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Verso le europee

Dal nordest agli Stati Uniti d’Europa. Parla il britannico Graham Watson

Marianna Rizzini

"Sono contento di essere stato scelto come capolista nel nordest, spiace che Carlo Calenda abbia ceduto al narcisismo delle piccole differenze", dice l'ex presidente dell'Alde

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Dalla Gran Bretagna della Brexit (di cui è stato tra i principali oppositori) al Parlamento europeo (in cui è stato presidente dell’Alde) alla ricandidatura nella circoscrizione nordest alla testa di Stati Uniti d’Europa, lista di scopo voluta da +Europa, Italia Viva, LibDem Europei, Radicali Italiani, Partito Socialista Italiano e Italia C’è: Graham Watson, ex europarlamentare britannico con cittadinanza italiana (grazie alla moglie fiorentina conosciuta nel 1982 a un raduno internazionale di giovani liberali da lui organizzato in Scozia), esponente dei Liberaldemocratici, si è tuffato in quella che considera una sfida, una scommessa, un modo per puntare lo sguardo oltre le polemiche sui tormenti del terzo polo che fu (“spiace non ci sia Carlo Calenda, spiace che abbia ceduto al narcisismo delle piccole differenze”, dice Watson). Soprattutto, la lista, per Watson, è una necessità in un’Europa minacciata dai sovranismi (la Brexit è un monito), in cui c’è bisogno di una sovrastruttura capace, se necessario, di allontanare i pericoli che si addensano sullo scenario internazionale. “Sono contento di essere stato scelto come capolista nel nordest”, dice Watson, “una zona in cui la Lega ha le sue radici e in cui il richiamo nazionalista ancora seduce molti. E sono contento che Emma Bonino, Matteo Renzi e i miei amici di Libdem, abbiano creato la lista: è quello che serve in questo momento, tanto più nel nordest, regione con un’industria, un’agricoltura, un’intera economia basata sugli scambi commerciali”.
 

Watson ha sentito Matteo Salvini dire che serve meno Europa. “Ma meno Europa vuole anche dire più Cina, più Russia”, dice l’ex presidente dell’Alde, “vuol dire anche meno investimenti, meno commercio, meno posti di lavoro. Una posizione a mio avviso ridicola. Salvini e Fratelli d’Italia sono caduti nella stessa trappola in cui si è caduti in Gran Bretagna ai tempi della Brexit. Bisogna sapere che ci sono forze politiche finanziate in parte dalla Russia che tentano di spaccare l’Europa e che vorrebbero tornare a un‘Europa nazionalista in conflitto permanente. Io ho il grande piacere di essere britannico e anche italiano, e sono determinato a fare campagna in Italia per prevenire disastri simili a quelli che ha dovuto vivere la Gran Bretagna, dove i cittadini sono ora più limitati negli spostamenti e nelle possibilità di lavoro, dove l’economia soffre di una perdita del 5 per cento del Pil all’anno, dove la sterlina ha perso un dieci per cento del suo valore sull’euro rispetto agli anni precedenti al trauma dell’uscita dalla Ue. Risultato: il governo deve aumentare tasse perché la Gran Bretagna è più povera di prima. E quasi tutti, ora, riconoscono l’errore commesso, ma per recuperare ci vorranno vent’anni”.
 

Quale messaggio veicolare con la lista, con quali priorità? “Intanto”, dice Watson, “è importante far capire agli elettori quanto esigua sia la capacità di intervento del governo europeo rispetto a quella del governo federale negli Usa, anche per via delle infinitamente inferiori risorse economiche. Per questo non abbiamo una politica europea di difesa o una vera politica sociale europea. Abbiamo il Pnrr, sì, ma in Italia ho visto pochi progetti che puntino a valorizzare le tre t: talento, tecnologia, tolleranza”. Il tempo può giocare a favore della scommessa insita nel nome della lista, dice Watson: “Esattamente vent’anni fa io e Romano Prodi decidemmo a Strasburgo di togliere le rispettive truppe da altri gruppi parlamentari e di confluire nell’Alde, poi diventato il più grande terzo polo mai esistito nel Parlamento europeo. Abbiamo fatto molto, ma non abbastanza. Forse eravamo vent’anni in anticipo. I cittadini europei non erano pronti al grande salto. Ora credo di si: c’è una nuova generazione, persone abituate a viaggiare che trovano normale cambiare paese per lavoro o per sposarsi. Ecco, vorrei mobilitare anche questi giovani che magari non votano perché non si sentono rappresentati, e chiamarli a dare battaglia contro i nazionalismi”.

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