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Roma Capoccia - spina di borgo

Il Sinodo divide la Chiesa: i dubbi dei vescovi

Matteo Matzuzzi

Gli orientali dicono che si abusa del termine “sinodalità”, altri sostengono che non si è ben capito dove si voglia andare a parare. Poi ci sono i tedeschi che scambiano il Sinodo per un Concilio, gli americani che vanno in direzione opposta, gli italiani che aspettano

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Il caso estremo è quello del vescovo ausiliare di ‘s-Hertogenbosch (Olanda), mons. Robert Mutsaerts, che ha fatto sapere di non voler più sentir parlare del Sinodo “che ha poco a che fare con lo Spirito santo”. L’ha scritto sul suo blog, in modo che tutti sappiano come la pensa, ammesso che ci fossero dubbi. Ma non sono pochi i vescovi che, più pacatamente e senza tante fanfare, esprimono i dubbi sul percorso sinodale che si concluderà a Roma non più nell’autunno del 2023 come inizialmente previsto, bensì nel 2024.

 

Gli orientali dicono che si abusa del termine “sinodalità”, altri sostengono che non si è ben capito dove si voglia andare a parare. Poi ci sono i tedeschi che scambiano il Sinodo per un Concilio, gli americani che vanno in direzione opposta, gli italiani che aspettano. Insomma, una matassa complicata da sbrogliare. Francesco sta in mezzo e sarà chiamato a decidere che cosa fare. Intanto, pur in veste non ufficiale, ha fatto sapere ai cattolici tedeschi che lui la Chiesa di lì la vuole cattolica e non protestante. Il che indica che non tutte le istanze avranno la facoltà di accedere all’Aula Nuova romana quando si dovranno tirare le somme. Il principio guida è sempre lo stesso: cum Petro sì, ma anche sub Petro.

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