Foto di Franco Folini via Flickr

Quanti tipi di ratto esistono a Roma?

Marco Sarti

Secondo alcune stime nella Capitale ci sarebbero almeno sei milioni di topi. Due per ogni abitante. Parlano Asl e disinfestatori

Il meno pericoloso si chiama mus musculus. E’ lungo una ventina di centimetri, dal muso alla punta della coda. Nell’accezione comune è noto come topo domestico: è uno dei più piccoli. Tra tombini e cassonetti della spazzatura è più facile incontrare il rattus rattus, il ratto nero. Grande il doppio del precedente, spesso vive in colonie all’interno di sottotetti o scantinati. E poi c’è il rattus norvegicus, il ratto delle chiaviche. Il topo che è meglio non incontrare mai. Può raggiungere mezzo chilo di peso. Abita vicino all’acqua, sa nuotare, quasi sempre popola le nostre fognature. Lo scorso anno l’associazione Assotutela ha presentato un esposto in procura. “Abbiamo consegnato anche un video girato a Castel Sant’Angelo”, racconta il presidente Michel Emi Maritato. “A segnalare il caso erano stati alcuni dipendenti dell’Ama, che ormai avevano paura di raccogliere i rifiuti nei cassonetti infestati dai ratti”.

 

Sorci per tutte le stagioni, uniti dalla comune residenza nella capitale. Ironie a parte, il tema è serio. Secondo alcune stime nella Capitale ci sarebbero almeno sei milioni di topi. Due per ogni abitante. Altri immaginano una popolazione di almeno dieci milioni di ratti. “Circa un anno e mezzo fa c’è stato un aumento delle segnalazioni da parte dei cittadini, soprattutto nel centro storico”, racconta il dirigente medico Enrico Di Rosa, del Servizio Igiene e Sanità Pubblica della Asl Roma 1. Di solito un topo diventa adulto e può riprodursi nel giro di tre mesi. Una proliferazione strettamente legata all’abbondanza di rifiuti, la principale fonte di cibo. “Il problema esiste”, dice Di Rosa, “va affrontato. Ma non rappresenta ancora una situazione di emergenza. I casi di leptospirosi e di altre patologie che possono essere trasmesse dai topi non sono in aumento”. Per fortuna restano malattie rare, qualche decina di episodi all’anno.

   

Qualche giorno fa la denuncia della ministra della Salute Beatrice Lorenzin – che ha sollevato il caso di un bimbo morso da un topo a Villa Gordiani – ha riaperto le polemiche. Ma la scorsa estate la sindaca Virginia Raggi aveva dedicato una delle prime uscite ufficiali proprio all’annoso argomento. In visita a Tor Bella Monaca, dopo che alcuni ragazzini avevano pubblicato in Rete l’inquietante video di numerosi ratti attorno a un cassonetto. Il problema dei sorci, d’altra parte, interessa tutti. Riguarda le aree del centro storico, vicino al Tevere. Ma anche le periferie, dove aree verdi abbandonate e stabili fatiscenti diventano la casa di intere colonie di roditori.

  

Oltre all’igiene, c’è un problema di immagine. Una città piena di ratti rischia di non essere particolarmente appetibile per i turisti. Anche per questo è importante intervenire in tempo. Michele Cannone è il responsabile della Biochim’s, un’azienda che da oltre trent’anni si occupa di disinfestazioni a Roma. Molti amministratori di condominio lo chiamano per liberare dai roditori le abitazioni provate, fino allo scorso anno operava in alcune scuole dei municipi V e VII. Un esperto del settore. “E’ vero, ormai i topi si vedono anche di giorno”, spiega. “Ma il problema è sempre esistito. In città non è mai stata fatta una derattizzazione seria”.

 

Dopo le polemiche degli ultimi giorni, l’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari prova a calmare gli animi. Gli interventi contro la diffusione dei topi avvengono regolarmente, racconta, esche ratticide sono posizionate in tutta la città. “Stiamo lavorando – ha scritto su Facebook – affinché tutte le attività afferenti l’igiene urbana, quindi anche la disinfestazione e derattizzazione, siano nuovamente previste dal contratto di servizio tra Roma Capitale e Ama”. Nel frattempo si procede soprattutto su segnalazione. “Manca una vera programmazione” si lamenta Anna Vincenzoni, assessore all’Ambiente del primo municipio, uno dei più interessati dal fenomeno. Se il Campidoglio gestisce il piano di intervento, ai municipi restano alcune responsabilità: “Ma per la derattizzazione nelle scuole – continua – quest’anno abbiamo disposizione solo diciannovemila euro”.

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