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Editoriali

Un lockdown diverso è possibile

Redazione

Lezioni da imparare dalla prima chiusura, se mai dovesse esserci un replay

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Nulla si ripete identico, tantomeno i lockdown. La possibilità di una seconda chiusura nazionale se fosse affidata a un banco di scommesse avrebbe una quota ben sotto alla parità. Ma allo stesso modo non consiglieremmo di puntare su una ripetizione del copione visto in marzo e aprile quanto a regole, organizzazione e divieti. Questa volta si potrebbe attendere una maggiore apertura verso le categorie lavorative autorizzate a uscire di casa e, avendo a disposizione ormai protocolli e capacità di controllo delle condizioni di salute, la manifattura non dovrebbe correre il rischio di un blocco traumatico. Il tracciamento su vasta scala ancora non è in funzione, ma quello che si fa già ora con circa 170.000 tamponi al giorno consentirebbe di tenere sotto controllo la diffusione dei contagi e la loro origine se fossero autorizzati a uscire di casa i lavoratori della quasi totalità delle aziende manifatturiere e dei principali servizi. Mentre una quota di imprese potrebbe approfittare della sospensione delle attività per ristrutturazioni e riorganizzazioni, con la garanzia della cassa integrazione per i lavoratori. E anche la scuola, alternando con ampie quote di didattica a distanza, potrebbe sperimentare una forma di lockdown ammorbidito, consentendo una quota di insegnamento in presenza.

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Nulla si ripete identico, tantomeno i lockdown. La possibilità di una seconda chiusura nazionale se fosse affidata a un banco di scommesse avrebbe una quota ben sotto alla parità. Ma allo stesso modo non consiglieremmo di puntare su una ripetizione del copione visto in marzo e aprile quanto a regole, organizzazione e divieti. Questa volta si potrebbe attendere una maggiore apertura verso le categorie lavorative autorizzate a uscire di casa e, avendo a disposizione ormai protocolli e capacità di controllo delle condizioni di salute, la manifattura non dovrebbe correre il rischio di un blocco traumatico. Il tracciamento su vasta scala ancora non è in funzione, ma quello che si fa già ora con circa 170.000 tamponi al giorno consentirebbe di tenere sotto controllo la diffusione dei contagi e la loro origine se fossero autorizzati a uscire di casa i lavoratori della quasi totalità delle aziende manifatturiere e dei principali servizi. Mentre una quota di imprese potrebbe approfittare della sospensione delle attività per ristrutturazioni e riorganizzazioni, con la garanzia della cassa integrazione per i lavoratori. E anche la scuola, alternando con ampie quote di didattica a distanza, potrebbe sperimentare una forma di lockdown ammorbidito, consentendo una quota di insegnamento in presenza.

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C’è poi l’esperienza israeliana a dare indicazioni utili. Israele è stato il primo paese a tornare al lockdown nazionale, ma con minori restrizioni rispetto al primo caso. E i risultati, in termini di abbattimento della curva dei contagi, sono stati superiori alle previsioni. Con il secondo isolamento più efficace del primo. Eran Segal, del Weizmann Institute, lo ha documentato in una serie di grafici con cui mostra come la rapidità della discesa del tasso di contagio nel secondo lockdown sia stata maggiore di quella del primo. Il numero di nuovi casi è cominciato a calare dopo 10 giorni dalla decisione di chiudere, mentre nel primo lockdown erano serviti 20 giorni. E tutte le curve rilevanti (casi, ospedalizzazioni, terapie intensive) sono scese in modo paragonabile. Correttamente Segal premette che un lockdown è sempre la prova di un fallimento nella gestione di una pandemia. Ma mostra che potrebbe essere un fallimento migliore delle attese.

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