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Stop, cari cialtrolibertari

Carlo Alberto Carnevale Maffé

I libertari che giocano con le mascherine amano la cialtroneria, non la libertà

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Ebbene sì: sono libertario anch’io. Non un generico liberale come quegli snob sdraiati sul divano a sorseggiare cocktail mentre discutono sui prezzi di mercato delle mascherine. No: proprio un vero libertario. Di quelli che devi proprio andare a cercare, perché sono rari come i panda, come i parcheggi in Piazza San Babila prima di Natale; e semmai li trovi a camminare in un bosco, lontano dalle interazioni sociali. Siamo così isolati e burberi che non ci identificano più per nome, ma tramite un codice, tipo M49, come gli orsi in Trentino. Puoi immaginare come mi sia sentito a leggere il tuo l'editoriale sui “cialtro-libertari” che si rifiutano di rispettare le misure di prevenzione per la pandemia. Ohibò, mi sono detto: ho milioni di confratelli libertari, e non me ne sono mai accorto? Passi che gran parte di loro siano, a tuo dire, anche un po’ cialtroni, ma se almeno condividono il principio rothbardiano di non aggressione, troveremo un modus vivendi, perdiana, perfino con questo coronavirus. Eh già, perché per dirsi libertari non basta farsi i selfie inneggiando alla libertà individuale, nemmeno se sei un noto food blogger che per guadagnarsi da vivere bacia le mortadelle e abbraccia i provoloni. Per capire chi è davvero libertario, bisogna verificare i comportamenti davanti alle quattro fondamentali precauzioni da adottare volontariamente in una pandemia. E non perché lo dispone un incomprensibile dpcm notturno, bensì perché tali atteggiamenti sono la rigorosa applicazione, del tutto autodeterminata, del principio di non aggressione, ovvero dell’assioma fondativo del libertarismo: perché un libertario si astiene per primo, e quindi pretende che allo stesso modo si astengano gli altri e lo stato, da qualsiasi azione non richiesta che costituisca minaccia per la proprietà o il corpo di un individuo, a prescindere dal fatto che tale azione sia effettivamente dannosa per il soggetto. In una pandemia causata da un virus potenzialmente letale che si trasmette per via aerea e che ha un’elevata quota di asintomatici (i libertari sono malmostosi, ma prendono molto sul serio la scienza), ogni interazione fisica con altre persone comporta il rischio concreto di “aggressione”, per quanto inconsapevole e non importa se volontaria, al corpo e alla salute altrui. Fare i libertari duri e puri non è un pranzo di gala: la rigorosa autodisciplina è il prezzo da pagare per pretendere che lo Stato rispetti la tua libertà, e con esso anche i dirigisti impiccioni, e i soloni stracciapalle, con i loro paternalistici appelli all’etica pubblica.

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Ebbene sì: sono libertario anch’io. Non un generico liberale come quegli snob sdraiati sul divano a sorseggiare cocktail mentre discutono sui prezzi di mercato delle mascherine. No: proprio un vero libertario. Di quelli che devi proprio andare a cercare, perché sono rari come i panda, come i parcheggi in Piazza San Babila prima di Natale; e semmai li trovi a camminare in un bosco, lontano dalle interazioni sociali. Siamo così isolati e burberi che non ci identificano più per nome, ma tramite un codice, tipo M49, come gli orsi in Trentino. Puoi immaginare come mi sia sentito a leggere il tuo l'editoriale sui “cialtro-libertari” che si rifiutano di rispettare le misure di prevenzione per la pandemia. Ohibò, mi sono detto: ho milioni di confratelli libertari, e non me ne sono mai accorto? Passi che gran parte di loro siano, a tuo dire, anche un po’ cialtroni, ma se almeno condividono il principio rothbardiano di non aggressione, troveremo un modus vivendi, perdiana, perfino con questo coronavirus. Eh già, perché per dirsi libertari non basta farsi i selfie inneggiando alla libertà individuale, nemmeno se sei un noto food blogger che per guadagnarsi da vivere bacia le mortadelle e abbraccia i provoloni. Per capire chi è davvero libertario, bisogna verificare i comportamenti davanti alle quattro fondamentali precauzioni da adottare volontariamente in una pandemia. E non perché lo dispone un incomprensibile dpcm notturno, bensì perché tali atteggiamenti sono la rigorosa applicazione, del tutto autodeterminata, del principio di non aggressione, ovvero dell’assioma fondativo del libertarismo: perché un libertario si astiene per primo, e quindi pretende che allo stesso modo si astengano gli altri e lo stato, da qualsiasi azione non richiesta che costituisca minaccia per la proprietà o il corpo di un individuo, a prescindere dal fatto che tale azione sia effettivamente dannosa per il soggetto. In una pandemia causata da un virus potenzialmente letale che si trasmette per via aerea e che ha un’elevata quota di asintomatici (i libertari sono malmostosi, ma prendono molto sul serio la scienza), ogni interazione fisica con altre persone comporta il rischio concreto di “aggressione”, per quanto inconsapevole e non importa se volontaria, al corpo e alla salute altrui. Fare i libertari duri e puri non è un pranzo di gala: la rigorosa autodisciplina è il prezzo da pagare per pretendere che lo Stato rispetti la tua libertà, e con esso anche i dirigisti impiccioni, e i soloni stracciapalle, con i loro paternalistici appelli all’etica pubblica.

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Quindi esaminiamo, caro direttore, le quattro precauzioni volontarie fondamentali in omaggio al principio di non aggressione (prima e indipendentemente dall’occasionale, paternalistico dpcm notturno), e vediamo se davvero ci sono in giro tutti questi libertari, per quanto magari un po’ cialtroni: 1) lavarsi le mani; 2) mantenere le distanze; 3) indossare una mascherina in prossimità di terzi; 4) interrompere le catene di contagio.

    


Per dirsi libertari non basta farsi i selfie inneggiando alla libertà individuale mentre abbracci i provoloni. Servono fatti e idee


      

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Sui primi due punti non dovrebbero esserci particolari problemi di verifica empirica: chi non si lava le mani, prima ancora di essere o non essere libertario, è semplicemente uno zozzone. E certo sarebbe sorprendente che i libertari non vogliano mantenere adeguate distanze tra sé e gli altri, asociali e scontrosi come sono. Quindi possiamo escludere i primi due comportamenti come elemento discriminante: i libertari sono naturalmente orsi, e perfino maniaci dell’igiene.

    

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Indossare una mascherina, inoltre, non è molto diverso da mettersi un giubbotto antiproiettile (i libertari sono tenaci fautori del diritto all’autodifesa) o, più prosaicamente, un normale paio di mutande. Queste ultime, in particolare, oltre a proteggere le pudenda, sono un disincentivo a fare minzione in pubblico, magari sui piedi degli altri. Il principio di non aggressione include necessariamente le emissioni per vie urinarie, e non si vede perché non debba essere applicato alle vie aeree. I libertari sono da sempre in prima linea nella sacrosanta lotta all’alito cattivo. Quindi possiamo considerare ampiamente sdoganate le mascherine.

    

Chiarito che ogni vero libertario deve spontaneamente adottare le prime tre precauzioni senza bisogno di alcun obbligo di legge, rimane da appurare se tale criterio valga anche per collaborare ai meccanismi di interruzione delle catene di contagio, partecipando ai processi “3T” (testare, tracciare, trattare) tipici delle prassi di public health in casi di pandemia. Ciò implica, tra l’altro, effettuare test diagnostici, informare le autorità sanitarie sui potenziali contatti di contagio attivo e/o passivo, sottoporsi a quarantena in caso di rischio, nonché di infezione conclamata. Per raccomandazione europea, tali prassi includono l’adesione agli standard di contact tracing digitale definiti a livello continentale, che in Italia sono implementati nella app “Immuni”, gestita dai Ministeri della Salute e dell’Innovazione.

       


Giocare con le maschere (e con Immuni) significa rifiutarsi di aderire volontariamente al principio di non aggressione virale


    

Come forse ricorderai, caro direttore, tale utilizzo delle tecnologie digitali a livello nazionale ed europeo è stato fortemente promosso del sottoscritto, fin dalle prime avvisaglie di contagio rilevate all’inizio di febbraio, dapprima nella sostanziale indifferenza delle autorità, e poi nel ruolo di membro della task force ministeriale. E’ infatti un principio quintessenzialmente libertario che ciascun individuo, grazie alla volontaria collaborazione dei propri simili e non necessariamente per disposizione dello Stato, contribuisca all’interruzione delle catene di contagio con tutti i mezzi, incluso il proprio smartphone, essa stessa meravigliosa macchina decentrata, autonoma e perfino libertaria. Anche in questo caso, non è necessario scomodare il paternalismo statalista e nemmeno l’etica pubblica: basta applicare rigorosamente il principio di non aggressione. L’intenzione originaria era basata sull’analisi dei casi di Sud Corea e Taiwan, dove grazie al grande senso di responsabilità della maggioranza dei cittadini e all’uso intelligente delle tecnologie digitali non era mai stato necessario applicare un lockdown nazionale, e dove gli impatti sanitari ed economici della pandemia sono stati una minima frazione di quelli avuti in Italia. Già, perché per un sincero libertario il lockdown generale è l’extrema ratio, la sciagura assoluta, l’intrusione totale dello Stato nelle libertà essenziali dell’individuo. Quindi sollecitare l’adozione di un modello volontario, distribuito e collaborativo di contact tracing – proprio grazie alle tecnologie digitali – era ed è tuttora l’alternativa libertaria al Leviatano Sanitario che comprime i diritti individuali alla mobilità e all’iniziativa economica con i suoi decreti da coprifuoco.

   

     

   

Quindi, caro direttore, comprenderai il mio stupore quando hai definito “cialtro-libertari” coloro che, in ciò perfettamente allineati ai perniciosi argomenti dei no-vax, si rifiutano di aderire volontariamente al principio di non aggressione virale. E quindi non rispettano il distanziamento fisico, non indossano le mascherine in contesti affollati e/o non installano Immuni. Ebbene no: costoro non hanno nulla a che fare con i principi libertari. Devo quindi chiederti il favore di una quanto mai necessaria rettifica: elidere il suffisso del tuo peraltro sagace neologismo, e lasciare solo la radice essenziale che connota il loro comportamento: “cialtroni”.

     

PS – Ci sono anche quelli che non installano Immuni perché pretendono che lo Stato (rectius, la propria Regione) garantisca loro un tampone entro 24 ore dalla notifica. Costoro sono tutt’al più “cialtro-socialisti”, visto che il loro argomento regge solo nell’ipotesi di risorse infinite dello Stato-mamma, che deve soccorrerli nei tempi e nei modi definiti ex ante, a loro capriccio. Sia chiaro che tale risposta delle autorità pubbliche è perfettamente auspicabile e logisticamente tutt’altro che impossibile (proprio grazie alle tecnologie digitali), ma è al più un interesse legittimo, non certo un diritto assoluto e preliminare.

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