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IL FOGLIO SALUTE

Ragioni per scommettere più sull’obbligatorietà del vaccino che sulla volontarietà

Rosaria Iardino

La persuasione non è un’arma vincente oggi. Possiamo davvero rischiare che la scelta individuale diventi un problema di salute pubblica per l’intera comunità?

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Volontarietà o obbligatorietà? Questa è la domanda fondamentale da porsi in questo contesto epidemico gravissimo generato dal Covid-19. Considerando che siamo in emergenza pandemica, ha davvero senso parlare ancora di volontarietà, o la libera scelta dovrebbe sacrificarsi al cospetto di un bene comune? La società in cui viviamo è la democrazia che abbiamo scelto, questa scelta implica la tacita accettazione di regole di convivenza che prevedono che chi le vìola sia punito sulla base delle leggi che sono determinate dal nostro ordinamento. Ledere il diritto di un’altra persona è, o dovrebbe essere, inaccettabile, e su questo principio poggia il dovere di tutelare dal Covid-19 tutte le persone che non potranno vaccinarsi per problemi di salute, e va da sé che si tratti di un tema di interesse collettivo, non individuale. Sono contraria alla volontarietà, anche se so che questa è la posizione del Foglio, e questa mia posizione ha radici lontane che partono dal pensiero che già il vaccino antinfluenzale debba essere obbligatorio per il personale sanitario; trovo infatti inconcepibile che chi si trova a contatto coi pazienti possa essere veicolo, per quanto involontario, di trasmissione di infezioni rischiando di aggravare situazioni magari già complesse.

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Volontarietà o obbligatorietà? Questa è la domanda fondamentale da porsi in questo contesto epidemico gravissimo generato dal Covid-19. Considerando che siamo in emergenza pandemica, ha davvero senso parlare ancora di volontarietà, o la libera scelta dovrebbe sacrificarsi al cospetto di un bene comune? La società in cui viviamo è la democrazia che abbiamo scelto, questa scelta implica la tacita accettazione di regole di convivenza che prevedono che chi le vìola sia punito sulla base delle leggi che sono determinate dal nostro ordinamento. Ledere il diritto di un’altra persona è, o dovrebbe essere, inaccettabile, e su questo principio poggia il dovere di tutelare dal Covid-19 tutte le persone che non potranno vaccinarsi per problemi di salute, e va da sé che si tratti di un tema di interesse collettivo, non individuale. Sono contraria alla volontarietà, anche se so che questa è la posizione del Foglio, e questa mia posizione ha radici lontane che partono dal pensiero che già il vaccino antinfluenzale debba essere obbligatorio per il personale sanitario; trovo infatti inconcepibile che chi si trova a contatto coi pazienti possa essere veicolo, per quanto involontario, di trasmissione di infezioni rischiando di aggravare situazioni magari già complesse.

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Il paziente è fragile per definizione, e va tutelato anche in questo senso, non solo garantendogli le migliori prestazioni. Dobbiamo davvero chiedere il permesso di tutelare fragili, anziani, colleghi di lavoro e soprattutto i giovani, sui quali poggia il futuro? No, non è accettabile, e la politica deve avere il coraggio di scegliere. Non serve provare a persuadere, quella della persuasione non è un’arma vincente in questo momento storico nel quale le diverse correnti di pensiero risentono di un clima di stanchezza e di insoddisfazione. Lo abbiamo già visto in passato coi vaccini, e non solo per quelli antinfluenzali: in passato si è dovuta reintrodurre l’obbligatorietà per proteggere la popolazione da alcune patologie che avevano un’incidenza pesante, e chi non ha accettato di vaccinarsi è rimasto isolato. La questione così posta è indubbiamente dura, ma rende l’idea dell’urgenza della situazione da un punto di vista sanitario, economico e sociale. Chi non vorrà vaccinarsi, oltre a farsi portatore di una forma enorme di egoismo, dovrà essere consapevole del fatto che la sua scelta avrà una ricaduta sugli altri in termini di mancanza di tutela, certo, ma che la propria stessa vita dovrà svolgersi in isolamento individuale, in attesa che si raggiunga un livello sufficiente di immunità di gregge. Ancora una volta la questione sembra posta in modo duro, ma possiamo davvero rischiare che la scelta individuale diventi un problema di salute pubblica che investe l’intera comunità?

 

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Rosaria Iardino, Presidente Fondazione The Bridge

 

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