allora ministro della Salute, decise di agire, entro il 2021, per il delisting di 1.163 ceppi omeopatici che beneficiavano di un tasso di rimborso del 30 per cento. Per supportare pazienti e professionisti del settore, il ministro aveva stabilito che il 2020 sarebbe stato un anno di transizione, con un rimborso fino al 15 per cento. Con l'anno nuovo i rubinetti sono stati chiusi del tutto. 

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A luglio scorso il presidente della Has, Dominique Le Guludec, nel presentare le conclusioni dell’Istituto aveva voluto inviare “un messaggio di rispetto alle persone che utilizzano l’omeopatia e che ritengono che ciò sia di loro giovamento. Non è in discussione la loro esperienza, noi abbiamo voluto giudicare se la dimostrazione d’efficacia è sufficiente a giustificare il rimborso per la collettività”. Si trattava insomma di una analisi costi-benefici: la Francia, è stato deciso, non poteva più permettersi quei costi per delle palline di zucchero. La notizia è di un certo interesse perché la rimborsabilità dei prodotti omeopatici in Francia era uno dei cavalli di battaglia dei sostenitori dell'omeopatia, convinti che se una grande nazione europea la annoverava tra le pratiche degne di investimenti pubblica era perché la sua attendibilità era ritenuta più che valida. Forse, più semplicemente, l'occhio di riguardo di Parigi era dovuto al fatto che in Francia ha sede la più grande azienda mondiale di omeopatia: la Boiron. Ora anche questa forma di "protezionismo" è venuta meno. L'azienda di Lione ha detto al settimanale francese Marianne che "inevitabilmente ci saranno conseguenze sui prezzi", senza fornire ulteriori dettagli. Secondo i dati forniti da Boiron, il taglio dei rimbors ha già influito sul consumo di omeopatia nel 2020. Nel terzo trimestre, le vendite della società in Francia sono diminuite del 18,1 per cento rispetto a 2019 e del 21,2 per cento nel secondo trimestre. Il gruppo ha annunciato che a marzo taglierà 646 posti di lavoro, un quarto della sua forza lavoro. Un piano sociale senza precedenti giustificato da "attacchi virulenti, ingiustificati e ripetuti contro l'omeopatia in Francia".

 

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La situazione in Europa

Tutti gli studi più seri e le meta-analisi finora effettuate convergono su una conclusione: l’omeopatia è inefficace o, quantomeno, non garantisce un effetto superiore a quello del placebo. Negli Stati Uniti, questa informazione deve essere indicata sulle confezioni. In Europa l'omeopatia è piuttosto popolare e milioni di cittadini sono convinti nella sua efficacia e, per esempio, in Italia i rimedi omeopatici sono venduti comunemente nelle farmacie. Dal 2001 la Commissione europea approva la vendita di rimedi omeopatici in maniera equiparata ai farmaci normali.

  

Come abbiamo già raccontato sul Foglio, la Spagna, con il rifiuto di equiparare i rimedi omeopatici a medicinali veri ha rischiato, nel 2017, che l’Unione europea aprisse contro Madrid una procedura di infrazione. La ministra della Salute dell’allora governo di centrodestra, Dolors Montserrat, impose ai produttori di rimedi omeopatici di rinnovare la loro licenza di vendita con il governo, e di provare scientificamente la loro efficacia. Moltissimi di questi farmaci finirono fuori mercato, o persero il diritto di definirsi come curativi. Ma la battaglia contro l’omeopatia in Spagna è bipartisan. La ministra di centrosinistra che ha sostituito Monserrat, María Luisa Carcedo, ha lanciato alla fine del 2018 una campagna per eliminare dalle università e dai centri sanitari quelle che il suo ministero ha definito “pseudoterapie”, come il feng shui, i fiori di Bach, il reiki e l’omeopatia. Il governo spagnolo, inoltre, sta facendo pressione a Bruxelles per cambiare la direttiva europea del 2001, quella che equipara per molti versi i prodotti omeopatici ai medicinali. La principale associazione dei medici tedeschi, che rappresenta 150 mila dottori e psicoterapeuti, a giugno 2019 ha scritto una lettera aperta per chiedere al governo tedesco di porre fine ai rimborsi pubblici per i rimedi omeopatici. Il ministro tedesco della Salute, Jens Spahn, ha annunciato invece che gli omeopatici continueranno a essere rimborsati dalle compagnie di assicurazione sanitaria. Il servizio sanitario nazionale britannico ha fatto lo stesso nel 2017, con il capo dell’organizzazione che ha commentato: l’omeopatia è “alla meglio un placebo e un abuso degli scarsi fondi” pubblici destinati alla sanità. In altri paesi come il Belgio o l’Austria i prodotti omeopatici sono esclusi dai rimborsi pubblici. 

  
La situazione in Italia e il caso Toscana

In Italia la situazione è ambigua: da un lato gli omeopatici vengono messi in commercio “senza indicazioni terapeutiche approvate” e solo con un dosaggio talmente basso da non produrre effetti (in pratica lo stato si assicura e garantisce che non servano a nulla). Dall’altro possono essere prescritti e venduti solo da medici e farmacisti, cioè proprio da coloro che per ruolo e competenze dovrebbero sapere che sono inefficaci. Inoltre il costo dei prodotti e delle visite omeopatiche può essere detratto, con ricetta medica, dalla dichiarazione dei redditi, come spesa sanitaria. La Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri), secondo cui questa pratica di medicina alternativa è solo un placebo, ha messo nero su bianco tutta la contraddizione del sistema italiano: “Per legge, un prodotto per essere venduto come omeopatico non deve contenere più di un centesimo della più piccola dose utilizzata nelle medicine prescrivibili, e quindi, per legge, non può essere venduto un prodotto che contenga un dosaggio di principio attivo farmacologicamente efficace”.

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Questa ambiguità nella normativa favorisce situazioni limite come quelle di una Regione di solito virtuosa nella sanità pubblica come la Toscana, dove l’omeopatia, senza chiare ragioni, è da tempo inserita all’interno del Servizio sanitario, insieme a fitoterapia e agopuntura. Ci sono diversi ambulatori pubblici ai quali si accede senza ricetta del medico pagando un ticket. Gli appuntamenti vengono gestiti dal CUP. Il centro di riferimento regionale per l’omeopatia, è a Lucca dove c’è un ambulatorio di omeopatia ginecologica e oncologica che ha suscitato la reazione di Walter Ricciardi, allora presidente dell’Istituto superiore di Sanità: “Come si può consentire una cosa del genere in una Regione seria come la Toscana?”. In un consultorio pubblico di Pisa si propone l'omeopatia alle neo mamme che non possono assumere, nei mesi prima della gravidanza, molti medicinali. E a Pitigliano c'è un ospedale nel quale i medici sono affiancati da omeopati, sia nei reparti che negli ambulatori. Nell’ottobre 2019 la Toscana ha finanziato con centinaia di migliaia di euro alcuni progetti dedicati alle cosiddette medicine complementari ed integrate, tra le quali l'omeopatia.

 

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