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Sul Carso goriziano, dove finivano i soldati aizzati dagli intellettuali guerraioli

Camillo Langone

Fra le pietre annerite della trincea terribile, sullo sfondo degli alberi spettrali, sotto un cielo di nuvole spazzate dal vento. Nel 1915 sembrava bastasse avere una laurea o un libro di D’Annunzio sul comodino per non capire più nulla

Renitente alla leva bellicista, salgo sul Carso goriziano e mi imbatto, dopo una curva, nella Trincea delle Frasche dove nel 1915 venne colpito a morte Filippo Corridoni, “fervente interventista di sinistra e amico del futuro capo del fascismo ed ex socialista Benito Mussolini”. Insomma un fanatico amico di fanatici. Prima del Ventiquattro Maggio quasi tutti gli italiani erano contro la guerra (i cattolici, i socialisti, i giolittiani, i contadini…) mentre quasi tutti gli intellettuali, gli scervellati che scrivevano sui giornali, erano a favore. L’eccezione era Benedetto Croce, neutralista nemmeno troppo convinto. Erano guerraioli anche quasi tutti i poeti, brutta razza di narcisisti. Sembrava bastasse avere una laurea o un libro di D’Annunzio sul comodino per non capire più nulla e ritenere urgente urgentissimo uccidere e morire per Trento e Trieste. Il massimo oppositore non era uno scrittore, non come primo mestiere almeno, era un Papa, quel Benedetto XV che parlò inascoltato di “inutile strage”. Ecco, aggirandomi fra le pietre annerite della trincea terribile, sullo sfondo degli alberi spettrali del Carso, sotto un cielo di nuvole a fiocchi spazzate dal vento, capisco che io non ci tengo proprio a essere intellettuale: ci tengo soltanto a essere cattolico. Inascoltato? E pazienza. Agnello di Dio, dona a noi la pace.

  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).