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Per le strade di Roma leggendo Ceronetti

Camillo Langone
All’inizio lo leggevo per bisogno di condivisione. Poi per abbeverarmi a una fonte di stile. Quindi per dovere di confutazione. Oggi leggo “Per le strade della Vergine”.
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All’inizio leggevo Ceronetti per bisogno di condivisione. Poi per abbeverarmi a una fonte di stile. Quindi per dovere di confutazione. Oggi leggo “Per le strade della Vergine” per vedere fino a che punto, beninteso se protetti dall’anagrafe, da Adelphi e da una scrittura incomprensibile ai più, ancora ci si possa spingere. “Zingari tutti falsi, uomini, donne, bambini”. “Tutta la stazione Termini è occupata da queste bande, e anche gli autobus che partono o transitano di là. Rapacità pura, gli è negato il capire…”. “Roma invasa dalle malefiche zingare slave coi loro grappoli di ladruncoli partoriti o rapiti. Sono dappertutto come una nube di insetti bramosi di piantarti il loro pungiglione avvelenato”. E questo per gli zingari. Ce n’è quasi altrettanto per i romani, per gli uomini che praticano la corsa, per le femministe, per le donne che prendono il sole mezze nude, per i tifosi, per gli immigrati tutti (“L’umanità che incontro nelle stazioni mi fa orrore. Puttane a mucchi di tutte le Afriche si spostano come navette, magrebini con facce guaste e inespressive”) e infine, com’è giusto, per il popolo sovrano: “Si dice il responso delle urne. Come se un popolo di cretini potesse fornire oracoli”.
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