Dire che il Covid è come la Spagnola è ampiamente esagerato

Enrico Cicchetti

Il paragone di Ranieri Guerra (Oms) e l'allarmismo dei giornali. “Due virus diversi, è come confrontare mele e pere”, dice Giovanni Maga (Cnr). Per Giuseppe Remuzzi (Ist. Mario Negri) bisogna mantenere la calma e guardare il quadro completo 

Il “virus debole” o il “virus forte”? Il Covid-19 “clinicamente scomparso” oppure scomparso e basta o invece ancora lì, in agguato? Gli asintomatici contagiano oppure no? Sembra sia nato un nuovo genere letterario sui quotidiani italiani: la polemica (montata) tra virologi. E oggi l'ultimo tassello. Un nuovo scenario apocalittico con le parole di Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell'Oms per le Iniziative strategiche, che ad Agorà ha detto che la pandemia di coronavirus “si sta comportando come avevamo ipotizzato” e “il paragone è con Spagnola che si comportò esattamente come il Covid: andò giù in estate e riprese ferocemente a settembre e ottobre, facendo 50 milioni di morti durante la seconda ondata”. Un paragone che ha fatto scattare i riflessi pavloviani dei titolisti italiani: “L'Oms teme un caso Spagnola”, “'Profezia' da incubo sul Covid: 'È come la Spagnola...'”, “Oms: 'Covid come la Spagnola. Riprese ferocemente a settembre'”, eccetera. 
   

   

Quello di attribuire a un'intera organizzazione (l'Oms) la frase espressa da un suo rappresentante (Guerra), per altro in un contesto non ufficiale come un talk del mattino, è uno sproposito dell'informazione nostrana. Ed è chiaro che “la confusione che il pubblico vede esserci tra i membri della comunità scientifica sul virus dipende in parte dal metodo di comunicazione. Come spesso accade il modo di riportare certe notizie ne offusca il reale significato”, dice al Foglio Giovanni Maga, direttore dell'Istituto di Genetica molecolare del Cnr.

   

   

Insomma per Maga “la ricerca del parere dell'esperto a qualunque costo, il titolo a effetto e il sensazionalismo sono una parte del problema, anche se non l'unica. Il mondo scientifico è composto da tanti esperti con competenze diverse, molti dei quali stanno analizzando la pandemia da prospettive diverse. Non tutti hanno una visione complessiva. Come se non bastasse, a complicare la questione c'è il fatto che ci troviamo di fronte a un agente infettivo nuovo. Lo stiamo imparando a conoscere adesso, strada facendo, e le conoscenze di oggi potrebbero essere smentite domani”.

Questo non significa, ricorda Maga, che le risposte che la scienza ci ha fornito sin qui siano false. Significa, invece, che “siccome ci troviamo di fronte a un evento inedito”, dice il direttore dell'Igm, “ciò che possiamo fare è descrivere l'esistente, basandoci sui dati. Al limite possiamo provare a fare confronti con situazioni simili, ma dev'essere chiaro che si tratta di scenari ipotetici. Ipotesi più o meno valide, dalle quale a volte i mass media estraggono frasi a effetto”.

 

Nel caso del Sars-Cov-2, il virus che causa la malattia Covid-19, “poiché si tratta di un virus respiratorio – come l'influenza, il virus polmonare sinciziale (la principale causa di bronchiolite e di polmonite nei bambini piccoli, ndr) o gli altri coronavirus umani – possiamo supporre che abbia un andamento stagionale”, aggiunge Maga. E i dati di questo periodo sembrano dargli ragione: ora ci troviamo in un momento “fortunato”, di calo dei contagi e della carica virale. Che poi è quello che, in fondo, dice anche Guerra: il virus non è sostanzialmente mutato (lo confermano tutte le ricerche più affidabili) né è scomparso ma segue un andamento prevedibile. “Sono quasi certo anche io”, continua Maga “che non scomparirà e molto probabilmente si ripresenterà nella stagione fredda, questo sì. Ma non possiamo fare un paragone con la Spagnola, che era un virus completamente diverso, con un altro potenziale di diffusione: è come confrontare le mele con le pere” (qui una spiegazione chiara dell'Oms). Il resto è allarmismo: “Fare ipotesi sulle conseguenze che avrà un eventuale ritorno del nuovo coronavirus è difficile e dire che sarà più feroce è poco probabile. I dati indicano che una seconda ondata probabilmente sarà meno forte o uguale all'epidemia dello scorso inverno”.

   

La vede così anche il professor Giuseppe Remuzzidirettore dell'Istituto Mario Negri di Bergamo. “Non vedo contraddizioni tra le posizioni della comunità scientifica. Anche quelle più critiche vanno messe nella giusta prospettiva. Le contraddizioni sono apparenti, le vede chi guarda il quadro da lontano, mentre chi ha la fortuna di osservarne tutti i frammenti da vicino nota come in fondo combacino”. Come già aveva detto al Foglio, “un'epidemia di questa portata è un fenomeno estremamente complesso. Se guardiamo solo un pezzo del puzzle ci sfugge il quadro completo”. Ed è del resto la linea già espressa ieri sul Foglio anche da Dario Manfellotto, direttore del dipartimento di Medicina Interna del Fatebenefratelli – Isola Tiberina di Roma e presidente della Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi), che invita alla calma. “Non scambiamo il dibattito tecnico e scientifico per uno scontro tra tifoserie opposte: non esiste una virologia di destra e una di sinistra, tra i medici non c'è un partito dell'apertura e uno della chiusura. Dobbiamo essere cauti e fare prevalere i dati”.