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Le piazze in fiamme

I disordini, il virus, Napoli, l'Europa. Intervista al filosofo Biagio De Giovanni

Infiltrazioni degli estremisti o disperazione? Il pericolo della "rottura" del patto di fiducia con i cittadini

Marianna Rizzini

Le parole degli imprenditori che avevano cercato di adeguarsi alle nuove norme e lo spettro del lockdown. La sottovalutazione del rischio e la nuova geopolitica. "Ci sveglieremo comunque in un mondo nuovo". 

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“Quando tutto questo sarà finito, ci sveglieremo in un mondo nuovo”. Il filosofo ed ex europarlamentare Biagio De Giovanni, già  esponente di Pci-Pds-Ds, cerca di guardare oltre i giorni cupi di oggi, e oltre la sua Napoli percorsa dalle rivolte (dopo l’ultimo dpcm) con disordini e aggressioni. L’orizzonte è angosciante, il presente preoccupante. C’è chi ha pensato che dietro alla piazza  ci fosse un’organizzazione criminale o i militanti fascisti o gli ultrà e chi considera la partecipazione di qualche frangia estremista un corollario della “disperazione” generale (vedi Roberto Saviano), della paura di finire sul lastrico, dell’ansia per un futuro incerto, tra nemico virale invisibile e gestione a singhiozzo dell’emergenza. “Mi colpisce”, dice De Giovanni, “che il ministro dell’Interno parli di attacchi preordinati e che il premier Giuseppe Conte dica ‘attenzione alle infiltrazioni’. Sicuramente nella storia ci sono stati e adesso ci sono gruppi che approfittano del disagio, tuttavia non si può fare finta che una parte dei cittadini non sia in difficoltà di fronte alle nuove misure”. C’è soprattutto, dice De Giovanni, “la frase ripetuta da molti imprenditori, da nord a sud, quel ‘noi abbiamo fatto tanto per adeguarci e ora veniamo trattati da untori’”. 

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“Quando tutto questo sarà finito, ci sveglieremo in un mondo nuovo”. Il filosofo ed ex europarlamentare Biagio De Giovanni, già  esponente di Pci-Pds-Ds, cerca di guardare oltre i giorni cupi di oggi, e oltre la sua Napoli percorsa dalle rivolte (dopo l’ultimo dpcm) con disordini e aggressioni. L’orizzonte è angosciante, il presente preoccupante. C’è chi ha pensato che dietro alla piazza  ci fosse un’organizzazione criminale o i militanti fascisti o gli ultrà e chi considera la partecipazione di qualche frangia estremista un corollario della “disperazione” generale (vedi Roberto Saviano), della paura di finire sul lastrico, dell’ansia per un futuro incerto, tra nemico virale invisibile e gestione a singhiozzo dell’emergenza. “Mi colpisce”, dice De Giovanni, “che il ministro dell’Interno parli di attacchi preordinati e che il premier Giuseppe Conte dica ‘attenzione alle infiltrazioni’. Sicuramente nella storia ci sono stati e adesso ci sono gruppi che approfittano del disagio, tuttavia non si può fare finta che una parte dei cittadini non sia in difficoltà di fronte alle nuove misure”. C’è soprattutto, dice De Giovanni, “la frase ripetuta da molti imprenditori, da nord a sud, quel ‘noi abbiamo fatto tanto per adeguarci e ora veniamo trattati da untori’”. 

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Mettere ordine e infondere tranquillità non è facile: “Da un lato c’è il problema della risposta da dare alla pandemia, con i virologi che spingono per un altro lockdown. Dall’altro c’è il fatto che un secondo lockdown non è sopportabile, per tutti i motivi che vediamo, e che sarebbero amplificati”. E poi, dice De Giovanni, “a volte ho l’impressione che ci sia una cattiva coscienza su alcuni aspetti”. Per esempio? “Per esempio sulla retorica dell’Italia virtuosa, modello per tutti: l’Italia che era stata brava, che aveva meno casi degli altri. Invece è mancato qualcosa, prima di tutto a livello di riorganizzazione degli ospedali. Le terapie intensive ancora reggono, gli ospedali sono in sofferenza. E sull’ospedalizzazione si poteva forse prevenire”. Poi, dice De Giovanni, c’è stato un atteggiamento di sottovalutazione: “Quasi non ci si credeva all’idea che potesse esserci una seconda ondata e che il virus potesse colpire di nuovo con violenza. Ma la classe dirigente non poteva permettersi di sottovalutare. E allora adesso una chiusura vistosa sembra anche volere rimediare a qualche errore precedente”.

 

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Poi c’è la scuola, appesa a un filo, con le superiori già messe “a distanza”: “Io penso che si debba fare i conti con un fatto supportato dall’esperienza della scorsa primavera: in Italia la didattica a distanza non è sostenibile, crea l’orrore degli esclusi dalla formazione. Ci sono paesi del meridione dove il ‘non c’è linea’ non è soltanto un disagio per chi vi si reca in vacanza, ma una costante penalizzazione per chi ci vive. Organizzare la presenza a scuola e sui trasporti non era semplice, ma c’è stata approssimazione, e ora ci troviamo in un vicolo cieco. Ci rendiamo davvero conto delle conseguenze culturali, economiche e psicologiche delle decisioni prese? Si pensa alla possibile rottura del patto di fiducia con i cittadini, quando le misure si ripercuotono di nuovo su persone che avevano cercato di adeguare le attività alle nuove regole? Credo siano urgenti i ripensamenti che molte regioni chiedono”.

 

L’intera Europa, “che doveva essere l’ancora di salvezza, ora si trova in mezzo al guado”, dice De Giovanni: “Tuttavia bisogna crederci, all’Europa, ma non come se si stesse aspettando la manna dal cielo. Se arriva l’aiuto dobbiamo essere poi in grado di gestire e investire su un processo produttivo non burocratizzato. Intanto, ci si mobiliti davvero per evitare che l’Italia imploda, si trovi un punto di mediazione”.  A livello geopolitico, poi, dice De Giovanni, “siamo già di fronte a un nuovo assetto. Non per niente la Cina sembra oltre l’emergenza, con il balzo del pil. Vedremo che cosa succederà negli Stati Uniti il 3 novembre. Ma ripeto: quando ci sveglieremo da questo incubo, sarà tutto un altro mondo”.

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