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Roma Capoccia

Uomo, spirito e tecnologia. Giuli inaugura gli incontri del Maxxi

Andrea Venanzoni

Inizia "Σύστημα– stare insieme”. Si esordisce il 29 marzo con Luciano Violante, poi il 12 e il 18 aprile. Tre appuntamenti sull'interconnessione di saperi e sensibilità

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L’evoluzione digitale, nel suo magmatico incedere di lava e silicio, assume sempre più la fisionomia di uno di quei passaggi-soglia dello scorrere mutevole del tempo che Ernst Jünger ha magistralmente affrescato in “Al muro del tempo”.

 

Cambiano i paradigmi, la consistenza ontologica e antropologica dell’essere, a contatto con la azzurrognola, porosa datità dello strumento tecnologicamente avanzato; e come in ogni ciclico volgere di marea, è sempre necessaria una serrata riflessione su quanto e come il mutare possa indirizzare verso un orizzonte positivo o, al contrario, per citare Paul Virilio, verso un orizzonte negativo.

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Utilissimo e prezioso pertanto appare “Σύστημα– stare insieme”, ciclo di incontri al Maxxi, organizzato dal presidente Alessandro Giuli in collaborazione con Fondazione Leonardo – Civiltà delle Macchine e con Cassa Depositi e Prestiti.

 

Tre appuntamenti. 

 

Già nel nomen scelto, si opera una presa di posizione per spezzare quel rigoglio di solitudini primordiali propiziate, sovente, da un digitale solo subìto e non razionalizzato. 

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Lo stare assieme, in connessione, che dovrebbe essere proprium dell’alta tecnologia, viene elaborato nella forma connettiva della poesia, della medicina, della geopolitica, della letteratura, del lavoro, dell’arte.

 

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Perché davvero, in caso contrario, in assenza di questa operosa, nobile, intima interconnessione di saperi e sensibilità, ci si dovrebbe volgere grati al vecchio Emil Cioran, e a Paul Feyerabend, che rilevavano a certe condizioni la supremazia del caos sul sistema, inteso questo ultimo come monolite di grigiore e di plastica solitudine. I tre incontri sintetizzano le grandi linee di faglia del tempo contingente, innervato dai raggi del digitale.

 

L'esordio il 29 marzo, quando Luciano Violante, presidente della Fondazione Leonardo – Civiltà delle Macchine, e Alessandro Aresu, consigliere scientifico di Limes, introdotti dal padrone di casa Alessandro Giuli, si sono confrontati sulla geopolitica dell’innovazione. Stati-civiltà come connessione tra spirito profondo di un popolo-nazione, per scomodare il già abbondantemente in questi giorni scomodato Ernest Renan, e l’evoluzione tecnologica come spinta propulsiva al divellere le limitazioni culturali, fisiche, geopolitiche, economiche o, al contrario, come tentazione per nuove dinamiche di scontro. La stessa globalizzazione, nelle sue liquide fasi si atteggia come sistema di reti e di interazioni, a volte caotiche, da cui germogliano fiori di ricchezza e di silicio, oppure conflitti di civiltà.

 

Si prosegue il 12 aprile, per l’incontro “Il telaio magico: una lezione sul cervello”, con Giulio Maira, professore di neurochirurgia e presidente della Fondazione Atena, introdotto da Alessandro Giuli. Menzione al merito per il poetico titolo dell’incontro, che sarebbe piaciuto alla soavità incandescente di Cristina Campo. La mente è ancora protagonista nell’epoca delle interconnessioni accelerate. E spesso è sottoposta ad un furtivo incistamento in insiemi complessi, in sistemi di rete, in quella alveolare intelligenza-sciame di cui ha parlato Kevin Kelly e che rimonta, dalla noosfera in poi, alla fondazione di una intelligenza collettiva che appare essere la profonda sostanza di questo stesso ciclo di incontri.

 

A chiudere, il 18 aprile, “Lo spirito del lavoro”, data in cui Alessandro Giuli e Massimo Cacciari, introdotti da Pietrangelo Buttafuoco, si interrogheranno e rifletteranno sul lavoro come estrinsecazione di un principio di liberazione/elevazione, partendo da quella intensa riflessione che, rimontante a Weber prima e poi al pensiero della crisi, nel momento di massima espansione dell’irruzione della tecnica sullo scenario della storia, oggi assume vette ancor più vertiginose.

 

Come incide la tecnica, questa nuova tecnica sui moti fondazionali della costruzione dell’essere lavoratore? Alberga ancora nel lavoro quella “capacità di pietrificare i simboli in una ripetizione infinita che ricorda il modo di procedere della natura”, come scriveva Jünger ne “L’operaio”? Partecipando, sapremo.

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