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Nella stanza dei bottoni anti-Covid, tutti gli uomini di Speranza

Marianna Rizzini

L’Italia viene lodata dal NYT e dal Guardian per la gestione emergenza. Chi c’era dietro le quinte, tra ministero e Cts. Ecco la squadra

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Per una volta non Cenerentola, l’Italia in questi giorni viene dipinta come la prima della classe sulla stampa internazionale. Ha cominciato il New York Times, una settimana fa: “Gli americani possono solo invidiare il successo dell’Italia nel combattere l’epidemia…Spesso ci si riferisce all’Italia come al malato d’Europa, ma noi che cosa siamo? Perché l’America di Trump non può essere come l’Italia?”.

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Per una volta non Cenerentola, l’Italia in questi giorni viene dipinta come la prima della classe sulla stampa internazionale. Ha cominciato il New York Times, una settimana fa: “Gli americani possono solo invidiare il successo dell’Italia nel combattere l’epidemia…Spesso ci si riferisce all’Italia come al malato d’Europa, ma noi che cosa siamo? Perché l’America di Trump non può essere come l’Italia?”.

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Poi è arrivato il Guardian, due giorni fa: “L’Italia è stata la prima nazione a essere inghiottita dal Coronavirus ma il paese, almeno finora, è riuscito a evitare una ripresa delle infezioni”. Nell’articolo era intervistato il medico e docente universitario Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza: “Non abbiamo riaperto le scuole”, diceva Ricciardi al Guardian, “come hanno fatto in Francia. Siamo stati attenti a monitorare i contatti e a mantenere una buona catena di comando. In tal modo abbiamo limitato l’esplosione di cluster”.

 

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Come si sia arrivati qui, con l’Italia tenuta a modello di gestione e contenimento-virus, dopo l’inizio tragico, si sa: tutti hanno sperimentato sulla propria pelle le misure (anche impopolari) del lockdown duro e dell’allentamento graduale. I problemi collaterali, a livello economico, sono ancora sulla scena. Ma la sensazione, paragonandosi con l’estero, è quella di non aver brancolato nel buio, a parte le prime settimane in cui il virus appariva come un nemico rapido e inconoscibile.

 

Ma chi c’era, materialmente, nella stanza dei bottoni anti-virus, accanto a Speranza, nei momenti più difficili di marzo e aprile, via via che la situazione si faceva meno drammatica, fino a oggi, quando ancora si deve vigilare sull’eventuale seconda ondata? Guardando a ritroso ai mesi trascorsi, il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa, che durante l’emergenza ha fatto da trait d’union tra ministero e Comitato tecnico scientifico, esprime “affetto e stima per un ministro che ha avuto un comportamento esemplare”. “Per me”, dice, “questa è stata un’esperienza straordinaria dal punto di vista umano e professionale. Ero arrivata da poco al governo, ci siamo trovati in una situazione inimmaginabile. Ma ci sono state persone che hanno mostrato di avere risorse incredibili. A loro sono grata”.

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Ma da chi era composta la squadra anti-virus del ministro Speranza? Ci sono stati giorni, raccontano gli insider, in cui, a inizio marzo, si aveva la sensazione di essere soli, dopo l’inizio del lockdown, e con molti dipendenti in smartworking. Ma nei corridoi vicini allo studio del ministro si aggiravano Tiziana Coccoluto, vice del capo di Gabinetto Goffredo Zaccardi, già magistrata e vicecapo di Gabinetto al ministero dei Beni Culturali; Federica Zaino, anche detta “la sentinella”, caposaldo della segreteria di Speranza, e il capo della Segreteria Massimo Paolucci, già deputato pd nella scorsa legislatura, eletto al Parlamento europeo per il Pd nel 2014 e passato ad Articolo 1-Mdp dopo la scissione (durante l’emergenza, Paolucci faceva la spola con la Protezione civile).

 

A gestire la comunicazione pazzotica dei primi momenti (vedi anche fake news) restavano il capo ufficio stampa del ministero Cesare Buquicchio, il portavoce del ministro Nicola Del Duce e il consigliere per la comunicazione Andrea Natella.

 

L’emergenza stessa trasformava poi in uomo da prima linea Achille Iachino, direttore generale dei dispositivi medici anche in tempo di pace, figuriamoci in un momento in cui dispositivo significava “mascherine”. In parallelo con Iachino, in altro ruolo, hanno lavorato Andrea Urbani, direttore generale della programmazione sanitaria, Francesco Paolo Maraglino, direttore dell’ufficio profilassi internazionale del ministero (con Urbani, nei mesi più duri, quasi “prestato” alla Protezione civile), e il capo del Legislativo Luca Monteferrante, magistrato, con la vice Giovanna Romeo, presentissima sui dossier di gestione Covid.

 

Man mano che quello che era parso un brutto sogno – l’epidemia in casa – diventava purtroppo realtà, la scena ministeriale, oltre che della consulenza di Ricciardi, si arricchiva del Comitato tecnico scientifico, dove ogni giorno venivano consultati Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani, e Franco Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità, onco-ematologo e primario esperto di terapie cellulari all’ospedale Bambino Gesù di Roma, uno dei volti più conosciuti del periodo di lockdown, anche imitato da Maurizio Crozza.

 

 

Locatelli è l’uomo gentile e dall’eloquio forbito che compariva ogni giorno in tv accanto ad Angelo Borrelli, durante la conferenza della Protezione civile delle 18, spesso riconoscibile dal suo intercalare “permettetemi di dire”, se non per la frase ormai celeberrima: “Non volevo scotomizzare la domanda”.

 

Sempre durante le consultazioni quotidiane con il ministero, e nelle parallele interlocuzioni con il commissario straordinario Domenico Arcuri, al Cts si ascoltavano come fossero aruspici Nicola Magrini, direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco, e Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, ordinario di Igiene e Medicina preventiva, colui che, nei primi giorni di emergenza, rispondeva in tv alle domande sulla peste del 2020.

 

Sul tema fondamentale dei respiratori, poi, tra ministero e Cts raccontano della “rapidità supersonica” con cui Massimo Antonelli, già direttore del dipartimento Rianimazione del Policlinico Gemelli, doveva decidere sul reperimento dei respiratori in angoli del mondo remoti e, dice un insider, “con istruzioni in lingue sconosciute”. Sul controverso tema degli anziani, argomento su cui sono stati raggiunti picchi polemici impensati (del tipo “in casa fino al prossimo Natale”), la gestione è stata concentrata nelle mani del professor Roberto Bernabei, direttore della scuola di Specializzazione in Geriatria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

 

 

Completavano il quadro d’attacco al virus Ranieri Guerra, già vicedirettore Oms, l’infettivologo Giovanni Rezza, nuovo direttore generale della Prevenzione del ministero stesso, con esperienza lungo vari fronti del passato, dall’Hiv/Aids, all’influenza H1N1 alla Chikungunya, Luca Richeldi, presidente della società italiana di Pneumologia, Claudio D’Amario, direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero, e Alberto Villani, presidente della società italiana di Pediatria che, nei momenti di chiusura totale, aveva da un lato combattuto per far sì che i minori “avessero luoghi e spazi dove poter stare in piena sicurezza” all’aperto, ma anche sottolineato (in maggio) quanto “riaprire le scuole” fosse “avventuroso e imprudente”. Oggi è in prima linea il coordinatore del Cts Agostino Miozzo, cui in questi giorni spesso tocca il compito di parlare con i media sul tema del “come” aprire le scuole”. E questa è tutta un’altra storia.

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