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Bankitalia sul Lazio

Gianluca De Rosa

Il lockdown ha colpito l’economia regionale, ma molto meno della media nel resto d’Italia

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Roma. La caduta del pil nel Lazio nel 2020 sarà significativa, ma inferiore a quella media nazionale. Ieri mattina la Banca d’Italia ha presentato il suo rapporto sull’economia del Lazio nel 2019, una delle 20 relazioni che ogni hanno l’istituto redige per avere un quadro davvero dettagliato della variegata economia italiana. “Come sapete questo è il paese dei cento campanili, con territori diversi e diverse specializzazioni settoriali e con prospettive di crescita molto diverse quindi per capire come andrà l’economia del Paese c’è bisogno di riflettere sull’economia di ogni singola regione”, ha spiegato il vicedirettore generale Piero Cipollone. E la specificità di quella laziale è la forte propensione ai servizi, la massiccia presenza del settore pubblico e la rilevanza significativa dei settori farmaceutico e alimentare nell’industria, tra quelli che si sono salvati dal lockdown. Il risultato è stato che se la media nazionale della perdita di valore aggiunto è stata in quei mesi del 27 per cento (con picchi ben più alti nelle regioni del nord), in Lazio il dato è di quattro punti inferiore, con una riduzione del 23 per cento. Discorso analogo per le richieste di cassa integrazione: in Italia mediamente aumentate di otto volte nel primo quadrimestre 2020 e in Lazio di sole di tre. E persino l’esportazione nel primo trimestre dell’anno sono improvvisamente diminuite meno che nel resto d’Italia: - 0,9 per cento contro il -1,9 nazionale. Per quanto riguarda le aziende che hanno partecipato all’indagine del Banca d’Italia mediamente la stima è una riduzione dei riva di circa un quinto. “Moderatamente inferiore a quella delle imprese del Centro e della media italiana”, si legge nel rapporto. Mentre per questi mesi la stima è quella di aver perso circa il 15 per cento del fatturato.

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Roma. La caduta del pil nel Lazio nel 2020 sarà significativa, ma inferiore a quella media nazionale. Ieri mattina la Banca d’Italia ha presentato il suo rapporto sull’economia del Lazio nel 2019, una delle 20 relazioni che ogni hanno l’istituto redige per avere un quadro davvero dettagliato della variegata economia italiana. “Come sapete questo è il paese dei cento campanili, con territori diversi e diverse specializzazioni settoriali e con prospettive di crescita molto diverse quindi per capire come andrà l’economia del Paese c’è bisogno di riflettere sull’economia di ogni singola regione”, ha spiegato il vicedirettore generale Piero Cipollone. E la specificità di quella laziale è la forte propensione ai servizi, la massiccia presenza del settore pubblico e la rilevanza significativa dei settori farmaceutico e alimentare nell’industria, tra quelli che si sono salvati dal lockdown. Il risultato è stato che se la media nazionale della perdita di valore aggiunto è stata in quei mesi del 27 per cento (con picchi ben più alti nelle regioni del nord), in Lazio il dato è di quattro punti inferiore, con una riduzione del 23 per cento. Discorso analogo per le richieste di cassa integrazione: in Italia mediamente aumentate di otto volte nel primo quadrimestre 2020 e in Lazio di sole di tre. E persino l’esportazione nel primo trimestre dell’anno sono improvvisamente diminuite meno che nel resto d’Italia: - 0,9 per cento contro il -1,9 nazionale. Per quanto riguarda le aziende che hanno partecipato all’indagine del Banca d’Italia mediamente la stima è una riduzione dei riva di circa un quinto. “Moderatamente inferiore a quella delle imprese del Centro e della media italiana”, si legge nel rapporto. Mentre per questi mesi la stima è quella di aver perso circa il 15 per cento del fatturato.

 

Ma se le ripercussioni sono state leggermente minori, il quadro generale dell’economia laziale, già prima del lockdown era tutto fuorché incoraggiante. Il pil della regione nel 2019 ha ristagnato al +0,2 per cento sul 2018. Dato identico a quello dell’occupazione. Nell’industria il valore aggiunto è diminuito (-0,8 per cento). Buon segno dalle costruzioni dove è stato segnato un aumento del 2,6 per cento. Benissimo, come al solito, le esportazioni di beni, cresciute del 15,3 per cento: con la farmaceutica al + 30,6 e l’aerospazio al + 50,8. Male invece l’export delle auto crollato di oltre il 20 per cento. Il dato più preoccupante riguarda la produttività. Spiega la Banca d’Italia: “Negli ultimi due decenni il pil pro capite è cresciuto meno sia nel confronto con le regioni europee, che presentano caratteristiche simili, sia rispetto alla media nazionale. Vi ha contribuito una performance relativamente peggiore della produttività, favorita dall’espansione dei servizi a bassa intensità di conoscenza”.

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