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Fca ferma Cassino

Gianluca De Rosa

Tutti in cassa integrazione fino a marzo, un colpo durissimo per l’indotto laziale: 10 aziende

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Roma. Nel Lazio, a differenza delle grandi regioni del nord, l’industria, seppur più modesta e molto meno rilevante per l’economia del territorio, va avanti. Dopo un accordo con Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Leonardo prosegue la sua produzione, stesso discorso per Thales Alenia Space, Avio, Simmel e tutte le aziende di difesa e aerospazio che lavorano in regione. Come loro anche le aziende del chimico farmaceutico, almeno per adesso, non si fermano. All’appello dell’industria laziale però manca qualcosa. Come in tutta Italia, anche a Piedimonte San Germano, paesino vicino a Cassino, Fca Automobiles ha stoppato la sua produzione: cancelli chiusi, almeno fino a fine marzo nello stabilimento che produce le Alfa Romeo Giulia, Giulietta e Stelvio. Da oggi – è stata siglata l’intesa tra azienda e sindacati – gli operai saranno tutti in regime di cassa integrazione straordinaria. Fca ha aderito alla possibilità finanziata dal governo con il decreto Cura Italia. Ma per il l’automotive laziale questa chiusura imprevista rischia di essere una colpo fatale.

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Roma. Nel Lazio, a differenza delle grandi regioni del nord, l’industria, seppur più modesta e molto meno rilevante per l’economia del territorio, va avanti. Dopo un accordo con Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Leonardo prosegue la sua produzione, stesso discorso per Thales Alenia Space, Avio, Simmel e tutte le aziende di difesa e aerospazio che lavorano in regione. Come loro anche le aziende del chimico farmaceutico, almeno per adesso, non si fermano. All’appello dell’industria laziale però manca qualcosa. Come in tutta Italia, anche a Piedimonte San Germano, paesino vicino a Cassino, Fca Automobiles ha stoppato la sua produzione: cancelli chiusi, almeno fino a fine marzo nello stabilimento che produce le Alfa Romeo Giulia, Giulietta e Stelvio. Da oggi – è stata siglata l’intesa tra azienda e sindacati – gli operai saranno tutti in regime di cassa integrazione straordinaria. Fca ha aderito alla possibilità finanziata dal governo con il decreto Cura Italia. Ma per il l’automotive laziale questa chiusura imprevista rischia di essere una colpo fatale.

 

Con Fca hanno chiuso anche tutte le aziende dell’indotto: nei capannoni delle 10 grandi imprese – da Tibernina a Lear – che producono sedili, componenti in plastica e accessori per le Alfa di Fca, e in quelli delle centinaia di pmi che contribuiscono alla creazione delle auto, tutto è fermo. Ai 3.500 di Fca in cassa integrazione si aggiungono i mille che lavorano in queste imprese. Una situazione che purtroppo non è una novità. Come racconta il segretario della Fiom Cgil della provincia di Frosinone Donato Gatti: “I lavoratori di Fca sono in cassa integrazione per diversi giorni ogni mesi sin da gennaio 2019”. Il problema? Le Alfa non si vendono più. Nel 2019 le vendite hanno registrato un crollo pazzesco: meno 35 per cento che significa, in numeri assoluti, circa 26 mila vetture vendute contro le oltre 43 mila del 2018. “Di Giulia fino a due anni fa ne venivano assemblate fino a 120 per turno, 250 in una giornata, adesso non si va oltre le 60”, spiega il segretario della Fiom Frosinone. A cavallo tra dicembre e gennaio lo stabilimento ha chiuso per più di un mese. Gli attuali 3.500 dipendenti, solo qualche anno fa erano oltre 5 mila. E adesso che succede? “Il coronavirus – dice Gatti – peggiora ulteriormente le cose: in teoria dal 2021 Fca aveva garantito che sarebbe stata spostata qui anche la produzione del suv di Maserati, non so se sarebbe bastato, ma comunque adesso tutto è più incerto”. La provincia di Frosinone ha un tasso di disoccupazione che sfiora il 19 per cento e per gli operai cassa integrazione significa redditi molto più bassi. “Si va da un minimo 939 euro netti a un massimo di 1.129, per chi ne prenderebbe oltre 2 mila”, dice Gatti. A Cassino come in tutta Italia, in attesa della fine dell’epidemia s’incrociano le dita.

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