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“Vi racconto il nuovo centrosinistra che vince”. Parla Amedeo Ciaccheri

Massimo Solani

I due municipi romani, Garbatella e Montesacro, rappresentano la “linea Maginot” dopo il terremoto delle elezioni politiche e di quelle amministrative

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Roma. “Sono contento che il Pd festeggi le vittorie romane, la mia e quella di Giovanni Caudo. Spero però che questo lo aiuti a capire che il 4 marzo si è chiuso un momento storico e che adesso c’è una nuova strada da tracciare, per il Pd e per la sinistra in generale. A patto però di capire che serve un cantiere più largo che superi l’esperienza particolare delle città”. Amedeo Ciaccheri è da due settimane presidente dell’VIII Municipio di Roma e con Giovanni Caudo e la sua vittoria al ballottaggio per la guida del III Municipio rappresenta la “linea Maginot” del centrosinistra dopo il terremoto delle elezioni politiche e di quelle amministrative. Se anche le regioni rosse cadono, è nella Roma provata da due anni di Virginia Raggi che il Pd torna a segnare qualche punto grazie alle affermazioni di due profili che arrivano però da storie “esterne”.

    

Presidente, che succede a Roma? Perché il centrosinistra, tramortito dalle amministrative 2016, sta ricominciando a rialzare la testa?

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“Innanzitutto c’è un effetto di ritorno sui territori rispetto ad una situazione di governo della sindaca Raggi. L’aspettativa generale s’è vista tradita dall’attualità amministrativa del Movimento 5 stelle in città. Le vittorie al III e all’VIII, poi, sono frutto di un percorso iniziato con una spinta propulsiva alla costruzione della coalizione arrivato da forze civiche ‘altre’ rispetto ai partiti di centrosinistra. Tanto io che Giovanni Caudo, pur con profili e storie diverse, siamo due ‘irregolari’ dentro il quadro politico, siamo stati capaci di parlare a un pezzo di società non strutturata dentro gli schemi del centrosinistra e abbiamo vinto la sfida delle primarie proprio contro ‘la struttura’. Entrambi, però, abbiamo saputo anche di ricucire e costruire una opzione di coalizione credibile pur nella propria autonomia e irregolarità”.

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Qualcuno ha parlato di metodo Zingaretti. Si riconosce nella definizione?

“Il governatore Zingaretti sta aprendo dentro al Pd una nuova partita che ritengo necessaria e che sicuramente ha influito molto sulla sua vittoria e sulla stagione che a Roma si è aperta dopo il 4 marzo. Noi ci abbiamo messo un altro pezzo di lavoro legato alle aspettative di forze sociali radicate sul territorio che si possono ricomporre dentro una cornice politica solo se trovano la possibilità di vedersi rappresentate da candidati che non sono immediatamente espressione di partiti ma fanno parte di un quadro di credibilità di governo e radicalità di posizioni”.

   

Un modello che può funzionare anche per il centrosinistra nazionale?

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“In giro per l’Italia ci sono esperienze su scala cittadina che sono difformi rispetto al quadro politico nazionale. Penso a esperienze molto differenti fra di loro, da quella di Leoluca Orlando a Palermo a quella di Luigi De Magistris a Napoli. Ma anche quella di Padova e del rapporto fra Pd e coalizione civica. Oppure penso a quello che sta facendo Beppe Sala a Milano. Esperienze diverse che hanno avuto in comune la capacità di costruire coalizioni più larghe rispetto agli assetti nazionali. La storia della mia vittoria e quella di Caudo penso si allineino con questa specificità di laboratori culturali e politici che dopo l’incubazione nelle città adesso hanno bisogno di riconoscimento in un orizzonte nazionale e si stanno facendo promotori di una nuova piattaforma politica che metta le città al centro. Non è un caso se fuori dalle frontiere nazionali si guarda con interesse a modelli come quello di Barcellona o di Londra”.

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