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Doppio sogno (elettorale)

Il Pd sogna Gualtieri al Campidoglio per dribblare Calenda e Raggi

Ma i candidati già in campo a sinistra chiedono le primarie

Marianna Rizzini

L'ex ministro dell'Economia immaginato come "arma" anche in vista di un secondo turno contro le destre, in nome dei buoni rapporti con Conte. Condizione sine qua non per farsi votare dai Cinque Stelle (che intanto su Rousseau sono chiamati a votare su Raggi)

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E’ il giorno in cui Mario Draghi parla in Senato. E Virginia Raggi, che su Draghi ha per tempo mostrato di volersi collocare lungo una linea aperturista, mentre Draghi pronuncia il suo discorso chiede che gli attivisti del Movimento Cinque stelle giudichino su Rousseau la propria ricandidatura a Roma: “Basta ambiguità e giochi di palazzo. Credo che, a poco più di tre mesi dal voto, sia un atto dovuto soprattutto nei confronti dei cittadini: siamo tutti ormai stanchi dei giochetti da vecchia politica”. E che i mesi siano davvero soltanto tre o che le elezioni vengano posticipate per ragioni legate al Covid, è chiaro ormai anche al centrosinistra, finora presente a intermittenza sulla scena pre-elettorale capitolina, che non c’è più tempo da perdere. Tanto più che il nuovo governo, con il cambio al Mef, ha lasciato in qualche modo “libero” colui che il Pd vorrebbe candidare: Roberto Gualtieri, ex ministro dell’Economia e vincitore del collegio Roma 1 alle suppletive del 2020.

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E’ il giorno in cui Mario Draghi parla in Senato. E Virginia Raggi, che su Draghi ha per tempo mostrato di volersi collocare lungo una linea aperturista, mentre Draghi pronuncia il suo discorso chiede che gli attivisti del Movimento Cinque stelle giudichino su Rousseau la propria ricandidatura a Roma: “Basta ambiguità e giochi di palazzo. Credo che, a poco più di tre mesi dal voto, sia un atto dovuto soprattutto nei confronti dei cittadini: siamo tutti ormai stanchi dei giochetti da vecchia politica”. E che i mesi siano davvero soltanto tre o che le elezioni vengano posticipate per ragioni legate al Covid, è chiaro ormai anche al centrosinistra, finora presente a intermittenza sulla scena pre-elettorale capitolina, che non c’è più tempo da perdere. Tanto più che il nuovo governo, con il cambio al Mef, ha lasciato in qualche modo “libero” colui che il Pd vorrebbe candidare: Roberto Gualtieri, ex ministro dell’Economia e vincitore del collegio Roma 1 alle suppletive del 2020.

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Gualtieri: cioè l’uomo che viene identificato come il “big” capace di unire la sinistra divisa senza per forza passare dalle primarie (volute però dai candidati già in campo, a partire da Giovanni Caudo e Tobia Zevi) e senza dover appoggiare il leader di Azione Carlo Calenda, in campo da tempo e intenzionato a procedere anche in caso di candidatura di peso dal lato pd (ancora risuona, al Nazareno, la frase calendiana detta al segretario Zingaretti a mo’ di scanzonata profezia, l’ottobre scorso: “Non hai un candidato, devi accontentarti…”). E se Gualtieri al momento tace, il suo nome viene pronunciato con insistenza anche per un altro motivo: la ricandidatura di Virginia Raggi non è, per così dire, la soluzione magica capace di tenere alta l’insegna dell’alleanza Pd-Cinque Stelle che altrove si vuole blindare – a cominciare dal Parlamento dove è appena stato costituito un “intergruppo”. Anzi: una larga parte del Pd, a cominciare dal Pd romano, su Raggi non nasconde il giudizio negativo.

 

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Con un Gualtieri candidato, insomma, ci si vede proiettati oltre l’ostacolo: l’ex ministro del Conte bis, in ottimi rapporti con l’ex premier, potrebbe da un lato superare Raggi al primo turno, e dall’altro, al secondo turno, catalizzare i voti dei Cinque stelle contro la destra. E se è vero che correre a Roma è considerata come prova rischiosa a sinistra, è anche vero che l’ex ministro, a Roma, ha già fatto le prova generali. 


 

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