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Vaccini anti cretinismo? W il modello Vasco

Claudio Cerasa

Le invettive di V. Rossi contro i negazionisti. La prudenza suggerita da Fedez. La rivolta pro mascherina sul vaporetto. L’ottimismo per il vaccino allo Spallanzani. Appunti da un’Italia in lotta contro la rischiosa ondata di ritorno del cialtronismo

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Nella nuova fase in cui si appresta rapidamente a entrare l’Italia, la fase 3, ovvero la convivenza con l’ondata di ritorno del coronavirus, esistono due forme di cretinismo collettivo che vale la pena smascherare per tempo, prima che possano produrre ulteriori danni. La prima forma è rappresentata da chi nega che vi sia ancora un problema legato al coronavirus, da chi sostiene che i governi creino allarmismo sul tema solo per restare incollati alle proprie poltrone e da chi in buona sostanza si sente ben rappresentato, oltre che dalle tesi di Matteo Salvini, anche da teorie come quelle esplicate da Massimo Boldi, secondo cui “i potenti della terra vogliono terrorizzare il mondo ancor di più” per tappare la bocca delle persone “con mascherine da Pecos Bill”.

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Nella nuova fase in cui si appresta rapidamente a entrare l’Italia, la fase 3, ovvero la convivenza con l’ondata di ritorno del coronavirus, esistono due forme di cretinismo collettivo che vale la pena smascherare per tempo, prima che possano produrre ulteriori danni. La prima forma è rappresentata da chi nega che vi sia ancora un problema legato al coronavirus, da chi sostiene che i governi creino allarmismo sul tema solo per restare incollati alle proprie poltrone e da chi in buona sostanza si sente ben rappresentato, oltre che dalle tesi di Matteo Salvini, anche da teorie come quelle esplicate da Massimo Boldi, secondo cui “i potenti della terra vogliono terrorizzare il mondo ancor di più” per tappare la bocca delle persone “con mascherine da Pecos Bill”.

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La seconda forma di cretinismo collettivo è rappresentata invece da chi, preparandosi a usare magari l’ondata di ritorno del virus come un’occasione per fare campagna elettorale contro il nemico di turno, tenta di sfruttare i numeri in crescita dei contagiati per spargere in giro un po’ di panico (è colpa dei migranti!) sparando cifre a caso (secondo il Consiglio superiore di sanità, i contagi importati da italiani tornati dalle vacanze sono tra il 25 e il 40 per cento, mentre i contagi importati dai migranti che fuggono sono tra il 3 e il 5 per cento) senza capire però che i problemi di oggi sono diversi rispetto a quelli che vi erano alcuni mesi fa. La prima forma di cretinismo collettivo è stata smontata in modo mirabile due giorni fa da Vasco Rossi, che attraverso una serie di magnifiche story su Instagram ha utilizzato la propria popolarità per veicolare un messaggio che più chiaro non si può: cari amici negazionisti, cari amici che continuate a giocare con il virus, cari amici che continuate a sostenere che il Covid sia solo un’antipatica influenza, cari politici che invitate a non usare la mascherina, per favore, di grazia, andatevene rapidamente a quel paese. “Fottetevi da soli, fottetevi voi, negazionisti e terrapiattisti del cazzo”.

 

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Lo stesso ha fatto, in una certa misura, anche un altro cantante, ovvero Fedez, che dopo aver trascorso l’estate con la famiglia in Sardegna ha scelto di farsi un tampone, prima di tornare a casa e ha indirettamente invitato i suoi follower a usare la testa e a evitare di comportarsi come se l’emergenza fosse finita: “Personalmente – ha detto Fedez – quest’estate abbiamo evitato di frequentare discoteche e luoghi troppo affollati, ho rifiutato diverse serate in cui mi hanno proposto di cantare per un mio personale scrupolo”. In Italia, la lotta contro la prima forma di cretinismo collettivo è una forma di lotta persino più diffusa rispetto a quel che si potrebbe pensare (chiedere per credere al turista che a Venezia è stato preso a calci dal passeggero di un vaporetto, dopo essersi rifiutato di indossare la mascherina) ma è una lotta che va contestualizzata con intelligenza nel nuovo scenario nel quale si trova l’Italia, in cui l’emergenza Covid resta un’emergenza diversa rispetto a quella di alcuni mesi fa.

 

L’ultimo rapporto settimanale dell’Istituto superiore di sanità (Iss), riferito alla settimana tra il 10 e il 16 agosto, dice che “l’Italia si trova in una fase epidemiologica di transizione con tendenza a un progressivo peggioramento”. Ma la verità è che tra i dati offerti ogni giorno dal bollettino sanitario accanto ad alcune notizie che preoccupano ce ne sono anche altri che incoraggiano e che ci ricordano che i numeri di oggi indicano uno scenario non paragonabile a quello osservato sei mesi fa. A metà maggio, il 16 in particolare, nel giorno del numero più basso di morti dall’inizio del lockdown, i decessi quotidiani erano pari a 153 (quel giorno ci furono 875 contagiati), mentre ieri (953 contagiati) i decessi sono stati 4 (e negli ultimi trenta giorni in totale i decessi sono stati 142). In quegli stessi giorni, poi, le persone ricoverate in terapia intensiva erano 775 (ieri erano 65, quattro in meno del giorno prima), i ricoveri ordinari erano 10.400 (ieri 1.045, con un incremento di 75 ricoveri rispetto al giorno precedente) e le persone in isolamento erano 59.012 (ieri il numero complessivo era di 18.085). Il tutto, grazie al cielo, in un contesto sanitario diverso, con l’Italia passata dai 5.179 posti in terapia intensiva prima del lockdown ai quasi 10 mila di oggi.

 

Tutto questo ovviamente non significa che il virus abbia smesso di circolare e non significa che abbassare la guardia sia giustificato. Ma significa riconoscere che in Italia ci sono almeno due cretinismi che meritano di essere combattuti con intelligenza: il cretinismo di chi finge che il problema non esista e il cretinismo di chi finge che i problemi siano destinati a tornare come prima. Due cretinismi che spesso si accompagnano anche ad altre forme di cretinismo: quello di chi tifa affinché l’Italia non faccia tutto ciò che è necessario fare per rafforzare ancora di più il suo sistema sanitario (dateci il Mes!) e quello di chi ogni giorno trova un buon motivo per non essere orgoglioso dello sforzo fatto dal nostro paese per contenere la pandemia e che avrebbe qualcosa da imparare da quella fantastica volontaria di cinquant’anni che ieri allo Spallanzani di Roma, poco prima di sottoporsi al primo test di vaccino italiano contro il Coronavirus, ha inviato un messaggio niente male: “Credo nella scienza italiana. Spero che questo mio gesto serva e spero che le persone siano più responsabili”. Il cretino collettivo, in fondo, si può sfidare anche così.

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