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Ecco chi ha insegnato a Conte come fare il fazzoletto a quattro punte

Gianluca Roselli

Un pomeriggio nella bottega di Maurizio Talarico in via dei Coronari. C'è anche una Roma di gusto, che resiste

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Roma. Dice di esser stato lui a insegnare a Giuseppe Conte il segreto della pochette a 4 punte, che il presidente del consiglio ha sfoggiato durante il giuramento del suo secondo governo, al Quirinale. Non è passata inosservata, quella pochette, e molto ci si è ricamato sopra. “In realtà non è difficile, ci vuole poco: poi il fazzoletto non si muove più per tutto il giorno”, spiega Maurizio Talarico, titolare dell’omonimo negozio di cravatte sartoriali a Roma, che ha il premier tra i suoi clienti. “Siamo anche fornitori ufficiali della presidenza del consiglio e del Quirinale…”, aggiunge, con un pizzico di civetteria istituzionale. Insomma, i vip, dai manager ai politici, per farsi conoscere nel mondo funzionano sempre. E finora quella di Talarico è una scommessa vinta: 2 milioni e 800 mila euro di fatturato, un negozio a Tokio e uno Londra (aprirà a Dubai e in Qatar), 28 dipendenti, trend in crescita in un settore calante. 

 

Del resto basta girare per le città. La cravatta è un accessorio che si usa sempre meno. Da questo punto di vista i manager della Silicon Valley (Steve Jobs, Mark Zuckeberg, Jeff Bezos) hanno fatto scuola: tutti al lavoro in t-shirt e sneakers. Sotto i 30 anni è sempre più raro trovare qualcuno che la indossi e pure sopra se ne vedono sempre meno. I numeri, del resto, parlano chiaro: il giro d’affari a livello mondiale è calato del 9,5 per cento nel 2017 e del 6,6 per cento nel 2018. In Italia va un po’ meglio: -6,3 per cento (2017) e -1,7 per cento (2018). A dispetto del calo, però, a resistere sono proprio le botteghe artigiane, le cravatte sartoriali, che vanno su una clientela di nicchia. Marinella, che ha portato la cravatta napoletana nel mondo. Finollo a Genova. E a Roma c’è Talarico. 

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Cinquantun anni, separato, tre figli, di cui uno, Tiziano, a seguire le orme paterne. “La cravatta resta una pennellata di stile, un segno di eleganza, uno sfizio intellettuale inarrivabile. E’ un segno distintivo. E poi dal colore della cravatta s’intuisce l’umore di quel giorno”, spiega Maurizio Talarico, che ha trasformato la passione in un lavoro.

 

Calabrese di Catanzaro, di famiglia aristocratica, da piccolo non poteva presentarsi davanti ai nonni senza cravatta. “Sono arrivato a Roma a 28 anni, nel 1999 ho aperto il laboratorio e nel 2004 ho deciso di aprire il mio negozio”. La scelta cadde su via dei Coronari perché, almeno allora, era la strada degli artigiani e degli antiquari. Che ora non ci sono quasi più. La strada è battuta da frotte di turisti, ma Talarico resta un punto di riferimento. “Uso solo sete italiane, per fare una cravatta a mano ci vuole una buona mezz’ora. Mentre in mezz’ora una macchina ne fa 5 mila. Come segno distintivo, all’interno è cucita una X, che può essere fatta solo a mano…”, racconta. I suoi colori, rispetto per esempio a Marinella, sono più vivaci. “Il mio stile è a metà strada tra l’Italia e la Francia (Hermes è il leader mondiale con 3 milioni di pezzi l’anno, ndr), le mie cravatte sono più luminose senza essere eccessive. Mi piacciono i blu chiari, l’azzurro, il rosa tenue, il fucsia”.

 

Poche regimental. “Non vanno più, ma un grande affezionato alle righe resta Romano Prodi”. Poche anche di maglia. “Ma io le amo molto, sono eleganti”. Per il resto, c’è l’imbarazzo della scelta. Suo grande fan è Matteo Renzi, ma, per par condicio, qui si è visto anche Matteo Salvini. La cravatta perfetta deve essere larga 8,5 cm e lunga 140-150. “Non sono più le cravatte-tovaglia degli anni Settanta, ma pure quelle sottili, effetto-stringa, sono orribili”. Costo: 120 euro quella standard a tre pieghe, 190 quella a sette. “Per una cravatta sette pieghe ci vuole un metro di tessuto, quindi è più pregiata”. Qualche consiglio spiccio: “In casa tenerle appese, non arrotolate nei cassetti. Non mi piace il nodo perfetto: la cravatta deve dare l’idea di un uomo che ha da fare… Le punte non devono per forza coincidere. Per i matrimoni meglio l’azzurro del grigio”. Talarico fa anche cravatte su commissione. “Ogni tanto si presenta qualcuno a chiedere cravatte assurde, brutte, pacchiane: ho detto qualche no. Una volta, invece, una signora mi chiese se potevo farle una cravatta con disegnati dei piccoli peni. Pensavo di aver capito male. E invece era proprio così, la voleva per suo marito. Fu talmente spiritosa che gliela realizzai…”.

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