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editoriali

Prepararsi alla terza ondata

redazione

I dati che mancano all’Italia per governare il virus fino all’arrivo del vaccino

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La scelta del governo di procedere a restrizioni differenziate tra regioni, in funzione del progresso del contagio, è giusta ma non basta. Per contenere la diffusione dell’epidemia, salvaguardando nel contempo i diritti delle persone e limitando gli impatti economici, è necessario che il nostro paese produca dati e conoscenza: non possiamo avventurarci nell’inverno a fari spenti. Da un lato dobbiamo individuare rapidamente i focolai, arginarli e, dall’altro lato, capire qual è stata finora l’effettiva diffusione del coronavirus. L’esempio più ambizioso, in questa direzione, viene dalla Slovacchia, che ha lanciato una campagna di test sull’intera popolazione. Si dirà: facile, in tutto sono 5,5 milioni di abitanti, poco meno della Campania. Immaginare dei round da 60 milioni di tamponi qui da noi è semplicemente impensabile. Però possiamo fare qualcosa di simile; o, almeno, qualcosa che ci metta nella condizione di capire meglio la situazione. Cioè un’indagine periodica con tamponi e test sierologici su campioni rappresentativi della popolazione, regione per regione, allo scopo di mappare non solo il passato (cioè chi ha avuto il Covid nel passato) ma anche il presente.

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La scelta del governo di procedere a restrizioni differenziate tra regioni, in funzione del progresso del contagio, è giusta ma non basta. Per contenere la diffusione dell’epidemia, salvaguardando nel contempo i diritti delle persone e limitando gli impatti economici, è necessario che il nostro paese produca dati e conoscenza: non possiamo avventurarci nell’inverno a fari spenti. Da un lato dobbiamo individuare rapidamente i focolai, arginarli e, dall’altro lato, capire qual è stata finora l’effettiva diffusione del coronavirus. L’esempio più ambizioso, in questa direzione, viene dalla Slovacchia, che ha lanciato una campagna di test sull’intera popolazione. Si dirà: facile, in tutto sono 5,5 milioni di abitanti, poco meno della Campania. Immaginare dei round da 60 milioni di tamponi qui da noi è semplicemente impensabile. Però possiamo fare qualcosa di simile; o, almeno, qualcosa che ci metta nella condizione di capire meglio la situazione. Cioè un’indagine periodica con tamponi e test sierologici su campioni rappresentativi della popolazione, regione per regione, allo scopo di mappare non solo il passato (cioè chi ha avuto il Covid nel passato) ma anche il presente.

 

Proposte in questo senso sono arrivate da più parti, fin dai primi mesi dell’anno: tra gli altri Alberto Bisin, Franco Debenedetti e Natale D’Amico (il Foglio, 23 marzo 2020) e due ex presidenti dell’Istat, Giorgio Alleva e Alberto Zuliani, che hanno raccolto attorno a sé altri statistici. Allo stesso modo, dovremmo allargare la capacità di testing, sia autorizzando canali alternativi (non solo i medici di famiglia e i laboratori privati, ma anche le farmacie), sia utilizzando le varie tipologie di test disponibili. Più le persone si testano spontaneamente, più alimentano la nostra conoscenza del problema. I dati forniscono l’unica base possibile per prendere decisioni informate ed evitare di rincorrere gli eventi. Ma, a differenza dei funghi, i dati non spuntano da soli: vanno prodotti, standardizzati e studiati.

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