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preghiera

Degli anni Venti del passato restano architetture e pitture. E dei nostri anni Venti?

Camillo Langone

Oggi l'architettura è diventata tecnologia, ovvero transeunte. E la Biennale di Venezia e istituzioni analoghe privilegiano da anni, a spese della pittura fatta di immagini, forme d’arte senza immagini. Resterà solo vuoto e desolazione? Non è detto

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Cosa resterà di questi anni Venti? A livello di immaginario, dico. All’odierno convegno sull’immaginario italiano, gli “Stati generali della cultura nazionale”, chiederò: quali immagini hanno lasciato gli altri anni Venti? Degli anni Venti del Novecento restano delle architetture e le pitture di Cagnaccio, Casorati, Sironi. Degli anni Venti dell’Ottocento restano delle architetture e le pitture di Hayez. Degli anni Venti del Settecento restano delle architetture e le pitture di Giacomo Ceruti, il Pitocchetto. Degli anni Venti del Seicento restano delle architetture e le pitture di Guido Reni e Guercino. Eccetera. Di questi anni Venti le architetture non resteranno perché l’architettura è divenuta tecnologica ossia transeunte. E le pitture? Rischiano di non restare perché Biennale di Venezia e istituzioni analoghe privilegiano da anni, a spese della pittura fatta di immagini, forme d’arte senza immagini. Come all’ultimo Padiglione Italia dove l’artista nichilista Tosatti presentava una tetra fabbrica vuota: e anziché di sperare veniva voglia di spararsi. Di questi anni Venti resterà solo vuoto e desolazione? Non è detto. Il nostro immaginario può riempirsi perché i pittori ci sono ancora, come sempre ci sono stati (i primi esponevano nelle grotte di Altamira) e sempre ci saranno. Vanno soltanto riaccesi i riflettori, o i fuochi.

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