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editoriali

Nel dpcm si sono dimenticati i trasporti

Redazione

L’ultimo decreto del presidente del Consiglio dei ministri tralascia una cosa fondamentale: i mezzi pubblici sovraffollati

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Si sarebbe potuto sfruttare le risorse del Mes per potenziare il trasporto pubblico locale (sin da maggio questa voce è prevista tra le spese sanitarie indirette). Si sarebbe potuto ampliare il fondo che consente ai comuni di spendere risorse aggiuntive per stipulare contratti agevolati con le aziende private di trasporto già prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, col conseguente (non proprio imprevedibile) sovraffollamento dei bus e metropolitane. E magari si sarebbe potuto anche pensare di ridurre il limite di capienza dei mezzi pubblici, tuttora fissato all’80 per cento, prima di stabilire il numero massimo di invitati alle cene in casa. E invece nulla di tutto questo, al momento, è stato fatto.

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Si sarebbe potuto sfruttare le risorse del Mes per potenziare il trasporto pubblico locale (sin da maggio questa voce è prevista tra le spese sanitarie indirette). Si sarebbe potuto ampliare il fondo che consente ai comuni di spendere risorse aggiuntive per stipulare contratti agevolati con le aziende private di trasporto già prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, col conseguente (non proprio imprevedibile) sovraffollamento dei bus e metropolitane. E magari si sarebbe potuto anche pensare di ridurre il limite di capienza dei mezzi pubblici, tuttora fissato all’80 per cento, prima di stabilire il numero massimo di invitati alle cene in casa. E invece nulla di tutto questo, al momento, è stato fatto.

   

Nell’ultimo dpcm, quello della stretta che tanto stretta non pare, il settore dei trasporti è quasi del tutto assente. E del resto, tra le pochissime richieste arrivate nelle scorse ore dal ministro De Micheli, c’era quella di aumentare la capienza massima consentita sui treni ad alta velocità. Pare insomma che l’unica soluzione per risolvere il sovraffollamento dei mezzi pubblici, sia quella di far sì che gli altri settori si adeguino all’incapacità del trasporto locale di far fronte all’emergenza. E soprattutto la scuola, in questo senso, viene visto come il comparto che più di tutti può sacrificarsi, a tal fine. Anche con trovate che, se prese alla lettera, risultano un po’ farraginose. Nell’ultimo dpcm, oltre all’incentivo della didattica a distanza, si stabilisce che l’orario d’ingresso non avvenga prima delle nove. Il che paradossalmente complica, benché l’intento dichiarato sarebbe di agevolarlo, lo scaglionamento: perché in molti comuni si sono già fissati più turni d’accesso, ma per evitare che per alcuni studenti la campanella suoni troppo tardi, si è inevitabilmente stabilito il primo ingresso intorno alle otto, o comunque prima delle nove. Così tutto si complica di nuovo.

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