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Roma Capoccia

Qualche spunto sul decentramento amministrativo del litorale

Andrea Venanzoni

Nel 2015 l’allora prefetto Gabrielli consigliò una devoluzione di poteri verso i municipi: in realtà s'è fatto il contrario e Ostia continua ad essere una spina nel fianco per le amministrazioni della città

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Una data che non ha fatto la storia della Repubblica ma che gli abitanti del X Municipio di Roma ricordano ancora oggi con fastidio e un certo senso di vergogna: a quella data risale il d.p.R. che recependo gli indirizzi allegati nella relazione dell’allora prefetto di Roma Gabrielli portò allo scioglimento del parlamentino municipale e al seguente commissariamento. Una pagina ormai nota alle cronache e inserita nel paludoso contesto di mafia capitale che poi col passare delle sentenze e degli anni si scoprì che tanto mafia non era.
Eppure, se lasciamo da parte l’aura nerastra di criminalità organizzata, e ci immergiamo nella analitica lettura di quegli atti, prima la monumentale relazione della Commissione prefettizia d’accesso, di oltre ottocento pagine, e le sue conclusioni, poi la relazione di Gabrielli dissonante con le conclusioni della relazione, infine il decreto, ci renderemo conto di come essi contengano il germe di una iper-centralizzazione: la parola “decentramento” compare due volte nella relazione finale di Gabrielli, seguita dalla poco commendevole considerazione “dell’asservimento della struttura politica e amministrativa alla criminalità”.
I prefetti della Commissione di accesso avrebbero ritenuto più funzionale e conforme alle risultanze emerse lo scioglimento e il commissariamento di tutta Roma, ma Gabrielli, nel mentre succeduto a Giuseppe Pecoraro, la pensò diversamente e propose il commissariamento del solo X Municipio. Una lezione che torna prepotente alla memoria ora che da settimane si trascina la polemica sul decentramento del X Municipio, con il probabile ritorno della delega al litorale nelle mani del sindaco Gualtieri e il presidente del municipio, Falconi, che se ne trova defraudato.


All’origine di tutto, sembra esserci sempre quel paternalismo romano che intinge concettualmente nell’idea di voler coadiuvare le strutture amministrative lidensi: territorio vasto, pericolo di infiltrazioni criminali, interessi delicati, la sempre scottante partita sul demanio marittimo che agita i sonni di molti.
Oltre a questo, come testimoniano le tormentate pagine iniziali della giunta municipale a guida Falconi, anche qualche dissapore tra varie correnti del Pd. In realtà, se c’è un territorio capitolino che esige decentramento, proprio per la sua morfologia e la sua peculiarità è proprio quello lidense: lo riconobbe il regolamento speciale del decentramento del Municipio XIII, secondo l’allora diversa nomenclatura, approvato con la deliberazione dell’assemblea capitolina n. 18/2011.
Ostia è da sempre una spina nel fianco per le amministrazioni capitoline che guardano a essa con un misto di diffidenza e di superiorità, come se questo territorio non fosse altro che un corpo estraneo. Il disinteresse capitolino, a voler essere buoni, rinfocola spinte autonomistiche come quelle che di tanto in tanto richiedono referendum per rendere Ostia un comune, come fu per Fiumicino, oppure, non meno pragmaticamente, interroga la politica locale sul destino di un territorio che sembra impossibilitato, per volere di terzi, ad autogestirsi.


Su tutto, l’ombra di una ardua riforma costituzionale che modifichi radicalmente la natura di Roma Capitale e i suoi poteri. Sono questi i punti di riflessione che hanno punteggiato il convegno “Roma Capitale: decentramento, poteri e riforme – la delega al Litorale del Municipio X”, organizzato da Azione e svoltosi a Ostia il 29 maggio: i relatori, il consigliere municipale di Azione, Andrea Bozzi, il professore di diritto costituzionale alla Lumsa Angelo Rinella, il consigliere capitolino Francesco Carpano e altri esponenti di Azione, nella diversità e nella vastità degli interventi e degli spunti ricostruttivi hanno concordato nella paradossalità di questi percorsi di iper-centralizzazione che finiscono per attrarre, come un magnete, le funzioni vitali del municipio verso il livello centrale di Roma Capitale. 
Più che una surroga, un commissariamento nemmeno tanto mascherato.

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