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Per la regione i termovalorizzatori sono inutili. Monnezza senza fine

Gianluca De Rosa

Lunedì l’iter del piano rifiuti regionale. L’assessore Valeriani: “L’Ue non vuole gli inceneritori”. Parisi: “Ma quando mai”

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Roma. La bagarre politica sui rifiuti a Roma alla quale abbiamo assistito fino a oggi, impotenti, ma consapevoli dei cumuli di monnezza sempre più alti su strade e marciapiedi, è stata solo un antipasto. Tenetevi forte. Dalla settimana prossima partirà la vera battaglia per decidere il futuro della gestione dei rifiuti a Roma e nella Regione Lazio. E già dalle premesse si prospetta una situazione esplosiva. Da lunedì – lo ha annunciato ieri l’assessore all’Ambiente della Regione Massimiliano Valeriani nel corso di un’informativa nell’aula di via della Pisana – in commissione Ambiente inizierà l’iter per l’approvazione del piano regionale rifiuti. Il corposo documento che descrive minuziosamente come dovrà essere gestito lo smaltimento del pattume nel Lazio. Tabelle piene di dati, quantità e flussi di monnezza destinati a Tmb, discariche e all’unico inceneritore regionale, in un puzzle logistico che ha uno scopo importantissimo: rendere la Regione autonoma, evitare che ogni anno migliaia di camion siano costretti a trasportare più di un milione di tonnellate di rifiuti fuori dai confini regionali. L’assenza di un piano aggiornato – l’attuale risale al 2012 e considera ancora la discarica di Malagrotta che riceveva, senza alcun trattamento preventivo tutti i rifiuti di Roma, e cioè il 70 per cento del totale regionale – è all’origine di gran parte dei problemi, insieme all’inerzia di comune ed Ama nella pianificazione di un’impiantistica adeguata. A presiedere la commissione c’è un grillino che si chiama Marco Cacciatore e che, ironia vuole, sia il più grande nemico dell’accordo strappato dalla Raggi alla Regione per lo stralcio dalla bozza di piano ratificata dalla giunta Zingaretti del sub-Ato di Roma Capitale. Tradotto: dell’obbligo per Roma di trattare all’interno dei suoi confini comunali i rifiuti prodotti in città. In pratica Raggi ha fatto di tutto per impedire che ciò accadesse e ha ottenuto il cancellamento da parte della Regione, offrendo come contropartita quello che Zingaretti le chiedeva da anni: un sito dove costruire la nuova discarica della città. Adesso Cacciatore però lavora per far saltare il banco e reinserire il sub-Ato nel piano rifiuti.

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Roma. La bagarre politica sui rifiuti a Roma alla quale abbiamo assistito fino a oggi, impotenti, ma consapevoli dei cumuli di monnezza sempre più alti su strade e marciapiedi, è stata solo un antipasto. Tenetevi forte. Dalla settimana prossima partirà la vera battaglia per decidere il futuro della gestione dei rifiuti a Roma e nella Regione Lazio. E già dalle premesse si prospetta una situazione esplosiva. Da lunedì – lo ha annunciato ieri l’assessore all’Ambiente della Regione Massimiliano Valeriani nel corso di un’informativa nell’aula di via della Pisana – in commissione Ambiente inizierà l’iter per l’approvazione del piano regionale rifiuti. Il corposo documento che descrive minuziosamente come dovrà essere gestito lo smaltimento del pattume nel Lazio. Tabelle piene di dati, quantità e flussi di monnezza destinati a Tmb, discariche e all’unico inceneritore regionale, in un puzzle logistico che ha uno scopo importantissimo: rendere la Regione autonoma, evitare che ogni anno migliaia di camion siano costretti a trasportare più di un milione di tonnellate di rifiuti fuori dai confini regionali. L’assenza di un piano aggiornato – l’attuale risale al 2012 e considera ancora la discarica di Malagrotta che riceveva, senza alcun trattamento preventivo tutti i rifiuti di Roma, e cioè il 70 per cento del totale regionale – è all’origine di gran parte dei problemi, insieme all’inerzia di comune ed Ama nella pianificazione di un’impiantistica adeguata. A presiedere la commissione c’è un grillino che si chiama Marco Cacciatore e che, ironia vuole, sia il più grande nemico dell’accordo strappato dalla Raggi alla Regione per lo stralcio dalla bozza di piano ratificata dalla giunta Zingaretti del sub-Ato di Roma Capitale. Tradotto: dell’obbligo per Roma di trattare all’interno dei suoi confini comunali i rifiuti prodotti in città. In pratica Raggi ha fatto di tutto per impedire che ciò accadesse e ha ottenuto il cancellamento da parte della Regione, offrendo come contropartita quello che Zingaretti le chiedeva da anni: un sito dove costruire la nuova discarica della città. Adesso Cacciatore però lavora per far saltare il banco e reinserire il sub-Ato nel piano rifiuti.

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Inedito alleato è spuntato un consigliere del Pd, Eugenio Patanè, che già ieri chiedeva a Valeriani di “valutare il ripristino del sub-Ato”. Anche perché diceva il dem: “Non sono convinto che questa vicenda finirà con la scelta scellerata della Valle Galeria come discarica”. Patanè insinua che la decisione della Raggi di indicare un sito a due passi dall’ex discarica di Malagrotta sia stata fatta per riuscire alla fine a ottenere di non farne alcuna. In effetti a quasi mese da quella scelta, nonostante la fretta, negli uffici regionali ancora nulla è cominciato per procedere con l’iter autorizzativo della discarica. Intanto in Campidoglio per il 5 febbraio è stato fissato un consiglio straordinario proprio sulla riqualificazione della Valle Galeria, mentre i comitati contrari alla discarica hanno chiesto alla Raggi di manifestare con loro sotto la Regione. “Dice che è stata costretta da Zingaretti – spiegano – allora venga a protestare con noi”. Insomma, le partite che s’incrociano sono tantissime in una situazione intricata dall’abbondante tatticismo politico. Anche sulla questione termovalorizzatori, grandi assenti del piano. Valeriani sosteneva ieri di non avere “pregiudizi ideologici”, ma che “negli ultimi nove anni, nonostante l’attuale piano ne preveda quattro non è stato presentato, né da aziende pubbliche, né da investitori privati, alcun progetto per realizzarli”, con l’eccezione di quella depositata alcuni mesi fa da A2a per costruirne uno nuovo di zecca a Tarquinia”. Ma Valeriani ha spiegato che è già tardi perché “L’Unione europea considera questi impianti superati”.

 

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Sul tema la giunta di Zingaretti è in piena sintonia con il M5s, in Regione come in Campidoglio, dove per paradosso l’unico a pensare che i termovalorizzatori servano è l’amministratore unico di Ama Stefano Zaghis che avrebbe voluto inserirne uno nel suo piano industriale. Portavoce della questione, dunque, sarà il centrodestra. Già ieri Stefano Parisi chiariva: “Dire che la Ue ha stabilito di smantellare i termovalorizzatori entro il 2030 è falso. Il decommissioning è previsto solo per gli impianti obsoleti. In Europa tutt'ora se ne stanno realizzando di nuovi”. Questi impianti trattano il Cdr, e cioè la parte secca che deriva dal trattamento dei Tmb: ogni anno il Lazio ne produce 717.361 tonnellate, ma l’unico termovalorizzatore presente, quello di Acea a San Vittore ne può trattare appena un terzo. Come fare dunque? In verità un piano forse c’è. Oltre alla richiesta di A2a da tempo in Acea non si fa mistero di voler raddoppiare le linee a San Vittore. Insomma, non c’è solo lo scontro politico.

Intanto, se a Roma una nuova discarica non apre, quella di Colleferro ha definitivamente chiuso. E gli accordi attualmente in vigore con Abruzzo e Marche potrebbero non bastare. Anche perché da inizio febbraio i Tmb di Ama andranno in manutenzione straordinaria. Per questo Valeriani ha promesso di sottoscrivere nuovi accordi anche con altre Regioni. Incrociamo le dita.

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