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Il racconto

Arianna Meloni, il debutto della papessa della destra nella Tuscia: "Ma non mi candido"

Simone Canettieri

La sorella della premier a Viterbo per il primo comizio da leader, con un'organizzazione degna di un ministro: "Dentro resto una militante". Emozioni e similitudini con Giorgia

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Viterbo, dal nostro inviato. Destra a quattro ruote. Giorgio Almirante si presentava qui di notte per chiudere le campagne elettorali a bordo di una Renault Dauphine. Lei, Arianna Meloni che spesso e volentieri riceve e fa riunioni nella stanza che fu del capo dell’Msi in via della Scrofa, arriva a Viterbo in Cinquecento. Appuntamento alle Terme dei Papi per l’altra papessa della destra. La prima, Giorgia di due anni più giovane e di cinque centimetri più bassa, è a Potenza per un comizio. Finisce Arianna, inizia la premier. Si passano il testimone, anzi la fiamma, a 441 chilometri di distanza. 

“Non è un caso se vi sono venuta a trovare: ve lo siete meritato”, dice la sorella d’Italia, nonché compagna del ministro Francesco Lollobrigida, durante i diciotto minuti d’intervento. Nel corso del quale non azzarda. Non va a braccio, ma legge. Va bene il cognome e i geni, ma fa un lavoro diverso rispetto alla leader che tanto sembra esaltarsi sui palchi, tra faccette e affondi. 

Al contrario, la responsabile della segreteria politica di Fratelli d’Italia si fa spesso umile e piccola: “Non sono qui per fare il grande leader o il presidente del Consiglio”. Ovviamente spesso parla di “noi”, cita un paio di volte Giorgia. La voce è identica. Ammonisce le truppe dicendo che “dobbiamo essere all’altezza”. Ce l’ha con la classe dirigente che ogni tanto, e bastano i resoconti parlamentari, scuffia. “Ero emozionata perché non sono abituata a parlare in pubblico”, dirà alla fine della prima fatica, seguita da un bis in serata a Tarquinia. E’ stato un debutto.
In auto, nel tragitto da Roma a Viterbo, ha ripetuto ad alta voce il discorso. Con lei c’era il deputato Francesco Filini, filiera Fazzolari, che giura di non aver messo mani al papello meloniano scritto in stampatello. “Nemmeno Giovanbattista”. Chissà.

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Prima di andarsene dalle terme, con  i bagnanti che nuotano placidi nella piscina d’acqua sulfurea e i clienti nel centro benessere che ciabattano in vestaglia, Arianna Meloni dice che “non mi candiderò alle europee”. 

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E questa è la conferma di un’altra notizia che tutti ormai conoscono: sarà Giorgia a correre come capolista in tutte le circoscrizioni, e lo dirà a Pescara, all’assemblea programmatica del partito prevista a fine mese. In quella occasione Arianna non dovrebbe intervenire. Ad ascoltarla ci sono circa 300 persone più una discreta pattuglia di stampa nazionale. E’ il colpaccio di Mauro Rotelli, deputato della generazione Atreju. Dice: “Conobbi Arianna al campeggio di Cefalù di Fare Fronte nel 1996, costola universitaria della neonata An”.  Rotelli è il reuccio della destra locale, nonché lo speaker di tutte le manifestazioni di partito, fino a poco tempo fa anche responsabile della comunicazione. Intimo della real famiglia. Qui il partito della nazione ha medie da Melonigrad (40,1 per cento alle ultime politiche, 41 alle ultime regionali). Manca il comune di Viterbo dove la sindaca (la civica Chiara Frontini) è finita nei guai per colpa di un marito troppo ingombrante che rischia di penalizzarla (chi vi ricorda?).  La Procura ha chiesto per la sindaca il rito abbreviato per minacce a corpo politico. Stesso capo di imputazione per il marito, Fabio Cavini, che avrebbe minacciato un consigliere comunale non sapendo di essere registrato. La coppia si è rotta, per il gossip locale. Per l’occasione Fratelli d’Italia ha già presentato una mozione di sfiducia (andata male) per Frontini ed è pronta al bis. Patrioti garantisti a Roma con la ministra Santanchè e forcaioli a ottanta chilometri di distanza? La bellezza della provincia. In attesa che arrivi Arianna Meloni la razza padrona locale parla di questo: di come conquistare Viterbo per inserire così l’ultimo tassello mancante, il più prezioso, a un dominio incontrastato sul territorio. “Arianna è cintura nera d’ascolto: per me c’è sempre”, dice il vispo Daniele Sabatini, capogruppo di FdI alla Regione Lazio. Un piccolo indizio di quanto, al di là della modestia, la protagonista di questa giornata particolare sia potente, ascoltata, onnipresente in tutte le partite che contano. Dalla sanità alle candidature europee, passando per le nomine e poi le faccende interne. “Se siamo bravi cambiamo l’Italia”, dice ancora la Sorella. E sembra crederci. Come quando, specialità della casa, lancia l’unico affondo di politica interna. Ce l’ha con Giuseppe Conte e con il debito di 200 miliardi che ha lasciato “alle future generazioni”. Le altre intemerate sono nei confronti della Cina. Camicia di seta blu, pantaloni, occhiali papalini per leggere durante l’attesa discorso, risata nervosa per stemperare tutti gli occhi addosso che la circondano. Qui è l’ostensione del sacro cognome per i simpatizzanti. Per i militanti della prima ora c’è un’amica che è sempre stata in disparte. Al di là delle  dichiarazioni si capisce che l’ospite non è proprio l’ultimo arrivato. Basta dare un’occhiata alla sicurezza privata che gestisce l’evento. Passaggi blindati, pettorali guizzanti ligi al dovere: “Qui non si passa”. In mattinata nella città dei militari si era presentato anche il ministro della Difesa Guido Crosetto. Ma non c’erano questa stampa e queste misure di sicurezza. Il brand tira. Come spiegano due anziani elettori dell’Msi che si sono fatti tutta la filiera fino a qui. “Giorgia o Arianna? Difficile scegliere. Che brutta domanda”.
 

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