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Roma Capoccia

Da “onestà” a “efficienza” la parabola tragicomica della Raggi

Gianluca De Rosa

Dopo 5 anni la scala dei valori ha subito un radicale cambiamento. Oggi la sindaca si pone su posizioni confindustriali e invoca la semplificazione: “Non è possibile, per paura della corruzione, sommare norme che ottengono l’effetto contrario"

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La parola d’ordine era honestà. I romani la votavano per questo. “Vabbè non ha esperienza, ma almeno è onesta”. Cinque anni da sindaco e la scala dei valori ha subito un radicale cambiamento. La parabola della maturazione del Movimento 5 stelle, ormai, la si può raccontare in mille modi. Uno buono sono senz’altro le parole pronunciate ieri da Virginia Raggi davanti ai deputati che fanno parte della commissione Bilancio. “Non è possibile, per paura della corruzione, sommare norme che ottengono l’effetto contrario. Mi rivolgo al Parlamento e al Governo: si valuti la proroga del decreto Semplificazioni e intanto si modifichi il codice degli appalti”.

 

D’altronde, ammissione della prima cittadina: “Uno degli effetti positivi di quel decreto è sotto gli occhi di tutti qui a Roma: l’apertura di centinaia di cantieri”. L’honestà, in fondo, rallentava le cose. Una Raggi su posizioni confindustriali dunque: “Inaspriamo i controlli, ma semplifichiamo la burocrazia!”. Il tempo fa miracoli, e la cittadina da paladina dell’onestà è trasfigurata in missionaria dell’efficienza. D’altronde con il Recovery plan – la commissione Bilancio l’ha convocata per quello – ci saranno tanti soldi da spendere, ma bisognerà farlo in fretta. “La Ue – diceva ieri Virginia Raggi – ha stabilito che per lo sviluppo del Recovery plan un arco temporale è di sette anni è perché evidentemente negli altri stati questo è un tempo corretto e coerente per poter effettuare investimenti importanti e strategici. Il problema è in Italia che ci domandiamo con quali strumenti dare attuazione al Recovery plan perché forse in sette anni non ce la facciamo. Evidentemente le norme che ci siamo costruiti negli anni non ci rendono competitivi con i partner europei. Serve un salto di qualità del nostro Paese che si deve mettere al pari degli altri paesi altrimenti falliremo”.

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E Raggi di soldi per Roma ne vorrebbe moltissimi. La richiesta era di 25 miliardi per 159 progetti: voce principale la mobilità. L’ultima bozza del governo Conte però prevedeva per la Capitale solo 9 miliardi. Raggi ieri ha detto chiaramente che “non bastano”. In particolare – sostiene la prima cittadina – sono troppo pochi i fondi per turismo e cultura, due settori duramente colpiti dalla pandemia. I progetti sono tanti: tram, metro C, Tevere navigabile, due miliardi per acquisire 10.000 alloggi da trasformare in case popolari e 1,3 per la rigenerazione, oltre ai fondi per i ’100 luoghi’ dove realizzare altrettanti centri civici e polifunzionali. Un libro dei sogni che non dispiacerebbe a nessuno, ma quanti di questi progetti sono già ha una fase sufficientemente avanzata da poter rientrare per la loro realizzazione nelle tempistiche del Recovery plan?

 

 

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Il dubbio tempo fa in Assemblea capitolina lo paventava anche l’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti che si era occupato di ricevere le richieste di tutti i dipartimenti. A criticare sul punto l’intervento della prima cittadina, Nunzio Angiola, deputato dell’unico partito che con Carlo Calenda ha già un candidato sindaco da contrapporre all’attuale inquilina di Palazzo Senatorio, Azione: “Quello di Raggi – ha detto il parlamentare – è stato un intervento inconcludente in cui abbiamo assistito al racconto di una lista della spesa, come se l’Europa potesse tirare fuori dal cilindro le soluzioni per tutti i problemi di Roma sopperendo come per magia alle manifeste incapacità dell’amministrazione targata M5s”. 

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