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Preghiera

La migliore vendetta per i vini d'Abruzzo insultati da De Sica

Far ridere è difficile, far ridere senza prendersela con un debole (far ridere senza essere ignobili) è difficilissimo, e De Sica fa quello che può (non molto). Lui e i suoi sceneggiatori non sono stati capaci di denigrare il vino toscano (sono troppo conformisti) o il vino laziale (sono troppo romani)

Camillo Langone
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La miglior vendetta è vivere bene. In questo caso: la miglior vendetta è bere bene. Gli amati abruzzesi non si affliggano per l’insulto di Christian De Sica al vino abruzzese, nel film in uscita lunedì su Netflix. Io quando ho visto il promo ho avuto pena per lui. Far ridere è difficile, far ridere senza prendersela con un debole (far ridere senza essere ignobili) è difficilissimo, e De Sica fa quello che può (non molto). Lui e i suoi sceneggiatori non sono stati capaci di denigrare il vino toscano (sono troppo conformisti) o il vino laziale (sono troppo romani), o vini di altre regioni grosse o rinomate, dunque se la sono presa con una regione poco popolosa, poco conosciuta e mite. I soliti italiani ridanciani, forti con i deboli, deboli con i forti. Tuttavia l’Abruzzo, debole politicamente, enologicamente è fortissimo. E io per vendicarmi del cattivo cristiano di nome Christian (cattivo confesso: “Si ride col demonio, non si ride con San Francesco”) ho recuperato in cantina un Cerasuolo d’Abruzzo Valentini 2016, rosa di sei anni, vitigno autoctono, lievito indigeno, e l’ho stappato, e l’ho versato, ne ho ammirato il color rame luminoso, ne ho apprezzato la componente minerale e quella artigianale, mi sono goduto la sua eleganza, la sua persistenza, e l’ho finito. Per De Sica nemmeno un goccio.

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