(foto Ansa)

Il caso

Meloni e l'intelligenza artificiale: osservatori, fondazioni, bollini, startup e panpenalismo

Simone Canettieri

L'ultima bozza del disegno di legge sulla sfida del momento. Così si muove la premier fra grandi timori e la ricerca di opportunità

La ritiene “la più grande rivoluzione di questo tempo”, anche se ammette di essere “preoccupata dall’impatto devastante che potrebbe avere sul mondo del lavoro”.

Giorgia Meloni e l’intelligenza artificiale. Una sfida globale che la premier metterà al centro del prossimo G7 in Puglia a giugno. E’ la macchina che si fa uomo. Senza on e off. Un intellettuale di destra non certo pettinato come Pietrangelo Buttafuoco ha scritto su Libero che l’Ia “non ha regole né teme Dio”. Per quest’ultima fattispecie Meloni ha scelto, dopo Giuliano Amato, padre Paolo Benanti  dell’Università Pontificia a capo della commissione per l’Informazione. Per la seconda faccenda, concreta come appunto quella delle regole, ha pronto un disegno di legge. L’ultima bozza che gira contiene 25 articoli, divisi in cinque capitoli: finalità e principi, disposizioni di settore, strategia, tutela dei diritti dei consumatori e l’immancabile panpenalismo: inasprimento delle pene vista la cronaca tambureggiante. E’ il primo approccio normativo dell’Italia. La nostra macchina con discrezione si è affacciata alla sfida mettendo sul piatto 150 milioni di euro (e si parla di 1 miliardo), due agenzie  per monitorare il fenomeno e una fondazione. Non mancano i tavoli nelle pubbliche amministrazioni. Diceva Rainer Rilke: “Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima che accada”.

 
Tra opportunità e rischi, sociali ed economici, filosoficamente il ddl promuove e spera “in una dimensione antropocentrica dell’intelligenza artificiale”. Per il supporto alle finalità di cura, e in particolare per l’assistenza territoriale, è istituita una piattaforma di intelligenza artificiale che sarà gestita dall’Agenas. Nasce inoltre a cavallo fra il ministero del Lavoro e quello delle Politiche sociali un osservatorio. Per le attività intellettuali il disegno di legge dice che l’uso della Ia “è consentito esclusivamente per esercitare attività strumentali e di supporto all'attività professionale richiesta e con prevalenza del lavoro intellettuale oggetto della prestazione d’opera”. Con molta cautela, e tanti incisi, il governo apre anche all’uso di questa tecnologia della Pa, nel fisco e dell’amministrazione giudiziaria. Nei piani di Palazzo Chigi vigileranno due autorità alle strette dipendenze di Meloni: Italia digitale e Cybersicurezza. Il comitato di coordinamento sarà nella mani della presidenza del Consiglio. Con un lavorio da falegnami della burocrazia nasce, dopo i tavoli, anche la “Fondazione per la ricerca industriale per il trasferimento tecnologico, la sperimentazione, lo sviluppo e l’adozione di sistemi di intelligenza artificiale”. Ne fanno parte, oltre a Palazzo Chigi, i ministeri dell’Economia, dell’Università più finanziatori pubblici e privati. Per le startup ci penserà Cdp venture capital con 150 milioni di euro. Tuttavia è un prisma dalle mille sfaccettature. E non si sa dove iniziare. Alle piattaforme video e audio si impone, per informare gli utenti, un bollino. “Un elemento o segno identificativo, anche in filigrana purché facilmente visibile, con l’acronimo IA”. Non mancano nuove disposizioni penali. Aggravanti per diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato, sostituzione di persona più diversi reati finanziari. Infine per i minori sotto ai 14 anni servirà il consenso obbligatorio dei genitori per accedere all’Ia e per quelli fino a 18 ci saranno attenzioni in più. Questa è la teoria da sottoporre al Parlamento, mentre la pratica è già in atto. Aveva ragione Rilke.
    

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.