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La barriera anti-Covid

Così si sceglie la mascherina perfetta

Lavabili, riciclabili, usa e getta, con filtro oppure soltanto cool? C'è una bella differenza

Giulia Pompili

Segnatevi questo codice: UNI EN 14683. È l'unico che vi dà la certezza di indossare una mascherina che protegge davvero. "La cosa più importante è guardare alla certificazione", spiega l'Istituto superiore di sanità. Le mascherine comprate online potrebbero essere nient'altro che un cencio sulla faccia. Attenzione anche ai filtri sostituibili

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Lo abbiamo capito finalmente: le mascherine servono. In attesa del vaccino, e oltre al disinfettante e al distanziamento, in questo nuovo mondo pandemico dobbiamo coprirci il naso e la bocca. Secondo gli esperti è possibile che in Italia l’ampio utilizzo delle mascherine, rispetto ad altri paesi europei, abbia in qualche modo rallentato la seconda ondata di diffusione del virus. E a questo punto vale la pena fare un passo in più:  quali mascherine bisogna usare? Nei primi mesi della pandemia  sul mercato è esplosa la domanda, l’Italia ha acquistato gran parte del fabbisogno dalla Cina per rifornire gli ospedali, altri paesi hanno raddoppiato la produzione  e bloccato le esportazioni. Oggi non siamo più in quel momento dell’emergenza, e sempre più aziende producono dispositivi, tutti diversi. E’ una regola base del marketing: se un prodotto entra nella vita quotidiana tanto vale puntare sulla sua unicità. Trasformarlo in un oggetto di moda un po’ fashion. Sui social network c’è un’invasione di pubblicità di protezioni colorate, da abbinare alla borsetta, di seta e di pelle, “comode come mai prima”, con i teschi le finte bocche e  le farfalline, adatte allo sport, traspiranti, richiudibili, e soprattutto lavabili.

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Lo abbiamo capito finalmente: le mascherine servono. In attesa del vaccino, e oltre al disinfettante e al distanziamento, in questo nuovo mondo pandemico dobbiamo coprirci il naso e la bocca. Secondo gli esperti è possibile che in Italia l’ampio utilizzo delle mascherine, rispetto ad altri paesi europei, abbia in qualche modo rallentato la seconda ondata di diffusione del virus. E a questo punto vale la pena fare un passo in più:  quali mascherine bisogna usare? Nei primi mesi della pandemia  sul mercato è esplosa la domanda, l’Italia ha acquistato gran parte del fabbisogno dalla Cina per rifornire gli ospedali, altri paesi hanno raddoppiato la produzione  e bloccato le esportazioni. Oggi non siamo più in quel momento dell’emergenza, e sempre più aziende producono dispositivi, tutti diversi. E’ una regola base del marketing: se un prodotto entra nella vita quotidiana tanto vale puntare sulla sua unicità. Trasformarlo in un oggetto di moda un po’ fashion. Sui social network c’è un’invasione di pubblicità di protezioni colorate, da abbinare alla borsetta, di seta e di pelle, “comode come mai prima”, con i teschi le finte bocche e  le farfalline, adatte allo sport, traspiranti, richiudibili, e soprattutto lavabili.

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E il nodo fondamentale è proprio questo: i filtri delle mascherine chirurgiche – per intenderci, quelle che usano i medici in ospedale – durano otto ore, poi vanno buttate. Sono un problema non solo per la produzione ma anche per l’inquinamento, perché non abbiamo mai affrontato una  mole di rifiuti di questo tipo.


Le mascherine si dividono in due gruppi. Le prime sono le mascherine chirurgiche (dette “mediche”); le altre sono i cosiddetti respiratori facciali (codici che abbiamo ormai imparato: ffp1, ffp2, ffp3). Sono due oggetti completamente diversi: le prime, composte da tre strati, sono nate per proteggere gli altri da noi stessi. Con l’arrivo di alcune malattie virali, compreso il Covid, si è poi capito che potevano servire a fermare anche l’ingresso di goccioline di aerosol nei nostri polmoni. Insomma: quella chirurgica serve al medico che sta operando a non infettare il paziente, ma è anche la “mascherina di comunità” per eccellenza. Le altre, i respiratori facciali, sono oggetti di protezione individuale, utili soprattutto per chi fa professioni in cui mettere uno schermo tra l’aria esterna e i propri polmoni è fondamentale (non solo per il Covid, ma, per esempio, per chi lavora nell’edilizia). Come si sceglie quindi una mascherina che protegga sé e gli altri? “La cosa più importante è guardare la certificazione”, dice al Foglio Paolo D’Ancona, ricercatore dell’Istituto superiore di sanità. “E naturalmente chiedersi quale oggetto sto cercando e per cosa mi servirà”. Se lavoro in ufficio, per esempio, basterà una mascherina chirurgica o il suo equivalente, l’importante è che sia “conforme alla norma UNI EN 14683”, dice D’Ancona.
 

Durante l’emergenza c’è stata molta confusione, avevamo bisogno di mascherine e alcune sono state messe in commercio prima di ottenere la certificazione. “C’erano delle deroghe, per esempio a un certo punto hanno girato diverse mascherine importate dalla Cina che erano apparentemente delle chirurgiche ma sulla confezione c’era scritto in italiano che non erano per uso medico. E la mascherina in sé probabilmente lo era, ma non era ancora certificata. A ingannare però c’era il timbro CE, che vuol dire China export ma sembra qualcosa inerente all’Europa. L’unica scritta che deve esserci perché sia conforme a una mascherina chirurgica è UNI EN 14683”. Quando vediamo su qualche sito la dicitura “in certificazione” vuol dire che il produttore della mascherina ha mandato tutto al ministero, ma non è detto che passi tutti i test. Questa confusione ha reso difficile la scelta consapevole del consumatore, e piuttosto facile anche il lavoro dei truffatori. Anche la mascherina di stoffa, fatta dalla sarta con la faccia di Joker stampata sopra, è utile solo se ci applichiamo il filtro. Quindi bocciate le riutilizzabili, con la tasca dei filtri, lavabili? “Anche lì, ci sono delle certificazioni per i filtri. E se sono lavabili, il produttore deve dirci quante volte lo è, prima che perda di efficacia”, dice D’Ancona. “Il governo ha investito grandi risorse economiche per garantire le mascherine agli studenti nelle scuole per dare un segnale di quanto sia importante cercare di utilizzare prodotti sicuri. C’è una difficoltà oggettiva a usare oggetti che si devono lavare, cambiare, rispetto alla comodità di un oggetto usa e getta”. Forse, presto, sarà la tecnologia a venirci in aiuto. Sempre più startup, e soprattutto italiane, in collaborazione con le università stanno ottenendo le agognate certificazioni per mascherine e filtri di ultima generazione. E’ un processo lungo, ma l’unico sicuro.

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