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Il mistero delle buste incendiarie varca i confini del Lazio

Gianluca Roselli

Da marzo undici persone sono state vittime di un attentatore dai tratti inspiegabili. Ieri una busta in Lombardia

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Roma. Ai tempi dell’emergenza coronavirus vedere che i reati continuano a essere commessi è quasi consolatorio. Ci dà l’idea che il mondo vada avanti lo stesso, con una parvenza di normalità, nelle settimane feroci della pandemia. A Roma, però, c’è un caso che sta facendo impazzire gli investigatori. Parliamo delle buste esplosive (o per meglio dire incendiarie) spedite, dall’inizio di marzo fino a sabato scorso, a 11 persone, apparentemente senza alcun legame tra loro, nelle province di Roma, Rieti e Viterbo, che fortunatamente finora hanno provocato solo leggere ustioni alle mani. E ieri è stata recapitata la dodicesima, la prima fuori regione, a un uomo, un 59enne di Cologno Monzese, in provincia di Milano.

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Roma. Ai tempi dell’emergenza coronavirus vedere che i reati continuano a essere commessi è quasi consolatorio. Ci dà l’idea che il mondo vada avanti lo stesso, con una parvenza di normalità, nelle settimane feroci della pandemia. A Roma, però, c’è un caso che sta facendo impazzire gli investigatori. Parliamo delle buste esplosive (o per meglio dire incendiarie) spedite, dall’inizio di marzo fino a sabato scorso, a 11 persone, apparentemente senza alcun legame tra loro, nelle province di Roma, Rieti e Viterbo, che fortunatamente finora hanno provocato solo leggere ustioni alle mani. E ieri è stata recapitata la dodicesima, la prima fuori regione, a un uomo, un 59enne di Cologno Monzese, in provincia di Milano.

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La memoria ripesca subito i casi di Unabomber (acronimo di University and Airline Bomber, che poi l’Fbi declinò in Unabomber). L’americano Ted Kaczynski, professore di Matematica a Barkley, che, tra il 1978 e il 1995, provocò la morte di tre persone e la mutilazione di altre 23 con le sue lettere-bomba in tutti gli Stati Uniti. E quello italiano, rimasto senza nome dopo il proscioglimento dell’unico indagato, Elvo Zornitta, che, dopo anni di agonia giudiziaria, è stato ritenuto completamente estraneo ai fatti. Parliamo di una trentina di ordigni piazzati dal 1994 al 2006 nell’area del Nord-Est, che hanno provocato mutilazioni e persone ferite, ma nessun morto.

 

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Dodici lettere esplosive non sono poche. Si tratta di comuni buste gialle formato A4, contenenti una scatoletta di compensato con all’interno un quantitativo modesto di polvere pirica e una batteria per l’innesco. Un meccanismo che non ha l’obbiettivo di uccidere e nemmeno di ferire gravemente, ma di spaventare sì. Ma a far scervellare gli inquirenti è l’eterogeneità dei destinatari. Si va da un pasticcere di Tivoli a Paolo Giachini, noto nella Capitale per esser stato l’avvocato di Erich Priebke, il comandante nazista condannato per l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Da un ex dipendente dell’Università di Tor Vergata a un’esperta di biotecnologie dell’Università del Sacro Cuore-Gemelli. Dal militante di CasaPound Francesco Chiricozzi, condannato a 3 anni per lo stupro di gruppo avvenuto a Viterbo quasi un anno fa, a un assicuratore di Fara Sabina. Fino all’uomo di ieri a Cologno Monzese. L’avvocato di Priebke e il militante di CasaPound potevano far pensare a una matrice politica, ipotesi per ora tramontata visti gli altri destinatari. Così come sembra esser messa da parte anche la pista anarchica. Le buste esplosive, infatti, sono state in passato il modus operandi di alcuni gruppi anarchici. “L’ipotesi non tiene perché non è stata fatta alcuna rivendicazione e poi perché i destinatari sono troppo diversi tra loro. E anche la matrice politica in generale non regge senza rivendicazioni di alcun tipo”, spiegano al Foglio fonti della polizia.

 

Sul caso, infatti, sono impegnati la Procura di Roma, con il procuratore aggiunto Francesco Caporale e il pm Francesco Dall’Olio, che coordinano il lavoro della Digos e dei Carabinieri del Ros. “Al momento l’unica pista plausibile è quella dell’attentatore solitario. Le buste sono state realizzate tutte dalla stessa persona”, continua la fonte della Polizia. Un’indagine assai complicata, dunque, un rompicapo tipico dei più classici cold case americani, perché rintracciare l’attentatore solitario, l’Unabomber della situazione, è molto più difficile rispetto a un gruppo. Oltre a scandagliare la vita dei destinatari alla ricerca di qualcosa che li accomuni, le domande che gli investigatori si fanno sono: l’attentatore sta seguendo un suo filo logico? Resterà a questo livello di pericolosità o sta facendo le prove per un salto di qualità?

 

Utile, sempre, lo studio del passato. Ted Kaczynski, per esempio, si muoveva per motivi politici. Dopo essersi licenziato dall’università, si rintanò a vivere tra i boschi del Montana, diventando una sorta di fanatico ambientalista che contestava la società industriale e tecnologica, rivendicando le sue azioni con tanto di scritti consegnati a Washington Post e New York Times. Il bombarolo del Nord Est, invece, non rivendicò mai nulla e la sua diventò una sorta di sfida a realizzare ordigni sempre più sofisticati, contenuti in tubetti di pomodoro, uova, vasetti di Nutella, ovetti Kinder, sellini di biciclette. Le buste incendiarie di oggi per ora sono a livello basico, ma gli investigatori sono molto preoccupati. Soprattutto ora che si è sconfinato in Lombardia.

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