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roma capoccia

“Non temo il coronavirus ma la solitudine che porta”

Gianluca Roselli

A spasso con Renato Zero, in una città che a tratti non si riconosce. “Roma può essere cinica, ma non è diffidente”

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Roma. “Mentre tutti si chiudono in casa, io ho deciso di venire a fare una passeggiata, un po’ di shopping, avevo giusto bisogno de ’na camicetta…”. Nel centro di Roma sotto l’effetto del coronavirus fare due passi con Renato Zero restituisce serenità e gioia di vivere. Camminare in città con lui è un’esperienza: ogni due metri qualcuno lo ferma, lo saluta, vuole un selfie e pure fare due chiacchiere. E lui si concede. Si diverte. Abbraccia e parla con tutti. “Ecco, vedi, come sono, i romani. Come fai a chiuderli in casa? Impossibile. La quarantena sociale cui ci vorrebbe obbligare il virus va contro la nostra indole. Roma è una città aperta, chiacchierona. A Roma farsi i fatti degli altri è quasi obbligatorio. Non ci puoi togliere il diritto di passeggiare, stare in piazza, andare al ristorante…”, dice il celebre cantante.

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Roma. “Mentre tutti si chiudono in casa, io ho deciso di venire a fare una passeggiata, un po’ di shopping, avevo giusto bisogno de ’na camicetta…”. Nel centro di Roma sotto l’effetto del coronavirus fare due passi con Renato Zero restituisce serenità e gioia di vivere. Camminare in città con lui è un’esperienza: ogni due metri qualcuno lo ferma, lo saluta, vuole un selfie e pure fare due chiacchiere. E lui si concede. Si diverte. Abbraccia e parla con tutti. “Ecco, vedi, come sono, i romani. Come fai a chiuderli in casa? Impossibile. La quarantena sociale cui ci vorrebbe obbligare il virus va contro la nostra indole. Roma è una città aperta, chiacchierona. A Roma farsi i fatti degli altri è quasi obbligatorio. Non ci puoi togliere il diritto di passeggiare, stare in piazza, andare al ristorante…”, dice il celebre cantante.

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Anche se nella Capitale la situazione non è spettrale come a Milano, fa un certo effetto girare per le strade del centro senza la solita ressa caciarona. Nei negozi, sulla scalinata di piazza di Spagna, a via del Corso, in via Condotti, intorno all’ora di pranzo, presenze rarefatte, tutto molto tranquillo, silenzioso, manco fossimo a Stoccolma. “Gli incassi sono calati parecchio, la gente prende meno la metropolitana”, racconta una ragazza che vende pizza al trancio a Vicolo del Bottino, la strada che porta alla metro Spagna. Proprio qui, ironia del destino, dove gli affari si stavano risollevando dopo i lunghi mesi di chiusura della stazione, quando si erano azzerati. Persone con la mascherina, però, a parte qualche orientale, non se ne vedono. Non si sa se per scetticismo o perché sono introvabili. E’ un centro meno ciarliero, più educato, ma non paralizzato dalla paura, perché poi a Roma tutto scorre, e la sua gloria millenaria, che ha visto passare imperatori e papi, re e barbari, la fa essere più cinica verso le fallacità quotidiane. Più distaccata verso le calamità. Ironica davanti alle sfighe quotidiane.

  

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Renato Fiacchini, in arte Renato Zero, è nato in queste strade, a Via di Ripetta. Negli anni Cinquanta questi vicoli sono stati il suo primo campo di gioco, da bambino, prima di trasferirsi con la famiglia alla Montagnola, in borgata, all’Eur, quando il palazzo dove viveva con la famiglia (papà Domenico, mamma Ada e tre sorelle, suo zio invece è Mario Tronti, intellettuale comunista) fu acquistato dall’Ospedale San Giacomo. “Per questo virus c’è un unico antidoto ed è l’amore: solo l’amore ci salverà, con i suoi anticorpi. Altro che vietare gli abbracci, dobbiamo stringerci ancora di più, essere solidali gli uni con gli altri. Io non prendo nessuna precauzione, dormo con le finestre aperte, faccio entrare amore e ottimismo…”, osserva Renato. Certo, quello che sta accadendo ci deve far riflettere. “Questa è una prova cui ci sta sottoponendo la natura, perché l’abbiamo massacrata un po’ troppo. La natura ci ha mandato un segnale, dobbiamo rispettarla di più…”. Poi torna a riflettere sulla sua città. “Quello che mi fa paura non è il virus, ma vedere le persone chiudersi in casa, isolarsi, essere diffidenti verso gli altri. Stare da soli, come tante isole, rifiutare lo scambio con i propri simili, questo sì, sarebbe drammatico…”.

  

La città, nel frattempo, un po’ si ferma. Serrande abbassate, per due mesi, da Sonia, il ristorante cinese più frequentato. Annullata la mezza maratona Roma-Ostia, in programma questa domenica. Rimandate fiere, congressi, concerti. Agli hotel e su Airbnb arrivano le disdette dei turisti. Poi però, la sera, i ristoranti sono quasi pieni. Le persone vogliono ancora incontrarsi. “Ma vedi che la mascherina non la porta nessuno…? I romani non sono così. Roma può essere cinica, ma non è diffidente. E’ una città curiosa, di sé stessa e degli altri. Capisco la paura, ma la vita cui vorrebbero costringerci è l’antitesi della romanità”, continua Zero. La passeggiata è finita. Renato, con le sue buste, sale in auto e se ne va, non prima di essersi fermato a salutare un altro paio di persone. “Me raccomanno eh, fai il bravo eh… Ciao bello”. “Eccome no? Se vedemo… Ciao”. Da Piazza del Popolo, a passo di gazzella, avanza una ragazza orientale, bellissima, forse una modella. Ha una mascherina iper tecnologica, blu e verde. Il top di gamma delle mascherine. Ma dove l’avrà comprata? Passa oltre con sguardo perso nel vuoto e l’aria spaventata. Ecco, lei sì, con questa città c’entra assai poco.

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