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Roma Capoccia

Morto un cantiere, se ne fa un altro. E i taxi già spariti ri-spariscono a Termini

Marianna Rizzini

L'abituale caos che circonda la stazione dei treni della Capitale è destinato a peggiorare mentre incombe il Giubileo 2025. Il sogno di Expo 2030 continua ad allontanarsi in favore di Riad

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“Cantiere a Termini, già spariti i taxi”. Il titolo allarma non poco il lettore (del Corriere, nello specifico) che si sia trovato soltanto un giorno prima davanti al solito deserto fuori dalla stazione: i taxi non c’erano già, spariti da dove, dunque? Si apprende allora, con sgomento, che l’abituale caos nulla è rispetto alle future odissee, ché i taxi dovranno, causa lavori sul piazzale, fare il classico giro di Peppe attorno all’edificio, mentre i bus al capolinea, che quantomeno si stagliavano come miraggio al trentesimo minuto di attesa inutile del taxi, cambieranno posizione, mettendosi al posto del taxi che fa il giro di Peppe. E non basta: una volta usciti dall’inferno Termini, verso piazza Venezia, non si potrà più respirare come si faceva finora (relativamente, visto il traffico), ché altri lavori, quelli per la metro C, da sabato produrranno un altro giro di Peppe, cioè un cambio di viabilità, e si presume un altro deserto nei posteggi limitrofi di taxi. Ma guai a criticare i tassisti: per loro la colpa è sempre altrui. Dice al Corriere il segretario dell’Unione Radiotaxi italiana Loreno Bittarelli: “Dico sì a 300 nuove licenze, ma non è ragionevole immettere 1500 nuovi taxi tutti insieme”.

 

Motivo: con 1500 macchine in più si bloccherebbe tutto, visto che già con 100 taxi in sciopero si blocca Roma. Assurdo per assurdo, se nonostante tutto un ipotetico turista o cittadino ce la fa, e in qualche modo arriva a Trastevere, si trova davanti a quello che è stato chiamato “Far West della malamovida”: orde di barbari che di notte scorrazzano indisturbati e, se disturbati dai cittadini che si affacciano a protestare, sfondano i portoni per andare a minacciare direttamente i condomini su per le scale. In tutto questo la domanda è: come si pensa di arrivare al Giubileo del 2025? Si fatica a intravedere, al momento, infatti, una qualche uscita dal tunnel. Sempre che non ci si rifugi nel sogno: l’Expo del 2030. Roma ancora spera di prevalere su Riad, anche se gli analisti geopolitici, con il nuovo scenario di guerra in Medio Oriente, hanno buttato secchi d’acqua gelata sul sindaco Roberto Gualtieri che a Parigi ha perorato la causa di una Capitale che incarna i valori cari al Bureau International des Expositions. I pompieri insomma dicono: “Non assegnare ora l’Expo a Riad potrebbe allontanare l’Arabia Saudita dal processo di avvicinamento a Israele”. Nell’incertezza dell’esito, si torna alla realtà: c’è pur sempre ancora un quartiere aperto nei pressi di Castel Sant’Angelo.

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