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Perché servono medici specialisti, formati bene, e non spot per l’università

David Allegranti

Palermo (Anaao-Assomed): “La laurea abilitante non immette niente negli ospedali, al massimo produce dottori che possono fare lavoretti di basso profilo o precari”. Il problema dell’imbuto formativo

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Roma. Il nuovo decreto del governo rende il conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia, “da questo momento in poi, immediatamente abilitante per l’esercizio della professione di medico-chirurgo”, ha annunciato trionfante lunedì il ministro dell’Università Gaetano Manfredi. Il problema principale però è il cosiddetto imbuto formativo. Ma andiamo con ordine.

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Roma. Il nuovo decreto del governo rende il conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia, “da questo momento in poi, immediatamente abilitante per l’esercizio della professione di medico-chirurgo”, ha annunciato trionfante lunedì il ministro dell’Università Gaetano Manfredi. Il problema principale però è il cosiddetto imbuto formativo. Ma andiamo con ordine.

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Per diventare medici, finora, il percorso era il seguente: laurea in medicina e chirurgia (sei anni), test di abilitazione, concorso per accedere ai contratti di formazione per medici specializzandi (durata variabile a seconda della specializzazione). Il governo ha eliminato il test di abilitazione, considerato da qualsiasi medico una mera formalità in confronto ad altre prove (come il concorso per la specializzazione, quello sì complesso), ma il vero problema sono le risorse per gli specializzandi: già adesso ci sono 8 mila medici non specializzati che non riescono ad accedere al percorso dopo la laurea, senza il quale non c’è possibilità di essere assunti in un ospedale o comunque di poter esercitare a pieno regime la professione medica.

 

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“Le posizioni del ministro Gaetano Manfredi sono naïf, a voler essere gentili”, dice al Foglio Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao-Assomed, l’associazione dei medici dirigenti. “La laurea abilitante non immette niente negli ospedali, al massimo produce medici che possono fare lavoretti di basso profilo o precari. L’idea del ministro di sostituire nei territori i medici di medicina generale con i neo-laureati è strampalata. Si immagina lei se un medico che ha 1.500 pazienti ed è il punto di riferimento di una comunità venisse sostituito da un giorno all’altro da un neo laureato che non conosce la loro storia clinica e che non sa neanche dove mettere le mani nelle pratiche burocratiche? Si immagina poi se questi medici di medicina generale venissero sbattuti adesso al pronto soccorso?”.

 

 

 

Sempre di recente, il ministro Manfredi ha proposto di incrementare gli ingressi al corso di laurea in Medicina e Chirurgia portandoli a 15 mila l’anno. Secondo i calcoli di Palermo, se l’iscrizione dovesse concretizzarsi nell’anno accademico 2020/2021 questi giovani medici sarebbero pronti per entrare nel mondo del lavoro nel 2031/2032. Tenuto conto di un tasso di abbandono intorno all’11 per cento, raggiungeranno il traguardo circa 13.500-14 mila studenti. “Si può prospettare che circa 1500-2000 di loro seguano il corso di formazione per la Medicina Generale e 12.000-12.500 acquisiscano il titolo di specialista”, ha scritto Palermo in un articolo pubblicato da Salute Internazionale, “ovviamente solo se sarà disponibile un numero adeguato di contratti per superare l’attuale ‘imbuto formativo’, altrimenti molti andranno ad aggiungersi agli attuali 8.000 colleghi che non riescono accedere ad un percorso post lauream indispensabile per entrare nel mondo del lavoro se non si vuole rimanere in un limbo fatto da sottoccupazione e precarietà”.

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C’è un problema di demografia ospedaliera da tenere in considerazione quando si adottano provvedimenti anche in situazioni di emergenza. Ogni anno la curva di medici ospedalieri in uscita è molto alta: circa 6-7 mila medici vanno in pensione o comunque escono dagli ospedali. Per il 2031-2032 la curva sarà dimezzata e ne usciranno 2-3 mila, calcola Palermo, ma in ogni caso il fabbisogno non sarà soddisfatto. “Questi futuri medici, ognuno dei quali costa 250 mila euro all’erario, se ne andranno già formati in altri paesi, dalla Germania all’Inghilterra, che saranno felici di accoglierli”. Insomma, osserva Palermo, la questione non è aumentare gli ingressi a Medicina ma impiegare meglio le risorse. “Non ha senso sfornare laureati in medicina oltre la nostra capacità formativa complessiva, per questo le risorse andrebbero impiegate sui contratti di formazione specialistica. La questione è che con l’incremento degli studenti si allarga il patrimonio dei professori universitari. Sempre con soldi pubblici, naturalmente. Per questo a qualcuno fanno comodo i soldi degli studenti, perché arrivano subito”.

Per avere medici specialisti ci vogliono invece almeno cinque anni, ma se non investiamo su quelli sarà inutile affacciarsi ai balconi per farsi coraggio.

 

  

Andamento dall’anno accademico 2007/08 al 2024/25 dei contratti di formazione specialistica (linea blu), dei contratti di formazione in Medicina Generale (linea rossa), degli accessi a Medicina e Chirurgia (linea verde)
e dei laureati per anno accademico (linea viola).

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