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Lo champagne mette nei guai

Oltre le feste di Alberto Genovese, ci sono quadri, canzoni e libri che accostano al vino francese esperienze finite male. Coincidenze?

Mi dicano, gli adoratori dello chardonnay addizionato che sa di funghi, vulgo champagne, se è un caso che il festoso Alberto Genovese nelle foto che stanno circolando esibisca bottiglie per l’appunto di champagne, e non di lambrusco. E se è un caso che in “Dopo l’orgia”, capolavoro di Cagnaccio di San Pietro, sul pavimento, ormai vuote, risaltino due bottiglie di champagne, e non di bardolino. E se è un caso che in “Cocaina” di Pitigrilli il protagonista versi sul corpo di una donna sdraiata dello champagne, e non della bonarda. E se è un caso che in “Hotel California” gli Eagles, utilizzanti una sala di registrazione dove la band successiva dovette sgombrare il mixer da un chilo di polvere bianca, cantino “pink champagne on ice”, e non “fresh cerasuolo”. E se è un caso che in “Kitchen confidential” Anthony Bourdain, buonanima, alle piste di coca accosti uno champagne, e non un trebbiano. Mi spieghino tutte queste coincidenze, questo strano fenomeno, questo costante abbinamento, gli adoratori dello chardonnay addizionato che sa di funghi.

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