Sui vaccini è tutta l'Italia a essere in zona rossa: il piano non c'è

“Sulle siringhe rischiamo di ritrovarci come con le mascherine e i banchi”, dice Confindustria Dispositivi medici. Ma non è l'unica cosa che manca

Enrico Bucci e Luciano Capone

Logistica, catena del freddo, software, individuazione dei centri vaccinali, addestramento del personale, approvvigionamento di siringhe. Se Stati Uniti e Germania si sono preparati al D-day come per lo sbarco in Normandia, l’Italia lo sta facendo come per la campagna di Russia. Commissario Arcuri, il governo è in enorme ritardo

"Chi dai divani afferma che siamo impreparati e in ritardo non ha gli occhi onesti, non ha la mente libera e neppure la pazienza… Da ieri ci stiamo attrezzando per far arrivare le dosi nella maniera più sicura e veloce possibile”. Chi parla è il commissario Domenico Arcuri, reduce dall’operazione incompiuta di consegna dei banchi scolastici a rotelle, da pochi giorni incaricato da Giuseppe Conte di occuparsi della distribuzione del vaccino.

 

Siete pronti alla distribuzione se il vaccino viene approvato domani? “Sì, basta un semplice comando di ‘execute’”. E se la distribuzione del vaccino non va secondo i piani, di chi sarà la colpa? “Mia. Il discorso è chiuso. E’ abbastanza facile: mia. Mi ritengo personalmente responsabile al 100%”. A parlare, in un’intervista a “60 minutes” della Cbs, è Gustave Perna, generale dell’esercito americano a lungo al vertice della logistica della Us Army, messo da Donald Trump a capo delle operazioni Warp Speed, l’iniziativa pubblico-privato per accelerare lo sviluppo, la produzione e la distribuzione del vaccino.

 

Il commissario Arcuri e il generale Perna sono quindi gli uomini che dovranno consentire agli italiani e agli americani di vaccinarsi contro il Covid. Il racconto autocelebrativo dell’Italia come paese migliore al mondo nella gestione della pandemia e degli Stati Uniti come quello più inefficiente nell’affrontare il virus può avere un senso se limitato alla prontezza con cui si è imposto il lockdown nella prima ondata. Ma occhi onesti e menti libere devono ammettere che quando si passa alla pianificazione e all’organizzazione siamo in notevole ritardo e abbiamo tantissimo da imparare dagli Stati Uniti. Appena un vaccino sarà approvato, e i tempi potrebbero essere vicini, sarà necessaria un’operazione logistica senza precedenti. Milioni di dosi di un prodotto estremamente delicato viaggeranno per centinaia di chilometri sul continente europeo, attraverso porti, aeroporti o snodi ferroviari, per raggiungere ospedali, centri vaccinali e studi medici su tutto il territorio nazionale al fine di raggiungere progressivamente tutta la popolazione attraverso categorie sociali di volta in volta diverse. E questa operazione dovrà svolgersi con un flusso continuo per un periodo molto lungo, tenendo anche conto del fatto che per quasi tutti i vaccini sarà necessaria una seconda dose. La più grande vaccinazione di massa della storia sarà molto simile a un’operazione militare. Solo che se gli Stati Uniti si stanno preparando al D-day come per lo sbarco in Normandia – da mesi i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) lavora a questo programma con il Dipartimento della salute e il Dipartimento della difesa e ha già delineato in diversi documenti tutte le fasi della strategia – l’Italia si sta organizzando come per la campagna di Russia, con il rischio concreto che cittadini e operatori sanitari si troveranno disorganizzati e mal equipaggiati come l’Armir.

 

I problemi da risolvere, non uno alla volta ma tutti insieme con una strategia integrata, sono la conservazione e distribuzione del vaccino, la necessità di costruire un sistema informatico per la gestione di tutti i dati in tempo reale, l’individuazione dei centri di vaccinazione e del personale medico dedicato, l’approvvigionamento di materiale indispensabile (dalle siringhe al ghiaccio secco), la messa in sicurezza del prodotto sia nei depositi sia nella distribuzione, la campagna di comunicazione alla popolazione. Se salta anche solo uno di questi anelli si spezza tutta la catena.

Logistica e sistema informatico

Cominciamo dal primo punto. E’ necessario assicurare che le dosi di vaccino partano dal sito di produzione e arrivino a destinazione intatte. In concreto, questo significa che un numero grandissimo di spedizioni internazionali, su mezzi speciali, debba essere organizzate a tempi controllati e concordati con il produttore, così come all’arrivo (in un deposito apposito dedicato per poi far partire la distribuzione locale). Per assicurare l’arrivo del vaccino in condizioni soddisfacenti, è necessario che la catena del freddo (qualunque sia il vaccino in questione) non sia interrotta. Nel 2011, tanto per fare un esempio, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha calcolato che 2,8 milioni dosi di vaccino pentavalente, anti pneuomococcico, contro Hpv e contro la rosolia siano state perse in cinque paesi a causa di problemi nel mantenimento delle basse temperature.

La logistica delle spedizioni, dalla presa in carico fino all’arrivo nei depositi principali, necessita inoltre di sistemi avanzati di tracciamento e registrazione dei carichi, che siano in grado anche di compensare eventuali ritardi nelle consegne, trasmettendo a valle l’informazione necessaria a organizzare la vaccinazione progressiva della popolazione. Questo sistema informatico deve essere acquisito, manutenuto e controllato da una centrale informativa nazionale, per evitare problemi di comunicazione e di incompatibilità dei dati che possono pregiudicare censimento, tracciamento ed erogazione delle dosi.

Centri vaccinali e distribuzione

Oltre ai depositi per lo stoccaggio temporaneo su larga scala dei vaccini, vi è poi da identificare i centri vaccinali veri e propri. A seconda del tipo di vaccino da utilizzare (il che significa progettare scenari diversi), questi centri devono essere attrezzati con sistemi di stoccaggio diversi. E, soprattutto, devono avere personale dedicato, un software collegato all’anagrafe sanitaria per la gestione delle prenotazioni e delle code di vaccinazione.

Il vaccino deve essere quindi consegnato capillarmente, ma sulla pianificazione della distribuzione l’Italia è molto indietro. “Il 22 ottobre abbiamo scritto al commissario Arcuri, chiedendo l’organizzazione di un tavolo tecnico con tutta la filiera per programmare e monitorare la catena di approvvigionamento dei vaccini in sperimentazione. Finora non abbiamo avuto alcuna risposta”, ci dice Pierluigi Petrone, presidente di Assoram, l’associazione della logistica farmaceutica. Le imprese di settore conoscono le caratteristiche tecniche dei vaccini in sperimentazione e ritengono di poter affrontare la sfida della distribuzione: “Siamo 120 aziende con 160 magazzini sul territorio, abbiamo le celle che possono garantire la catena del freddo fino all’ultimo miglio. Come operatori logistici di farma e salute siamo abituati a gestire i picchi in momenti particolari dell’anno, come con il vaccino antinfluenzale tra settembre e novembre. Bisogna solo organizzarsi per farlo su tutto l’arco temporale dell’anno”. Arcuri ha dichiarato che le prime dosi, verosimilmente in arrivo all’inizio del 2021, saranno circa 1,7 milioni, riservate a categorie specifiche come le persone fragili e gli operatori sanitari. Ma poi ci sarà una seconda fase in cui arriveranno dosi per fette crescenti della popolazione. Tuttavia, per pianificare la distribuzione bisogna sapere precisamente quante saranno le dosi, in che tempi vanno consegnate e in quanti luoghi. Quanto più sarà capillare la distribuzione sul territorio tanto più sarà rapida la diffusione del vaccino. Sarà contestualmente, per le esigenze di logistica, necessario creare un’anagrafe vaccinale soprattutto per la dose di richiamo: la delicatezza e i tempi ristretti di conservazione dei vaccini non consentono margini di errori, ritardi e ingorghi come ad esempio per i tamponi. “E’ un lavoro complesso – dice Petrone – ma abbiamo le competenze per poterlo svolgere. Bisogna quanto prima preparare una strategia con numeri concreti: date, tempi e luoghi. Noi partecipiamo a riunioni europee di settore e ci scambiamo opinioni e informazioni, in molti paesi hanno già un canovaccio di base, noi no”.

La Germania, ad esempio, ha preparato un programma operativo che potrebbe partire in pochi giorni se il vaccino ottenesse l’approvazione. Per il vaccino Pfizer, partirebbe avvantaggiata in quanto larga parte della produzione europea avverrebbe proprio negli stabilimenti tedeschi della Biontech. L’azienda avrebbe già cominciato a immagazzinare i preziosi flaconi in un centro ben protetto, gestito in maniera riservata da una compagnia di logistica che trasporterebbe i farmaci in 16 siti dislocati nei 16 länder e in circa 60 centri vaccinali. Il tutto in poche ore dall’ordine delle autorità. Il governo tedesco, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, sta inoltre lavorando con Biontech per organizzare unità mobili di vaccinazione per le case di cura o le aree rurali.

Sicurezza dei flaconi e dei pazienti

Legato al tema della logistica c’è quello della sicurezza: la protezione dei flaconi da furti o eventi naturali. Le scorte di vaccino vanno considerate un asset strategico di interesse nazionale e così i luoghi che le custodiscono. Negli Stati Uniti, il piano del generale Perna prevede misure straordinarie di precauzione sia nella scelta dei siti, capaci di resistere a calamità naturali come terremoti o uragani, sia da furti: i siti sono monitorati h24 da forze armate e così lo sarà qualsiasi mezzo di trasporto durante la distribuzione. Anche questo implica un coordinamento logistico fra trasportatori e forze dell’ordine. Non bisogna poi dimenticare le dotazioni di sicurezza contro la propagazione dell’epidemia (perché quando si inizierà la vaccinazione il virus sarà presumibilmente ancora circolante) e quelle contro i possibili shock anafilattici (come l’epinefrina).

Supponendo che tutto vada per il meglio e tutto sia pronto, deve cominciare il processo vero e proprio di vaccinazione. A parte la gestione informatica delle prenotazioni, vi è una serie di elementi che attiene alla formazione del personale e alla sua numerosità da considerare. Sebbene sia immaginabile come non troppo difficile l’istruzione necessaria a praticare una iniezione nel deltoide, è tuttavia più complesso istruire il personale nella corretta manipolazione del vaccino, se questo non sia un vaccino “tradizionale” (basato su virus attenuato o vettori adenovirali). In particolare, come sa chi (come uno degli autori) ha lavorato per anni alla sintesi e purificazione di Rna virale, i vaccini basati su Rna (Moderna e Pfizer/Biontech) richiedono precauzioni estreme per evitare che le normali contaminazioni ambientali li degradino, sono poco stabili termicamente e vanno conservati e manipolati con precauzioni ben diverse dai vaccini tradizionali.

Approvvigionamento di aghi e siringhe

Dopo la distribuzione, bisogna considerare il processo di vaccinazione vero e proprio, cioè quello che succede dal momento in cui le persone si presentano per la puntura. Già: puntura con che cosa? Molte aziende farmaceutiche, allo scopo di poter produrre rapidamente le dosi per miliardi di esseri umani, confezioneranno il vaccino in fialette pluriuso (cinque-dieci dosi a fialetta). Ciò significa che bisognerà usare siringhe di precisione. Ma queste siringhe non crescono sugli alberi, e per gli aghi speciali di cui sono dotate vale lo stesso discorso. Dunque bisogna sin da ora stringere contratti di fornitura (ammesso che ci si riesca, visto che la corsa all’accaparramento è già cominciata). “Sulle siringhe rischiamo di ritrovarci come con le mascherine o i banchi scolastici” ci dice Fernanda Gellona, direttore generale di Confindustria Dispositivi medici. Considerando che probabilmente serviranno due inoculazioni per persona, ci sarà bisogno a livello mondiale di miliardi di siringhe. “Non abbiamo ritenuto opportuno lanciare allarmi sui media per non creare panico – dice Gellona –. Ma da diversi mesi abbiamo allertato le istituzioni, il ministero della Salute e le regioni: organizziamoci perché rischiamo di avere scarsità di siringhe nel momento in cui saranno più necessarie. Non abbiamo avuto alcun riscontro”.

La questione non è così banale, anche perché ciò che serve non sono le comuni siringhe per le iniezioni intramuscolari, ma prodotti più elaborati. Come detto, serviranno delle siringhe di precisione per prelevare perfettamente la quantità giusta, sia per un motivo sanitario, ma anche perché questi dispositivi tecnologicamente più precisi garantiscono che non ci sia spazio morto, cioè quel piccolo spreco di siero che si avrebbe con le siringhe comuni. In un contesto del genere, data la scarsità dei vaccini, la loro importanza e i grandi numeri in gioco, anche un minimo scarto moltiplicato per milioni e milioni di dosi produrrebbe un enorme costo economico e sanitario. Il mercato delle siringhe di precisione ha ovviamente volumi più ridotti di quelle classiche. Nel mondo è già partita la corsa all’approvvigionamento, mentre l’Italia è ancora ferma. Tanti stati hanno iniziato non solo a fare scorte, ma anche a sviluppare l’industria domestica. Nella strategia americana Warp Speed del generale Perna, la Biomedical advanced research and development authority (Barda) ha stipulato grossi contratti per fare scorta: centinaia di milioni di siringhe in arrivo entro dicembre 2020. Inoltre, sempre la Barda si è occupata di aumentare la capacità produttiva nazionale: ha ad esempio siglato un accordo con la BD (Becton Dickinson), uno dei più grandi produttori mondiali di dispositivi medici, che prevede un investimento pubblico da 42 milioni di dollari sui 70 totali per sviluppare lo stabilimento del Nebraska. A luglio, la stessa agenzia americana aveva siglato un accordo simile con un’altra azienda in Texas, la Retractable Technologies, per aumentare la capacità produttiva del 50% entro un anno.

E’ un tema cruciale. “Avere il vaccino ma non le siringhe per poterlo somministrare sarebbe come non avere il vaccino", dice al Foglio Daniela Delledonne, ad di Becton Dickinson Italia. "Alcuni paesi europei come Regno Unito, Francia, Belgio, Germania, Paesi Bassi, così come Stati Uniti e Canada, si sono già approvvigionati di aghi e siringhe. BD al momento ha commesse per oltre 800 milioni di questi dispositivi per supportare la vaccinazione in 12 paesi nel mondo”. Ma tra questi 12 paesi non c’è l’Italia.

Ghiaccio secco

Il vaccino Pfizer-Biontech, che al momento è il candidato che appare più avanti, è estremamente delicato e ha un sistema di conservazione complesso, che la Pfizer ha descritto in un meeting con la CDC americana. Ogni fiala da 5 dosi sarà da 0,45 ml e verrà inserita in un vassoio da 185 flaconi. Per il trasporto questi vassoi saranno inseriti, fino a un massimo di cinque, in box termici speciali riempiti di ghiaccio secco che consentono il monitoraggio della temperatura e il tracciamento con il Gps. All’arrivo al centro vaccinale, le fiale possono essere stipate in refrigeratori a -70° C per massimo sei mesi oppure tenute nei box termici per 10-15 giorni. La gestione, in questo caso, è però delicata: il contenitore non deve essere aperto più di due volte al giorno e deve essere richiuso entro un minuto; ogni volta che viene aperto, il box deve essere riempito con ghiaccio secco entro 24 ore; ogni 5 giorni il ghiaccio secco deve essere sostituito per prolungare la conservazione di 5 giorni. Una volta prelevate, le fiale possono essere tenute in frigo a 2° C per massimo 24 ore e, una volta aperta, la fiala deve essere consumata entro 6 ore.

Quindi il ghiaccio secco diventa un elemento essenziale. Ed è un altro prodotto a rischio scarsità, per un duplice motivo. Da un lato l’uso nell’industria farmaceutica per la conservazione dei vaccini ne farà impennare la domanda e dall’altro è in calo l’offerta, visto che la pandemia ha fatto ridurre l’attività economica di molte industrie da cui si ricava la CO2 liquida con cui si fa il ghiaccio secco. Anche l’anidride carbonica, su cui a lungo ci si è impegnati per ridurne le emissioni per gli effetti sul clima, può diventare così una materia prima scarsa e strategica.

 

Logistica, sistemi informatici, sicurezza, luoghi dedicati, personale addestrato, approvvigionamento di siringhe e materie prime. Sono aspetti cruciali per provare ad avere un programma di vaccinazione di massa senza precedenti nella storia che possa avere una qualche speranza di funzionamento. Tutto questo deve ovviamente essere integrato da una campagna di comunicazione, perché avere tutto ma non la fiducia della popolazione sarebbe come non avere il vaccino. Sono aspetti a cui sicuramente avranno pensato i 15 esperti del gruppo di lavoro coordinato dal direttore generale della prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza, ma l’Italia appare davvero molto indietro: il piano, che doveva essere già definito, deve ancora essere pensato. Chi dalle conferenze stampa afferma che non siamo impreparati e in ritardo non ha gli occhi onesti e non ha la mente libera, oppure non conosce il livello di preparazione e programmazione che serve per distribuire il vaccino contro il Covid.

 

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