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"Lo stiamo valutando, ma non è l'unico"

L'ultima parola che Giorgia Meloni può dire su Bertolaso (ma anche se non la dice ha un vantaggio sugli altri)

Intervistata a Skytg24, la leader di Fratelli d'Italia sembra cedere sul nome "non politico". Ma è davvero così?

Marianna Rizzini

"Non mi spaventa aspettare uno, due, tre anni", dice. (Vale per il piano nazionale, ma anche per quello locale). La ricerca del candidato politico e il tempo che correm con il rischio di non poter sfruttare le difficoltà di Pd e Cinque Stelle

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Si è passati dal “sarebbe un ottimo sindaco ma non so se sarebbe un buon candidato” al “lo stiamo prendendo in considerazione, non è l’unico nome, ma non c’è alcun veto”. Passa lungo la sottile linea di confine tra una dichiarazione e l’altra di Giorgia Meloni, da una settimana all’altra, la sorte da candidato sindaco di Roma di Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile (già candidato nel 2016, poi ritiratosi in favore di Alfio Marchini). E passa lungo quel confine anche la questione “chi ci guadagna e chi ci perde nella scelta del candidato medesimo”.

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Si è passati dal “sarebbe un ottimo sindaco ma non so se sarebbe un buon candidato” al “lo stiamo prendendo in considerazione, non è l’unico nome, ma non c’è alcun veto”. Passa lungo la sottile linea di confine tra una dichiarazione e l’altra di Giorgia Meloni, da una settimana all’altra, la sorte da candidato sindaco di Roma di Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile (già candidato nel 2016, poi ritiratosi in favore di Alfio Marchini). E passa lungo quel confine anche la questione “chi ci guadagna e chi ci perde nella scelta del candidato medesimo”.

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E ieri, giorno in cui Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini si confrontavano a distanza per trovare una posizione unica in vista del voto (oggi) sul quarto scostamento di Bilancio da otto miliardi di euro, quello che serve per poter finanziare gli indennizzi previsti nel decreto Ristori, Meloni, intervistata da Maria Latella, a SkyTg24, parlava del presente e del futuro, dicendo che non la spaventa, a livello nazionale, aspettare “uno, due o tre anni” (“per alcuni versi, avere più tempo a disposizione, può aiutare a rendere ancora più credibile e profondo il progetto di Fratelli d’Italia. Noi siamo il partito dei patrioti italiani”, diceva). Eppure quelle parole, viste da Roma, parevano in qualche modo perfette anche per il piano locale, e per una Roma dove Fratelli d’Italia cresce nei sondaggi (con Meloni in parallelo aumento di consensi nelle indagini sul gradimento dei leader politici).

  

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E se non è un mistero che FdI vorrebbe in teoria per la capitale un nome politico – a differenza della Lega che da tempo punta su un candidato di “società civile” – è anche vero che la partita romana è troppo delicata e urgente per poter temporeggiare, specie non potendo, al momento, tirare fuori dal cappello il nome politico capace di affossare la candidatura Bertolaso, con il rischio di perdere il vantaggio dato dalle difficoltà altrui (vedi incertezze sull’alleanza Pd-M5s, conseguente incertezza sulla candidatura Raggi, per non dire del silenzio del Pd su un eventuale candidato alternativo a Carlo Calenda).

  

E anche se non è la migliore delle soluzioni possibile per Giorgia Meloni, questa candidatura Bertolaso, l’uomo che commise la gaffe delle gaffe, sempre nel 2016 (“Meloni vicesindaco? No, deve fare la mamma”), la stessa soluzione porta comunque vantaggi indiretti alla leader di Fratelli d’Italia – che non a caso dice “a Roma vogliamo vincere”. Se si vince si vince, infatti. Ma se si perde, non essendo il candidato farina del sacco di Giorgia Meloni (Salvini ieri si è invece esposto con un “chi mi ha più convinto è Bertolaso”), non sarà stata comunque colpa sua. E restano in piedi le altre due partite: la Regione Lazio, nel 2023, e le elezioni politiche. 

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